É bene ripeterlo: il riverbero crea suoni calanti! La frequenza dei suoni, infatti, risulta inversamente proporzionale al tempo di riverberazione. Per chi si diverte con le formule: f=13.8/ TxLxAxLi, dove f=frequenza, 13.8 una costante, T=tempo di riverberazione, L=lunghezza d’onda, A=coefficiente di assorbimento, Li=libero cammino dell’onda. Ne consegue che all'aumentare del tempo di riverberazione diminuisce la frequenza, e si sentono dei suoni calanti rispetto a quelli realmente emessi. Inoltre occorre considerare che nel forte i suoni gravi calano ulteriormente e quelli acuti crescono. Tutto questo comporta gravi difficoltà di intonazione se si è scelto di disporre i cantori in posizioni distanti tra di loro, magari circondando il pubblico. Succede la stessa cosa anche nella semplice esecuzione di un doppio coro, quando i due semicori siano piuttosto distanziati per aumentare l’effetto di stereofonia. Al secondo coro di risposta i suoni riverberati del primo coro giungeranno calanti, e viceversa. L’intonazione ne risentirà in modo notevole e in senso negativo, accumulandosi via via verso il basso. Ci vuole esperienza e molta perizia (e magari l’uso del diapason da parte di qualche cantore) per crescere l’intonazione di quel tanto che basta per riportarla ogni volta al valore reale. Soprattutto quando le successioni degli interventi dei due semicori siano separate e distinte tra loro. Tipico esempio: il Miserere di Allegri.
Quando si eseguono brani per coro e orchestra, qualunque sia la disposizione,
bisogna sempre essere consapevoli che gli strumenti, scaldandosi durante l’esecuzione, si comportano in maniera opposta: i fiati
crescono (f=331+0.6xT/L: significa che la frequenza f è direttamente proporzionale
alla temperatura T - e anche inversamente proporzionale alla lunghezza d’onda L, ma questo non ci interessa adesso), e questo succede
anche se si allungano con il calore del fiato (il tubo cilindrico di una tromba
si allunga di 0.25 centimetri per ogni innalzamento di 10 gradi della temperatura),
mentre gli archi calano. Nel bel mezzo di questa lotta vive il coro. Come se
non bastasse, a complicare ulteriormente la situazione legata alla posizione
del coro intervengono i corni, che hanno il padiglione di uscita del suono
rivolto all'indietro, e sono posizionati nell'ultima fila dell’orchestra, proprio
davanti al coro. Il loro suono via via crescente è in grado di condizionare
seriamente l’intonazione dei cantori, e soprattutto
crea una fastidiosa discrepanza con il suono calante degli archi.
Attenzione a dove disponete il coro in caso di musiche accompagnate all'organo: il Dr. Johann Christian Doppler è sempre in agguato.
Vediamo come. Si tratta di quell'effetto per cui un
suono che si avvicina è percepito crescente rispetto al suono reale, mentre
quando si allontana è percepito calante. Tipico il caso di una ambulanza che si
muove verso di noi con suono crescente (a destra della sorgente puntiforme che
si muove verso Est nell'immagine), ma che quando si
allontana rilascia un suono di frequenza inferiore (a sinistra della sorgente
nell'immagine). Ma cosa c’entra
l’ambulanza con il coro? A parte l’inconfessabile
desiderio di tanti direttori di caricarci sopra i cantori meno dotati, c’entra eccome! Se infatti il coro è disposto sotto le canne
dell’organo si innesca un inevitabile effetto Doppler
per cui il coro sente i suoni dell’organo come se
fossero in allontanamento da sè, quindi li percepisce tutti calanti. In questi
casi il coro calerà, ma il direttore non deve imprecare contro l’inettitudine dei cantori o contro la giornata storta: deve
solo spostare il coro da quella infelice posizione. Nel caso poi in cui le canne dell’organo siano dietro il palco in una sala da concerto (parlo per esperienza diretta dell’Aula Accademica del Pontificio Istituto di Musica Sacra di Roma) allora l’organista deve usare sapientemente le unioni. In questo modo il suono potrà uscire compatto anche dal basso e investirà direttamente le spalle (e le orecchie!) dei cantori, senza che nessuno dei registri eventualmente scavalchi il coro dall'alto e il suono risulti come fosse in allontanamento. La questione è immediatamente risolta.
Apro una parentesi collegata all'effetto
Doppler. Chi ascolta il diapason avvicinando i rebbi esternamente al padiglione
auricolare crea un inevitabile mini-effetto Doppler, perché l’ultimo
suono che sentirà sarà quello del diapason in allontanamento. Quindi calante.
Non è un caso, infatti, che chi ascolta il diapason dai rebbi invece di
spingere la pallina sul trago (parte esterna davanti all'orecchio:
in questo secondo modo il suono raggiungerebbe il cervello per via ossea, e
risulterebbe molto più profondo ed efficace) spesso e costretto a ripetere il
gesto e ascoltare più volte il diapason prima di dare l’intonazione
al coro. Naturalmente questo è anche dovuto al fatto che il diapason ha
pochissimi suoni armonici, e anche molto deboli. Per questo motivo non ha timbro
né caratterizzazione sonora, e si piega facilmente di mezzo tono se lo si
ascolta dai rebbi dopo aver sentito altre tonalità precedenti.
É tutta questione di energia. Mille bassi che cantano un forte producono uno spostamento delle molecole di aria la cui energia è appena sufficiente per accendere una sola lampadina da 30W. La stessa energia, se fosse trasmessa a una dinamo, sarebbe in grado di accendere ben seimila lampadine dello stesso wattaggio (Loris Azzaroni, Canone Infinito, CLUEB, Bologna, 2001, p. 40). Questo per dire cosa? Che l’energia sonora si disperde molto facilmente nell'aria, con un rapporto che è direttamente proporzionale al quadrato della distanza dall'esecutore. Già a 21 mt di distanza il suono diventa solo 1/50 di quello iniziale (Andrea Frova, La fisica nella musica, Zanichelli, Bologna, 1999, p. 132). Cosa significa? Che la disposizione migliore fra tutte per non disperdere l’energia sonora del coro sarebbe quella di dirigerla direttamente verso il pubblico, adottando una disposizione lineare, e non a semicerchio! Certamente quest’ultima ha il vantaggio di rendere più sicuri i cantori perché si sentono meglio tra di loro. Il suono nasce già in partenza più certo e deciso, e questo supplisce alla dispersione di energia sonora dovuta alla disposizione a semicerchio. Ma almeno in un ambiente riverberato, nel quale il suono viaggia bene e torna facilmente all'orecchio dei cantori, si potrebbe adottare la disposizione in linea retta.
E la posizione in cerchio completamente chiuso sul palco? Una
soluzione di sicuro effetto scenico (cori filippini docent) ma con risultati discutibili in termini di ascolto. Metà del coro, infatti
(quella dei cantori rivolti verso il pubblico) avrà un suono diretto e in luce;
l’altra meta, di spalle al pubblico, presenterà un
suono indiretto e in ombra, che oltretutto giungerà al pubblico anche in
notevole ritardo rispetto all'altra metà. Se poi siamo
in chiesa e c’è un abside, il suono del coro di spalle
sarà proiettato ugualmente verso il pubblico – come la
voce del celebrante – ma sarà comunque un suono indiretto
e ancor più in ritardo rispetto all'altra meta dei cantori,
proporzionalmente alla distanza dalla parete concava dell’abside.
Una immagine simile a questa era inserita in un mio precedente articolo apparso
su Choraliter, intitolato I luoghi del concerto, e serve per spiegare
meglio il concetto espresso (cfr. altre immagini in F. Alton Everest, The Master Handbook of Acoustics, TAB Books, 1994, ed.
italiana: Manuale di Acustica, Hoepli, Milano, 1996, p.
184). La disposizione in cerchio può quindi funzionare, ma solo in ambienti
molto riverberanti. E magari per un pezzo soltanto...
É quella fastidiosa condizione che nasce quando un ascoltatore si avvicina di soli 30 cm verso uno dei diffusori stereo: sentirà solo il suono di quello più vicino. Oppure quando il suono di uno dei diffusori arriva con un ritardo fino a 30 millisecondi (ms), che è la stessa cosa vista da un’altra angolazione. Se l’intervallo di tempo supera tale valore si sentirà invece un secondo suono di eco, distanziato dal primo. Cosa succede allora quando il coro circonda il pubblico per eseguire un brano spazializzato? Bene che vada (cioè entro i 30 ms) le persone del pubblico sentiranno solo la sezione posizionata vicino a esse. Se va male (oltre i 30 ms), anche se il coro riuscisse a cantare in perfetta sincronia, le voci più lontane arriverebbero dopo, con un effetto di eco che distruggerebbe l’unita delle frasi musicali. Soluzione? Disporre il coro si intorno al pubblico ma in quartetti consecutivi, in modo tale che tutte e quattro le voci arrivino contemporaneamente a ogni persona del pubblico. Certamente, però, per lo stesso effetto Haas, il fronte sonoro percepito non sarà largo come tutto il cerchio corale, ma più piccolo. Sarà comunque garantita una interessante “vaporizzazione” del suono ricercata con la spazializzazione.
In un ipotetico spazio aperto senza pavimento, i decibel (dB) della pressione sonora sarebbero uguali a zero. La presenza di un pavimento garantisce un incremento pari a 3 dB. L’aggiunta di una unica parete posteriore dietro alla sorgente sonora aumenta la pressione sonora di 6 dB, mentre due pareti angolari posteriori sono in grado di produrre un aumento pari a 9 dB. Ne consegue che una conchiglia alle spalle degli esecutori sarebbe in assoluto la soluzione migliore da adottare per aumentare la pressione acustica e concentrarla sugli ascoltatori. In Italia l’ho potuta vedere solo in due circostanze: al Concorso Corale Nazionale di Vittorio Veneto, e conglobata nel palco del coro della Cappella Musicale Pontificia Sistina nella basilica di San Pietro, costruito sulla base di un mio progetto. Si tratta in questo caso di una parete di plexiglas che si innalza dall'ultima fila di sedili degli uomini, piegata ad angolo concavo nella parte superiore.
Sopra potete vedere due immagini del pulpito a conchiglia del 1703: nella prima si vede Papa Pio XII, allora nella Basilica di Sant'Ignazio di Loyola a Roma, attualmente dislocato nel Santuario del Divino Amore, e nella seconda la riflessione delle onde sonore che esso causa.
Ogni spazio architettonico possiede una sua propria frequenza di risonanza. Basterebbe eseguire lentamente una scala cromatica con la voce per accorgersi che una certa nota “si gonfia” rispetto alle altre, e subisce un incremento sonoro. Ecco, abbiamo scoperto la frequenza propria dello spazio in cui faremo il concerto (in teatro si tratta di scoprire un particolare punto di risonanza dell’ambiente, in grado di proiettare la voce meglio degli altri e più lontano. Si chiama Punto Callas per l’abitudine del famoso soprano di cercarlo durante le prove, e poi di cantare tutte le sue arie da lì, a dispetto delle scelte diverse dei registi… Ma guai a mettere in quel punto la voce peggiore del coro!). A questo punto, se fosse possibile, sarebbe bene spostare la tonalità-modalità d’impianto delle musiche fino a farla coincidere con la frequenza di risonanza dell’ambiente, nel caso in cui fosse già molto vicina. Ciò garantirebbe una pienezza, rotondità e proiezione del suono mai raggiunte con quel determinato brano. Si otterrebbero ottimi risultati anche se si riuscisse a far coincidere la frequenza di risonanza ambientale con la dominante del brano.
La forma d’onda dei suoni acuti è molto più unidirezionale di quelli gravi, che risultano essere maggiormente sferici.L’immagine seguente aiuta a capire questo fenomeno: il suono acuto dell’ottavino è molto concentrato entro un angolo ristretto, quello grave della grancassa invece è molto più sferico-circolare. L’ascoltatore posto in basso dietro l’angolo nella via può sentire solo le onde rosse della grancassa, ma non quelle blu dell’ottavino. Significa che i bassi dovrebbero stare per quanto possibile al centro del coro, per irraggiare i loro suoni fondamentali verso tutti i cantori e fornire una base certa sulla quale costruire ogni accordo (in caso di rivolti occorre fare ancora più attenzione, essendo l’accordo in una posizione meno stabile rispetto allo stato fondamentale…). Ma anche i soprani, con i loro suoni concentrati e direttivi, non dovrebbero stare nella parte esterna di un semicerchio molto chiuso. In questo caso il loro suono viaggerebbe in direzione pressoché completamente trasversale al pubblico, quindi sarebbe dotato di minore diffusione. In realtà si può anche sfruttare il suono unidirezionale degli acuti per disporre un soprano che debba eventualmente ancora migliorare la sua emissione proprio al termine del semicerchio piuttosto chiuso. Ma non ditelo a nessuno, altrimenti tutti i soprani esterni saranno additati come i meno maturi! D’altra parte si presume che tutti i soprani siano ugualmente bravi, e allora qualcuno dovrà pure occupare i posti esterni! Se disponete invece il coro in linea retta non avete scampo con i soprani meno abili, che proietteranno i loro suoni poco maturi direttamente verso il pubblico.
Attenzione alle grandi colonne delle navate delle chiese. Per lo stesso fenomeno acustico appena descritto, che va sotto il nome di diffrazione, i suoni gravi sono in grado di aggirarle e oltrepassarle, mentre quelli acuti soffrono della loro presenza e vengono fermati. Con il coro disposto in linea retta il problema non sussiste, perché il suono si espande liberamente in tutta la navata centrale, ma se fosse disposto a semicerchio bisogna fare attenzione a che alcuni soprani non cantino rivolti proprio verso le colonne. A meno che, come dicevamo poco fa…
Della cosiddetta zona del tacere ho già avuto modo di parlare dalle pagine di questa rivista in un precedente dossier. È però opportuno adesso confermare di prestare attenzione a questa particolare zona, nella quale il suono diretto ha perso energia e prevale il suono riverberato, troppo inconsistente per una registrazione microfonica o per l’ascolto di personaggi di spicco che volete che sentano bene il coro e ne rimangano colpiti. Gli giungerebbe un suono affievolito e opaco, piuttosto spento e poco fascinoso. Inoltre la disposizione a semicerchio di cui parlavamo prima diminuisce la portanza della voce e allunga la zona del tacere.
La zona in assoluto migliore dove disporre il coro nelle chiese resta la cantoria. Da lì il suono non incontra ostacoli a pavimento (pubblico, vestiario, sedie o panche), e si propaga liberamente in tutto lo spazio architettonico. Peccato che siano quasi sempre inagibili, e comunque poste in genere sul portone d’entrata, quindi in posizione contraria e inadatta all'ascolto del pubblico per un concerto.