La gente non può vivere senza le sette note, forse ora è chiaro a tutti. Questa situazione ha rilanciato le possibilità della rete come mezzo per continuare a fare musica. Concerti e opere liriche d’archivio, dirette sui social, interviste trovano in internet un pubblico vasto e variegato. La scrittrice tedesca Hannah Arendt diceva che ogni crisi ci costringe a tornare alle domande, a cui non possiamo rispondere con un pregiudizio o peggio evitare di rispondere. In questo senso la musica corale italiana si è lanciata in un tentativo di risposta che non fosse solo una serie di slogan, che scemano come i fuochi d’artificio in una notte d’estate, ma un tentativo fattivo di continuare a fare coro. Iniziative molto interessanti, rilanciate anche dai media nazionali, che meritano un approfondimento. Un esempio quello del Coro giovanile Lavinium e del Coro SingUp guidati dal romano Fabrizio Vestri. «Non potendo provare – dice il maestro – ho assegnato ai ragazzi dei miei cori il compito di inviarmi dei video in cui cantassero un frammento della canzone Hallelujah di Leonard Cohen seguendo una mia traccia guida». I video giungono al direttore e si fa strada una curiosa idea. «Avevo l’esigenza di essere avvolto dal suono del coro, così ho deciso di assemblare le voci con un programma di editing». Il filmato è diventato virale in poche ore e le tante richieste di informazioni hanno spinto il direttore a lanciare in rete una serie di tutorial su come reinventare l’attività corale in tempi di quarantena e sfruttare le nuove tecnologie. Dall’Urbe ci trasferiamo a Saronno, dove il coro Hebel (formazione che unisce universitari e studenti di scuole superiori) diretto da Alessandro Cadario si è cimentato con una versione corale di When the party’s over di Billy Eilish. «Questo tipo di lavoro – dice Cadario – mantiene alta la motivazione dei coristi e si inserisce bene in un progetto di crescita musicale testimoniando come il mondo corale sia popolato e ricco di creatività».
Anche Vladimiro Vagnetti e il Libercantus Ensemble di Perugia hanno accettato la sfida di un coro virtuale, senza rinunciare al loro repertorio che spazia dalla polifonia antica a quella contemporanea. L’esecuzione di Lieto godea sedendo di Giovanni Gabrieli è stata molto apprezzata ma soprattutto, afferma Vagnetti, «è stata la possibilità di scoprire aspetti sconosciuti dei miei coristi (spesso ci sono delle vere e proprie sorprese) ma anche un aiuto a loro per migliorarsi».
Con la chiusura di scuole e università, anche i corsi di direzione di coro hanno dovuto reinventare la didattica che però non si è mai fermata. Un esempio è la classe di Direzione di Walter Marzilli presso il Pontificio Istituto di Musica Sacra di Roma. Il maestro toscano ha subito rimodulato le sue lezioni attraverso le piattaforme di web conference. «Sicuramente non è come lavorare in presenza – dice Marzilli – perché durante il nostro percorso abbiamo a disposizione tre cori laboratorio per cinque ore a settimana ed ensemble orchestrali di archi e fiati, ma l’attività può andare avanti attraverso lo scambio di filmati tra alunno e docente che poi vengono analizzati insieme, con l’approfondimento di tematiche fondamentali come quelle legate alla voce, al gesto, ai repertori. Tutti noi, compresi gli studenti, stiamo facendo il nostro meglio per raccogliere il massimo da una situazione complessa che non sappiamo bene quando possa risolversi».
Dello stesso parere Lorenzo Donati docente di Direzione di Coro e Composizione corale presso il Conservatorio F.A. Bonporti di Trento che in queste settimane, tra le tante iniziative, ha lanciato un sito internet www.coronline.it che raccoglie contributi, partiture, approfondimenti di tanti esperti del settore che gratuitamente mettono a disposizione il loro sapere. Sulla situazione in cui viviamo Donati ha le idee chiare: «La parte pratica si è indebolita ma attraverso la didattica a distanza si può lavorare sulla tecnica di base. La composizione e l’analisi invece sfruttano bene la rete e le nuove tecnologie. È un digiuno corale che ci farà assaporare meglio i suoni quando riprenderemo». È la domanda che si pongono tutti: «Quando potremo riprendere la vita di prima?» Quesito lecito a cui nessuno sa offrire una risposta.
Allora è forse giunto il tempo di mettere tutto in discussione, trovare nuove strade, ridefinire gli obiettivi. Dovranno cambiare le modalità di prove, gli organici dovranno ristrutturarsi così come le grandi (e meravigliose) manifestazioni di massa che la coralità ha donato sin ora a tutta la società. Sarebbe un peccato non utilizzare questo imprevisto per riflettere su quanto proposto sin ora, approfittare per studiare e conoscere, così da farsi trovare carichi e motivati quando si potrà tornare a cantare tutti insieme dal vivo.