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Leggere o non leggere, è questo il dilemma

di Walter Marzilli
dossier "Ready to read", Choraliter 64, maggio 2021

Non è più tempo di nascondersi dietro a un dito: il problema di molti cori amatoriali italiani è quello di non saper leggere la musica. E non è nemmeno più il tempo di ascoltare la solita frase “ma noi abbiamo sempre imparato i brani a orecchio”, perché questo porta con sé tante conseguenze negative. 

Vogliamo vederle, una a una, per poi giudicare se sia il caso di fare qualcosa oppure no.
  1. Un coro che non legge avrà per forza di cose un repertorio limitato nella quantità. Esso non potrà essere molto ampio né esteso, a meno che il coro canti da tantissimi anni sempre con gli stessi cantori, cosa di fatto quasi impossibile. Per imparare un brano a orecchio ci vuole tanto, troppo tempo, che viene sottratto ad altre importanti attività del coro come la qualificazione timbrica e vocale delle sezioni e del singolo cantore, la sperimentazione con formazioni ridotte, la ricerca e l’affinamento dei solisti, l’approfondimento stilistico delle varie epoche corali ecc. La ristrettezza del repertorio ingenera prima assuefazione, poi disinteresse, infine noia, sia nei cantori che nel pubblico più assiduo.
  2. Non è migliore la situazione sotto l’aspetto della qualità del repertorio. Si avverte facilmente quando un coro canta un brano al di sopra delle sue capacità di lettura. Ci prova ma annaspa, fa dei tentativi ma mostra insicurezza, si sforza ma non affascina, addirittura delude. Le dissonanze sono faticose, i ritmi complicati rimangono irrisolti, i salti melodici difficili sono approssimativi, le armonie moderne non funzionano… 
  3. Nella musica contemporanea sono molto frequenti le divisioni delle voci. Questo determina un indebolimento notevole delle sezioni, che quando sono formate da numerosi cantori in qualche modo riescono a stare in piedi aiutandosi l’uno con l’altro, mentre con le divisioni in primi e secondi questo è impedito. Il risultato, dopo un po’ di tempo, è che il coro abbandona il brano e si rifugia in un repertorio più semplice, ma anche meno appagante. Ed è qui che comincia il declino.
  4. Per queste ragioni a volte viene a mancare il salto di qualità che il coro otterrebbe attraverso la qualificazione del repertorio, che invece stagna al di sotto di un livello di abilità accreditante. 
    • Per la stessa ragione la musica moderna e contemporanea, per le delusioni che può creare, non di rado è guardata con sospetto dai cantori… 
    • …e questo alimenta un circolo vizioso che vede il coro arrotolarsi su se stesso, al sicuro nel proprio repertorio innocuo, innescando il declino di cui parlavamo poco fa.
  5. Per preparare un brano è necessario, dicevamo, molto tempo, e quando il coro finalmente arriva a portarlo in concerto ne è già stufo, a causa delle troppe ripetizioni per impararlo. Così il repertorio non sarà mai nuovo per i coristi, ma invecchierà da solo durante le prove. Inevitabile che subentri la stanchezza, e che l’entusiasmo di imparare un pezzo nuovo si trasformi presto in abitudine, se non addirittura in noia.
  6. E così i tempi di preparazione di un concerto, magari su un progetto nuovo a tema, si allungano talmente tanto che il coro non mostra più quasi nessun interesse reale nei confronti del progetto stesso. E anche il direttore, purtroppo, perde credibilità e assenso.
  7. A patire di più per questa situazione è sicuramente la musica moderna e contemporanea. Le sue eventuali maggiori difficoltà tecniche rispetto a quella antica impediscono a un coro non particolarmente attrezzato sotto il profilo della lettura di raggiungere risultati soddisfacenti. D’altra parte le cose non vanno meglio sul fronte della musica antica, dato che per darne una lettura consapevole ci vuole una grande esperienza e conoscenza della prassi dell’epoca. Bisogna intendersi di tactus, bisogna saper fare un ochetus, occorre essere ben avvezzi alle sincopi per rendere bene tutti gli intrecci ritmici di cui sono ricchi i brani di musica antica, è necessario saper usare al meglio il secondo registro vocale senza impiegare il passaggio per arrivare al terzo, bisogna saper fare un ritmo di emiolia, ecc. Insomma, un coro non ben attrezzato dal punto di vista tecnico finisce per non fare bene né la musica antica né quella moderna.
  8. L’unico vantaggio è che una volta imparato un brano a orecchio difficilmente il cantore lo dimentica. Ma ci vogliono tantissime ripetizioni prima che sia davvero assimilato. Altrimenti, quando lo riprendi dopo un lungo periodo di tempo, lo devi ricostruire da capo! 
  9. Senza parlare delle mutazioni ritmiche e di intonazione che un brano imparato a orecchio subisce lentamente ma inesorabilmente nel tempo. Senza il controllo consapevole della partitura, dopo un po’ le terzine diventano ritmi dattilici, le quinte diminuite diventano giuste – come pure vengono semplificati e addomesticati molti intervalli scomodi –, i ritmi battenti tra le sezioni che hanno contemporaneamente le note puntate e le altre non puntate si uniformano tutte in note puntate. Sono situazioni sempre difficili da rimettere a posto, oltretutto nell’incredulità di qualche cantore che dice di avere sempre cantato così…
  10. E poi guai a cambiare una alterazione dopo che il brano è stato imparato per imitazione! Un si bemolle imparato così, se dovesse essere modificato in si naturale a motivo della musica ficta, conserverà un carattere calante, nel ricordo della “vecchia” nota abituale.
  11. Anche fare un vocalizzo senza saperlo leggere obbliga all’uso di vocalizzi elementari e ripetitivi, che facilmente portano ad assuefazione e disinteresse nel farli, diminuendone di molto l’efficacia.

Se invece un coro sa leggere – almeno un po’ – tutti questi problemi si trasformano in vantaggi! Il repertorio si allarga e diventa un importante elemento qualificante per il coro. Si trova tutto il tempo per lavorare sulle voci dei cantori, anche singolarmente, migliorandone il timbro, la proiezione e l’appoggio. Ci si può addentrare nei meandri della prassi esecutiva delle diverse epoche della musica corale, anche con nutrienti sedute di ascolto guidato. Insomma, c’è tempo per fare tutto ciò di cui abbiamo dovuto privare il coro per la necessità di utilizzare tanto, troppo tempo per insegnare le parti, di cui parlavamo nel punto 1. Dovremmo quindi decidere se tentare di cambiare questa spiacevole situazione invalidante oppure no. In caso affermativo, questo dossier potrebbe dare una spinta importante verso il raggiungimento di una situazione migliore. La scuola, purtroppo, non ci è di aiuto, non occupandosi della formazione musicale dei bambini. E non lo ha fatto nemmeno in passato con noi che adesso siamo adulti, salvo metterci tra le mani quei flauti stonati che hanno creato in noi una immagine disturbata dell’intonazione dei suoni, o quanto meno ci hanno allontanato dalla bellezza della musica… In altri Paesi è diverso: i loro cori sono più preparati dei nostri sotto l’aspetto della lettura. Noi dobbiamo recuperare il tempo perduto. Coraggio!

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