Nella scuola de I Piccoli Musici il percorso musicale ha inizio a quattro anni con la propedeutica. Attraverso una modalità prevalentemente giocosa i bambini giungono, al secondo anno, a intonare le prime canzoncine con mi-sol-la in maniera consapevole. Quando l’anno successivo ha inizio il percorso di lettura musicale, propongo accanto a esso una mezz’ora di coro che nel secondo anno di lettura diventa intera: già a sette anni è richiesto che il bambino sia presente a scuola due giorni a settimana, per girostrumenti e per coro.
In questa fase di avvicinamento progressivo alla pratica corale ho usato i libri di Nicola Conci, specialmente Musica dolce, Canto le note e i libri per la scuola dell’infanzia, finché l’esperienza mi ha concesso di scriverne uno io, dove affianco lo strumentario Orff all’apprendimento di melodie per imitazione. La lettura del pentagramma invece ha inizio al termine della propedeutica, dove la metodologia diventa sempre più specifica; è estremamente importante che in questa fascia d’età ogni cosa venga presentata al bambino nel miglior modo possibile, sia per la qualità dell’apprendimento che per la concorrenza esistente tra le proposte sportive e artistiche delle altre associazioni, all’interno della quale la passione per l’attività corale va certo stimolata.
Così già dai sette anni comincio a introdurre brani a due voci tratti dal repertorio di Giro Giro Canto e da quello di compositori come Mauro Zuccante o Mario Lanaro e questo repertorio caratterizza solitamente il percorso fino ai dieci anni. In questa fase e nella successiva, la struttura della scuola conferisce a quello che veniva chiamato solfeggio una decisiva importanza: il percorso corale strumentale di ogni allievo non può essere scisso dalle ore dedicate all’apprendimento del linguaggio musicale, che affrontiamo accompagnati dai volumi di Mario Fulgoni. Stimoliamo infatti ogni allievo a sostenere alla fine della prima superiore la Certificazione di Teoria e Solfeggio in conservatorio, nonostante lo scopo della scuola rimanga la crescita sotto vari punti di vista dell’allievo e non solo dal punto di vista musicale. La scuola ha infatti determinate regole e un suo programma ma non trascura la singolarità dell’allievo avendo la flessibilità per seguirlo in tutte le sue esigenze.
Certo, il discorso cambia una volta che un ragazzino entra nella formazione da concerto: qui tutti sono tenuti a rispettare l’impegno richiesto, nel caso contrario proseguono nel coro preparatorio. Agli inizi mi è capitato di rischiare in concerto non facendo cantare – con dispiacere – chi era mancato a delle prove, insegnando in questo modo la correttezza nei confronti del gruppo. Io lavoro fin da quando sono piccoli sulla postura e sull’atteggiamento che deve contraddistinguere I Piccoli Musici, a partire dal modo di comportarsi negli spostamenti, nel rapporto tra i coristi, fino allo stare sul palco. Devo dire che, se inizialmente sono stato io a impostare questo lavoro, con gli anni è diventato naturale grazie al metodo peer to peer, nel quale i più grandi sono attivi nel coro e danno sempre l’esempio sia dal punto di vista vocale che comportamentale. Questo è essenziale se si pensa che ci sono bambini che passando dal coro preparatorio alla formazione da concerto devono fare un salto qualitativo non da poco: essendo seguiti in questo da chi ha già anni di esperienza sono facilitati, aiutati e il lavoro verso l’obiettivo è più fluido e mantiene il marchio de I Piccoli Musici, ovvero il suono.
Nel mio lavoro con il coro ho infatti sempre cercato nel tempo brani che mi permettessero di lavorare sul suono, sull’espressività, su pronuncia e articolazione della parola. Nello scenario odierno, in cui il repertorio è spesso eccessivamente orientato allo spettacolo, non mi sono ricreduto nel considerare l’esecuzione espressiva come la vera finalità del canto; solo essa trasforma le parole in elementi carichi di significato e di bellezza e fa del canto un elemento educativo, contribuendo a creare una sensibilità e un gusto per il bello nei bambini e ragazzi che rimane per sempre. Dobbiamo però capire e sperimentare grazie a una corretta emissione il tipo di suono che vogliamo per il nostro coro: è un marchio e una situazione che, una volta acquisita, non ci deve più abbandonare. Fin dall’inizio della mia attività con il coro, impostando il lavoro a livello di educazione vocale, ho tenuto ben presente le preziose testimonianze dei secoli passati che la storia ci ha tramandato, sulle probabili tecniche vocali cui gli esecutori di allora si può presumere ricorressero per ottenere certi risultati.
Guido d’Arezzo, per esempio, affermava che la voce è perfetta se è «clara, alta, suavis» (alta non significa semplicemente acuta, ma s’intende in posizione alta, non ingolata o dura). E ancora Jacopo da Bologna scriveva che «per gridar forte non si canta bene, ma con soave e dolce melodia, si fa bel canto e ciò vuol dir maestria», mentre Conrad di Zabern poneva l’accento sull’importanza del cantare insieme, a tempo, a mezza voce, senza pronunciare male le vocali, senza trascinare la voce e sforzare le note acute. Blasio Rossetto loda le voci pure ed elastiche, uguali tanto nelle note acute che in quelle basse.
Riuscendo a mettere in pratica tutto questo, non è cosa rara che dopo un concerto più ascoltatori raccontino della loro emozione, delle lacrime agli occhi o dei brividi alla schiena.
Scegliendo il repertorio per I Piccoli Musici ho perseguito nel tempo una progressiva crescita delle difficoltà musicali. Nei primi anni di attività, iniziata nel 1986, ho prediletto canti a una voce per poter curare e ricercare, senza le difficoltà della polifonia, il giusto suono e la giusta emissione. Già gli anni Novanta, con lo studio di opere di Mendelssohn, Fauré, Britten e altri autori classici, sono stati per il coro un’occasione di crescita importante e senza precedenti. Queste pagine, così complesse per ampiezza, articolazione e originalità di linguaggio, hanno comportato per i coristi un notevole impegno, al quale hanno saputo rispondere con dedizione ed entusiasmo.
È stato un passaggio cruciale nella vita del coro, che ha fatto crescere nei ragazzi la consapevolezza dei propri mezzi vocali e che ha dato il la alla formazione che dal 2007 collabora con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai per il Concerto di Natale trasmesso su Rai 1 da Assisi oltre che per altri allestimenti come War Requiem di Britten, Sinfonia Nr. 3 di Mahler, Elias di Mendelssohn, Passione secondo Matteo di Bach. Il cachet di questi concerti consente alla scuola di continuare a vivere e continuare a essere una scuola per tutti.
Un altro importante snodo nella crescita del coro è stato dato, a partire dal Duemila, dall’incontro con il prolifico e raffinato compositore Mauro Zuccante, con il quale la collaborazione dura tuttora. Le sue composizioni sono vere gemme di scrittura corale che ci hanno permesso e tuttora ci permettono di ricercare in modo particolare la giusta pronuncia della parola, unita a una corretta emissione vocale sempre ricca di dinamiche e interpretazione.
Cantando le composizioni di Mauro Zuccante i coristi de I Piccoli Musici e il loro direttore riescono a emozionarsi e a dare emozioni, mettendo in luce quella musicalità propria e preziosa del canto in coro. Mi sento di poter affermare che per la vita di un coro sono fondamentali gli stimoli sempre nuovi per una crescita continua che gratifichi i ragazzi sia dal punto di vista artistico che umano, al fine di dare continuità al coro stesso, nonostante l’inevitabile avvicendamento dei coristi in un coro di voci bianche e le altrettanto inevitabili differenze generazionali. Forse l’aspetto che è più cambiato rispetto ai primi decenni della scuola è la convinzione dei genitori nel fare delle scelte per i figli e nel motivarle: oggi invece è spesso il bambino a scegliere, anche se meno consapevole della portata educativa, in questo caso, dell’educazione musicale. D’altra parte ciò che negli anni di fondazione è stato difficile far comprendere è stata l’importanza della propedeutica, poiché i genitori volevano che i figli prendessero subito in mano uno strumento. Oggi possiamo dire di esserci riusciti.
Infine significativa rimane l’amicizia che si instaura tra i coristi che condividono la stessa passione per il canto, la fatica delle lezioni, le stesse emozionanti esperienze, il tempo trascorso insieme… e l’intensa attività concertistica che da diversi anni ci viene richiesta, sta a testimoniare che le generazioni di coristi si avvicendano, ma la musicalità e il suono del coro de I Piccoli Musici rimane un marchio indelebile.