Quando accogliamo gli allievi in un’attività che possiamo identificare come attività di educazione musicale, di qualsiasi natura essa sia, dal coro all’orchestra, dalla classe di educazione musicale a una lezione di strumento, abbiamo la possibilità di accompagnarli in un percorso all’interno del quale prendono contemporaneamente vita processi di produzione di senso nei confronti della musica e dell’esperienza musicale e processi di apprendimento. Guidare gli allievi in un percorso di apprendimento musicale significa, dunque, creare occasioni per mezzo delle quali essi possano entrare in contatto con oggetti rappresentativi di ciò che chiamiamo musica, portare loro senso e orientarsi all’interno delle regole che tengono insieme le reti di relazioni fra i suoni che li compongono per mezzo di esperienze sensoriali, di conoscenza e di relazione con chi, momento per momento, assume il ruolo di modello musicale. Un brano, per esempio, è un oggetto che presenta agli allievi un insieme molto grande di informazioni: alcune di queste sono di natura sintattica e riguardano il “cosa” compone l’oggetto musicale; altre sono di natura espressiva e riguardano il “come” esso è eseguito; altre informazioni ancora sono legate alla produzione di senso e parlano dei “perché”, di natura contemporaneamente soggettiva e collettiva, dell’esistenza e del desiderio di ascolto o esecuzione dell’oggetto in questione. La Music Learning Theory di Edwin E. Gordon, corpus di studi sull’apprendimento musicale, descrive in modo molto dettagliato i processi d’apprendimento che riguardano il “cosa”, ossia la sintassi musicale, senza trascurare le sfere del “come” e del “perché”. Nelle osservazioni di Gordon, i processi e le competenze che riguardano la capacità di mettere a fuoco il “cosa” della musica, orientarvisi, sentirlo interiormente e comprenderlo per potersi esprimere musicalmente, sono molti, di diversa natura, interdipendenti e gerarchicamente organizzati e sono compresi all’interno del macro-concetto che egli chiama audiation.
Promuovere lo sviluppo dell’audiation è, quindi, uno dei principali obiettivi di chiunque guidi un gruppo di allievi in un’attività di educazione musicale: acquisire competenze di audiation permette all’allievo di dare significato a ciò che ascolta, di farlo proprio mettendolo a fuoco ed eseguendolo con accuratezza tonale e ritmica, di conoscere ed evocare gli elementi sintattici con i quali ciò che sente o esegue sta in relazione, di variarlo o variarli, di portarlo a uno strumento e di scoprire in che modo può essere rappresentato simbolicamente nella scrittura.
Esistono processi e competenze di audiation di natura discriminatoria e di natura inferente.
Nel momento in cui ascoltiamo e cerchiamo di mettere a fuoco gli elementi di un brano per impararlo, i due tipi di apprendimento sono in dialogo: i processi discriminatori ci permettono di trattenere dentro di noi le informazioni e le impressioni che riguardano le relazioni sintattiche ritmiche e tonali che esistono, orizzontalmente e verticalmente, fra i suoni del brano, dell’accompagnamento, degli elementi sintattici soggiacenti; i processi inferenti ci permettono di riconoscere uguaglianze, similitudini e differenze fra ciò che stiamo ascoltando e quanto abbiamo assimilato nella nostra vita musicale e di compiere previsioni circa le possibili direzioni che il brano, nel suo procedere, potrebbe prendere, sempre sulla base di un vocabolario musicale assimilato informalmente o, in certi casi, formalmente. Generalizzazione e improvvisazione, due termini per riassumere quanto appena descritto, sono due livelli dell’apprendimento che appartengono al tipo di apprendimento inferente. I processi in essi coinvolti, e le connesse competenze, pur essendo, tendenzialmente, una conseguenza dell’apprendimento discriminatorio, contribuiscono notevolmente a rinforzarlo e, allo stesso tempo, ne traggono nutrimento.
L’apprendimento discriminatorio si realizza quando stiamo imparando qualcosa mnemonicamente, raccogliendo e trattenendo informazioni che provengono dall’esterno; l’apprendimento inferente – deduttivo, induttivo o abduttivo – si realizza quando utilizziamo le informazioni acquisite mediante l’apprendimento discriminatorio al fine di comprendere una nuova informazione, riconoscendo, per esempio, all’interno di un brano nuovo, elementi che a noi già familiari, o per elaborare un contenuto in modo originale ricombinando elementi noti come, per esempio, nel caso dell’improvvisazione.
Vediamolo in pratica: se sto imparando a cantare «Oh che bel castello, marcondirondirondello», ricevo, al livello del “cosa”, un insieme di informazioni sintattiche musicali ritmiche e tonali (oltre che, come abbiamo già detto, espressive e di senso). Pattern ritmici che appartengono al metro binario e pattern tonali che, ascoltati insieme all’accompagnamento standard del brano, si compongono, orizzontalmente, di arpeggi e di movimenti per gradi congiunti che dialogano con le funzioni di tonica e dominante nel modo maggiore. I processi discriminatori che prendono vita in me mi guidano nell’afferrare l’identità del brano, aiutandomi a conservare nella mia audiation, fatta di mente e corpo, le informazioni che ricevo; i processi inferenti mi permettono di mettere a fuoco la sintassi tonale e ritmica, confrontandola, in modo tendenzialmente non consapevole, con le tracce lasciate nella mia audiation dal repertorio che ho già messo a fuoco, con i suoi elementi e con le sue strutture, alla ricerca di similitudini e differenze.
Questa ricerca istintiva, ove attinga da un repertorio vasto, complesso e assimilato, consolida la mia capacità di afferrare il brano e, nel momento in cui avrò bisogno di eseguirlo, collaborerà a rendere possibile un’esecuzione più accurata ed espressiva poiché, nella mia audiation, l’insieme di relazioni orizzontali e verticali fra i suoni mi sarà più chiaro anche grazie a ciò che non sto cantando e non fa parte del brano ma fa, invece, parte della sua sintassi, condivisa parzialmente o interamente anche da altri brani.
Esistono attività e strategie per favorire negli allievi quest’insieme di processi. Le attività didattiche che promuovono processi di improvvisazione sono a questo scopo particolarmente utili e motivanti e creano, contemporaneamente, le condizioni affinché prendano vita anche processi di generalizzazione.
Come fare? Occorre, in primo luogo, creare presupposti affinché sia possibile realizzare attività di improvvisazione sequenzialmente organizzate e, successivamente, non trascurare di realizzarle frequentemente in classe. Improvvisare significa, innanzitutto, avere la possibilità di esercitare un insieme di scelte all’interno di una struttura data. Per poter esercitare delle scelte insegnante e allievi devono disporre di un repertorio familiare di brani brevi a più voci che abbiano elementi in comune trasferibili da un brano a un altro o da una voce all’altra del brano.
Se Oh che bel castello è un brano che non prevede la presenza di altre voci, è possibile cercare brani originali o tradizionali che si muovono sulla stessa struttura armonica e ritmica (in questo caso I-I-V7-I nel metro binario) e considerarli ipotetiche nuove voci del brano in questione.
Se, invece, nel repertorio noto, esistono brani a più voci, preferibilmente in contrappunto, sarà possibile utilizzare questo tesoro per realizzare attività di improvvisazione.
Se, ancora, gli allievi stanno lavorando sull’apprendimento di brani a una sola voce e l’insegnante conosce altri brani con strutture armoniche analoghe, è possibile fare affidamento sugli elementi ritmici e sulla linea di basso, costruita sulle fondamentali delle funzioni ed esplicitata per mezzo dell’esecuzione dell’accompagnamento del brano, la quale, nella sua apparente semplicità, costituisce una nuova linea melodica di grande importanza. Questa possibilità, ovviamente, vale anche per i tre “se…” precedenti.
Quando gli allievi, in gruppo, imparano la linea melodica del brano, stanno implicitamente cantando, infatti, anche la pulsazione e la divisione del brano; l’insegnante può mostrare al gruppo la possibilità di trasformare questi ultimi due elementi in una linea vocale che diventi una voce ritmica del brano stesso. Dividendo il gruppo degli allievi in due sottogruppi e chiedendo a uno di questi di cantare la melodia e all’altro di cantare la pulsazione o la divisione, si crea, quindi, un’esecuzione a due voci. Se, durante tale esecuzione, l’insegnante si fa modello della capacità di cantare per una metà del brano la melodia e per l’altra metà del brano la pulsazione, sta mostrando agli allievi come sia possibile, a un certo punto del brano, scegliere di cambiare strada e di saltare da una voce all’altra. È possibile fare la stessa cosa fra due o tre voci che compongono il brano, in aggiunta agli elementi ritmici o alla linea del basso: ogni linea è una strada e saper saltare da una linea all’altra, prima per imitazione, in gruppo e con l’insegnante, poi per scelta non estemporanea e, infine, estemporaneamente, è improvvisazione.
Un’improvvisazione “maestra” che consolida la percezione e la conoscenza del brano e della sua sintassi e che, allo stesso tempo, promuove la creatività assegnando agli allievi un ruolo attivo in un processo decisionale.
Esistono, ovviamente, attività sequenziali e parametri variabili nelle azioni educative che rendono possibile l’acquisizione graduale di questo insieme di competenze: in primo luogo, l’insegnante deve fungere sempre da modello, mostrando al gruppo degli allievi come sia possibile cambiare strada da una voce all’altra, evidenziando la sua capacità di sentire in audiation le varie voci, melodiche o ritmiche, del brano; nel far ciò, è fondamentale che egli si accompagni con uno strumento che fornisca agli allievi informazioni chiare sul contesto armonico e ritmico del brano. È parimenti importante che l’insegnante dichiari al gruppo, prima ancora di coinvolgerlo nella proposta, di essere in grado di sentire silenziosamente nella sua audiation quanto si appresta a mostrare, in presenza dell’accompagnamento e, successivamente, evocando anche l’accompagnamento in audiation. In secondo luogo, l’insegnante propone al gruppo, prima che ai singoli allievi, di realizzare l’attività mostrata e la svolge insieme al gruppo stesso. Per facilitare la comprensione della coesistenza delle due (inizialmente) strade e di come sia possibile saltare da una all’altra, l’insegnante può dividere il gruppo in due sottogruppi e, durante l’esecuzione del brano, silenziare con un gesto uno dei due sottogruppi chiedendo ai suoi componenti di continuare a cantare in audiation permettendo, così, che resti udibile soltanto una voce.
Se gli allievi sono guidati all’acquisizione di competenze formali per mezzo di strumenti e attività opportune, linee armoniche e nuovi pattern ritmici entrano a far parte di ciò che compone ulteriori nuove strade, ampliando il repertorio di possibili scelte tonali e ritmiche nella costruzione di percorsi all’interno di un brano.
Il gruppo assume, come intuibile dai paragrafi precedenti, un ruolo fondamentale: nel nostro sistema musicale europeo occidentale la musica è polifonica per sua stessa natura; la conoscenza di un oggetto musicale è legata, quindi, all’interiorizzazione e alla capacità di tenere insieme una rete di relazioni orizzontali e verticali fra i suoni. In gruppo è possibile vivere esperienzialmente nell’ascolto, in audiation, nel canto o nell’esecuzione strumentale, la dimensione polifonica e giocare al gioco delle scelte – il gioco dell’improvvisazione “maestra” – in una continua alternanza di presenza udibile o evocata in audiation delle possibili strade che attraversano e creano un oggetto musicale regalando, ad ogni membro del gruppo, la capacità di sentirle, conoscerle, esercitarle. Educare alla musica con l’improvvisazione genera consapevolezza, rende gli allievi attori ancor più protagonisti di un percorso esecutivo e creativo e promuove processi di evocazione dell’alterità, importantissimi per l’apprendimento musicale.