Difficilmente potremmo immaginare un paese così ricco di cultura e arte che non abbia sviluppato un’antica tradizione corale. Così come altrove in Europa e spesso in modo ancora più eccezionale per la quantità di giganti della storia della musica coinvolti in questa evoluzione, un capitolo preziosissimo e antico della storia della coralità italiana nasce nel cuore dei più importanti monumenti sacri della penisola e, per questioni storiche, culturali e di dominazioni diverse, in particolar modo nell’attuale Italia del nord e centrale.
Quando si parla oggi di coralità italiana, il filone sacro e quello profano vengono considerati separatamente per due motivi principali: per l’attività di servizio liturgico delle cappelle musicali, che le rende per obiettivi e metodi di lavoro diverse e specifiche rispetto ai cori operanti al di fuori dei necessari “vincoli” delle celebrazioni, per il carattere fondamentalmente semiprofessionale di questi gruppi che, a differenza dei semplici cori parrocchiali (che tuttavia vengono considerati a parte rispetto agli altri per il motivo indicato), sono nati per dare lustro al potere spirituale e a quello temporale.
Le cappelle musicali sono state splendidi simboli di status, strumenti di promozione, per la qualità dei cantori e il prestigio dei maestri, vivai di talenti, scuole di musica, fucine di musica nuova con la quale celebrare, ma anche sorprendere. Si tratta chiaramente di gruppi virili, spesso integrati dalle voci bianche: l’introduzione delle voci femminili in questi ensemble è un fenomeno recentissimo, che appartiene al secolo scorso.
Il XV e XVI secolo vedono la fondazione della maggior parte delle più prestigiose cappelle musicali; sono secoli di grande fervore creativo e di grande competizione nel voler esibire l’eccezionalità artistica. I professionisti del canto sono spesso di importazione, con un ampio bacino di cantori e compositori fiamminghi, poi la tendenza cambia e le scuole dei pueri diventano i fondamentali vivai di cantori locali, istruiti nello stesso ambiente nel quale continueranno a prestare servizio.
Gli strumenti entrano in forme e soprattutto organici diversi che rispondono alle esigenze (e alle ambizioni) delle chiese di riferimento.
Molte chiese documentano la presenza di gruppi vocali precedenti ai documenti che attestano la fondazione di una vera e propria cappella stabile con maestro stipendiato. Non è un caso che la maggior parte di questi documenti appaiano nel periodo rinascimentale, quando il grande sviluppo della polifonia, prevalentemente a quattro o cinque voci, rende necessaria o perlomeno molto utile la figura di un maestro che faccia anche da tramite tra le esigenze di repertorio sempre più complesse della chiesa (o dell’autorità statale) di riferimento e i cantori. Il maestro, laico o chierico, svolge il proprio ruolo anche scrivendo “su misura” per la cappella che dirige, producendo brani che riflettono le capacità dei cantori, i gusti dell’epoca e dei committenti, anche lo spazio dove si svolge l’attività della cappella, come nel caso eclatante di Venezia, dove l’architettura diventa motivo di ispirazione per un modo particolare di intendere gli effetti sonori della polifonia. In questo le cappelle musicali non sono cambiate e i maestri continuano nella maggior parte dei casi ad avere un doppio ruolo di direttore e compositore.
Le cappelle musicali resistono al trascorrere dei secoli, ai cambiamenti nella società e negli stili, a volte adattandosi ai nuovi contesti, a volte arroccandosi nell’antica tradizione polifonica. Le cantorie vengono attraversate dalle tentazioni profane derivate dal trionfo dell’opera lirica, vengono riportate “all’ordine” e guidate verso principi di purezza del movimento ceciliano, subiscono interruzioni nell’attività durante le guerre e affrontano difficili riprese nel secolo scorso, quando sembrano sopravvivere a se stesse e alla propria lunga storia nella crisi di “vocazioni corali”, nel duro colpo dei decreti conciliari che stravolgono il modo di intendere il repertorio liturgico.
Quando uno dei nostri cori amatoriali festeggia i 50, 70, 100 anni di attività, celebra un traguardo importante e non facile da raggiungere per la natura volontaria e spontanea non soltanto dei coristi, ma della stessa struttura organizzativa. Nel caso delle cappelle musicali è possibile festeggiare i 500, 600, anche 1500 anni di attività, legata a doppio filo alla storia delle cattedrali di riferimento, edificata sulla solida pietra. Eppure anche in questo caso alcuni antiche radici si sono esaurite.
Ripercorrere le tappe fondamentali della storia di alcune delle maggiori e più antiche cappelle musicali ancora in attività è anche un modo per celebrare la meraviglia della musica italiana pensata e scritta per gruppi corali. La musica scritta per le celebrazioni della Chiesa cattolica trova ovviamente la massima esaltazione nella vicinanza (e concomitanza) alla sede pontificia. Nell’articolo precedente è stato già trattato l’argomento delle cappelle storiche romane, custodi di inestimabili eredità culturali: le antichissime San Giovanni in Laterano e Cappella Sistina, poi le cinquecentesche Cappella Giulia e Venerabile Cappella musicale di Santa Maria Maggiore (Liberiana).
Troviamo tracce dei cantori del Papa fin dai primi secoli della Chiesa e sappiamo che papa Gregorio Magno nel 597 inviò per evangelizzare l’Inghilterra, insieme ai monaci, anche alcuni cantori. Con i suoi 1500 anni di storia è oggi il più antico coro del mondo ancora in attività e ha seguito nei secoli, partecipandovi attivamente, tutte le riforme della liturgia fino ad oggi, trovando durante il Rinascimento il suo “teatro” naturale nella Cappella Sistina. Nel XV e XVI secolo furono cantori della Cappella Sistina, tra gli altri, Guillaume Dufay, Josquin Desprès, Cristóbal de Morales, Jacob Arcadelt, Giovanni Pierluigi da Palestrina, Gregorio Allegri.
La Cappella Musicale Pontificia non è solo un’eredità culturale, ma ha soprattutto un ruolo operativo durante le celebrazioni papali a San Pietro. In quanto coro personale del Santo Padre è chiamata a essere uno strumento per l’ecumenismo e il dialogo tra le confessioni cristiane. Oggi il coro, affidato a Massimo Palombella, è composto da venti professionisti selezionati in tutto il mondo. La sezione di voci bianche, i Pueri Cantores, è composta da trentacinque ragazzi tra i 9 e i 13 anni che vengono selezionati attraverso audizioni. Hanno a disposizione la Schola Puerorum, dove oltre alle normali materie scolastiche possono approfondire la passione per la musica in modo professionale. L’origine dei Pueri Cantores risale al VI secolo, quando papa Gregorio Magno costituì una scuola di fanciulli cantori che affiancassero gli adulti nelle celebrazioni papali. I ragazzi frequentano una scuola paritaria cattolica legalmente riconosciuta dallo Stato italiano, la Schola Puerorum della Cappella Sistina. La scuola è gratuita e attualmente accoglie esclusivamente i ragazzi che hanno superato le selezioni con l’obiettivo di portarli al grado di apprendimento musicale necessario per affrontare gli impegni liturgici e internazionali della Cappella Musicale Pontificia.
Nella cattedrale di Verona il servizio musicale era costituito da canonici cantori fin dal X secolo. È necessario tuttavia arrivare al XIV secolo per avere notizie di una cappella musicale le cui sorti sono legate a quelle della Biblioteca Capitolare di Verona. Alla sua guida si sono succeduti insigni maestri quali Franchino Gaffurio, Vincenzo Ruffo, Giovanni Matteo Asola, Stefano Bernardi, Ippolito Baccusi e il romano Giovanni Francesco Anerio, che segnarono un secolo d’oro nella cattedrale veronese. Agli inizi del 1600 la cappella conobbe un periodo di crisi, accentuato dalla grave epidemia di peste. Dionisio Bellante seppe però riportare in auge gli antichi splendori con un’attività che rimarrà di ottimo livello fino alla fine del ’700. Durante la prima metà dell’Ottocento la musica nella liturgia fu contaminata dall’imperante gusto teatrale con esiti spesso discutibili. Don Sante Aldrighetti avviò nel 1857 un percorso di rinnovamento che porterà alcuni decenni dopo alla riforma ceciliana. Con l’avvento di mons. Giuseppe Maggio, maestro dal 1900 al 1915, viene smantellata l’orchestra e riportato in auge l’impiego delle voci bianche per le parti di soprano, ripristinando il repertorio gregoriano e la polifonia classica a cappella. Dopo le vicende legate agli eventi bellici dei due conflitti mondiali, la cappella si giovò dell’opera meritevole di alcuni maestri attenti e ispirati, tra i quali mons. Giuseppe Turrini e don Carlo Stoppato. Nel 1990, vista la difficoltà a mantenere in pianta stabile i Pueri Cantores, i registri dei soprani e dei contralti sono stati affidati nuovamente alle voci femminili. Dal 1965 al 2017 la Cappella Musicale della Cattedrale di Verona è stata diretta da mons. Alberto Turco, noto e apprezzato gregorianista; attualmente la direzione è affidata a Giovanni Geraci, esponente di una nuova generazione di compositori italiani impegnata a produrre musica di qualità per la liturgia.
L’organico misto si compone di quaranta coristi. Nelle scelte di repertorio, la Cappella musicale della Cattedrale di Verona ha una particolare predilezione per la polifonia sacra rinascimentale e propone tutte quelle opere, anche moderne, che a essa si ispirano.
San Gregorio Magno (590-604), per conservare la prassi esecutiva dei canti della tradizione ecclesiale romana, fondò con dotazione di terre e case due scholae cantorum, una per l’Arcibasilica Lateranense, prima cappella musicale pontificia, l’altra per la basilica di San Pietro.
La schola cantorum lateranense, che ha svolto dal VI secolo a quasi tutto il medioevo un ruolo preminente nel contesto della musica liturgica, aveva avuto sede nel Palazzo Lateranense fino al soggiorno avignonese dei romani pontefici (1305-1377) ed era stata istituita in funzione delle cerimonie papali e dei riti presieduti dal pontefice. Giovanni XIX (1024-1032) chiamò al Laterano Guido d’Arezzo, esule dal convento di Pomposa per insegnare il suo metodo di solmisazione ai cantori lateranensi.
La Cappella musicale Lateranense, erede della schola cantorum di san Gregorio Magno, fu fondata nel 1543. La cappella ha assunto la denominazione di Cappella Pio Lateranense per intervento di Pio VI che la dotò di nuovi beni e le concesse il proprio nome. L’importanza dell’ambiente musicale romano ha portato anche qui artisti leggendari: Orlando di Lasso fu maestro di cappella dal 1553 al 1555, Giovanni Pierluigi da Palestrina dall’ottobre 1555 al 1560. Questa istituzione è divenuta Cappella Musicale Pontificia nel 1801 con estensione ai cantori lateranensi degli stessi privilegi dei cantori sistini. Dalla fine del ’900 è un coro misto di voci sia maschili che femminili ed è oggi composta da una trentina di cantori, diretti da mons. Marco Frisina.
Le origini della Cappella musicale della Basilica Papale di San Francesco risalgono a fra Giuliano da Spira, che nel 1230 ebbe l’incarico di scrivere un ufficio ritmico in onore di san Francesco e che, probabilmente, fu il primo maestro di canto della nuovissima basilica che nel medioevo fu un centro di notevole rilevanza per l’esecuzione e la produzione di musica sacra. Nella sua lunga storia si succedettero nomi illustri: fra’ Ruffino Bartolucci d’Assisi, che introdusse la pratica del cosiddetto coro battente o spezzato, fra’ Girolamo Deruta, autore del Transilvano, la prima e più autorevole opera teorica sull’arte della tastiera musicale (1593), padre Alessandro Borroni (1820-1896), autore della celebre Tota pulchra e padre Domenico Stella (1881-1956) il cui Cantico delle Creature è conosciuto in tutto il mondo. Tutti hanno contribuito nel corso dei secoli alla valorizzazione e alla produzione musicale interamente custodita nella Biblioteca del Sacro Convento.
L’attività prosegue ancora oggi grazie all’impegno di giovani cantanti, con un repertorio che spazia dai grandi classici a pagine inedite custodite nell’archivio musicale del Sacro Convento. Collaborazioni con orchestre nazionali ed estere, ma anche eventi televisivi e incisioni discografiche fanno parte della storia recente del gruppo che vanta un’attività vivace e diversificata. Attualmente è diretto da padre Giuseppe Magrino OFM conv.
Architettura, liturgia e Stato sono i pilastri sui quali poggia la tradizione musicale della basilica di San Marco a Venezia, dove i maestri di cappella hanno sempre scritto musica con la consapevolezza di un rituale che era una fusione di esigenze spirituali e diplomatiche, ma anche con un particolare motivo di ispirazione dato dalle peculiarità architettoniche della basilica, dalle quali derivano rapporti particolarissimi tra le masse corali.
Risalgono al XIV secolo i primi documenti relativi all’attività musicale nella basilica veneziana. I primi nomi documentati sono quelli dell’italiano Johannes de Quadris e del fiammingo Pietro de Fossis, al quale nel 1491 viene affidato l’incarico di “istruire i cantori”.
Maestro di cappella a San Marco dal 1527, il fiammingo Adrian Willaert viene abitualmente ritenuto il capostipite della cosiddetta “scuola veneziana” con esiti degni del respiro internazionale della Serenissima.
Nella seconda metà del secolo si susseguirono nelle cantorie di San Marco musicisti, teorici e organisti del calibro di Cipriano de Rore, Gioseffo Zarlino, Claudio Merulo, Giovanni e Andrea Gabrieli, quest’ultimo con un ruolo fondamentale di autentica mente innovativa della basilica. Nel 1613 Claudio Monteverdi assume la direzione della cappella, segnandone indelebilmente la storia. Gli succederanno tra gli altri Francesco Cavalli e Giovanni Legrenzi, mentre sarà suo vice Alessandro Grandi, in seguito maestro di cappella a Bergamo.
L’organico della cappella ducale negli anni finali del Seicento è formato da una cinquantina di voci e strumentisti in numero leggermente minore. Lo svecchiamento porta a un numero di componenti di gran lunga minore, mentre pian piano si cerca di garantire una maggiore regolarità all’equilibrio degli organici. Per circa duecento volte all’anno la celebrazione della liturgia è accompagnata dal solo coro polifonico, tutte le altre feste prevedono invece il canto di sacerdoti e di chierici, ma è possibile anche la presenza simultanea di entrambi. I due più celebri maestri di questo periodo sono Antonio Lotti e Baldassare Galuppi.
In seguito alla caduta della Repubblica, nel 1797 iniziò un lento decadimento. Giovanni Agostino Perotti nel 1828 propose la chiusura della Scuola di canto dei pueri e l’ingresso delle voci femminili come era d’uso in area austro-germanica, ottenendo un rifiuto. La riscoperta della polifonia e del gregoriano si sviluppò con l’arrivo, nel 1894, di Lorenzo Perosi che rifondò la schola cantorum.
Nel 2000 è nominato maestro di cappella della basilica di San Marco a Venezia Marco Gemmani, con il quale il gruppo è salito alla ribalta di progetti discografici e concertistici, anche in collaborazione con il Teatro La Fenice.
A Milano risalgono alcune tra le prime testimonianze della musica cristiana occidentale ed è l’unica diocesi al mondo a conservare un proprio rito liturgico a opera di sant’Ambrogio, colto vescovo del IV secolo che probabilmente trovò già un organismo che si occupava del canto nella cattedrale, allora suddivisa in due chiese, Santa Maria Maggiore e Santa Tecla.
Dall’antica schola cantorum nasce la cappella musicale, con la nomina nel 1402 del primo maestro di canto, il musichus Matteo da Perugia, assunto per dirigere, insegnare musica in una scuola pubblica e istruire all’arte del canto tre fanciulli destinati a far da voci bianche nel coro, compito specifico del maestro di cappella che la Fabbrica esigerà sempre nei secoli.
Nel 1425 un musicista straniero, l’avignonese Bertrand Feragut, assume la direzione della cappella che accoglie un numero sempre maggiore di cantori esteri, tra i quali il fiammingo Josquin des Près. Sarà però il lodigiano Franchino Gaffurio (1451-1522) a darle il maggiore splendore durante trentotto anni nei quali scrive musica, riorganizza la schola dei pueri, stabilisce l’esclusiva presenza di cantori italiani (più affidabili).
In seguito Vincenzo Ruffo fu uno dei più partecipi protagonisti delle tendenze riformatrici della musica liturgica, sotto la protezione di san Carlo Borromeo che si interessa anche all’aumento dei compensi e procura libri per il coro.
È il ’600 il periodo aureo della cappella, diretta per la prima volta da un milanese, l’ex puer Antonio Maria Turati, poi da Michelangelo Grancini. Nel ’700 il duomo si mantiene fedele allo stile antico della polifonia vocale, mentre nelle altre chiese milanesi impera il cosiddetto stile “concertato”. Figura principale del periodo è Gianandrea Fioroni, che ebbe per tre anni come organista il figlio di Bach, Johann Christian. Con la dominazione austriaca, l’Imperial Regio Governo riduce l’autonomia della Fabbrica, avocando a sé la scelta del maestro. Viene soppresso l’impiego dei castrati e definito l’organico in soprani, contralti, tenori e bassi, affidando le voci acute ai pueri della schola. Anche il Regno d’Italia conservò gli stessi diritti del governo austriaco.
La cappella risente ovviamente degli anni dei due conflitti mondiali, ma ottiene intanto una nuova e grande cantoria. Nel 1957 assume la direzione don Luciano Migliavacca che riporta la schola dei fanciulli a quaranta cantori, per i quali la Fabbrica edifica un’apposita e attrezzata sede, ma è anche prolifico compositore e si occupa del recupero del patrimonio musicale custodito nell’Archivio della Veneranda Fabbrica. Dal 2007 è maestro di cappella il suo ex allievo, don Claudio Burgio. Il luogo della preparazione didattica e musicale dei pueri cantores è oggi la scuola Franchino Gaffurio. Ai ragazzi viene richiesto di deve essere presenti in duomo tutte le domeniche e le festività religiose. Oltre al vivaio dei pueri sono attivi un coro giovanile e un coro virile che si esibiscono in numerosi concerti, in Italia e all’estero.
Mantiene tuttora una vocazione all’antico la Cappella musicale di San Petronio a Bologna, il cui primo nucleo risale alla schola cantorum istituita nel 1436. La struttura originaria comprendeva solamente il maestro e un gruppo di cantori; dal 1449 essi furono affiancati da un organista, mentre la presenza di altri strumentisti nell’organico stabile è registrata a partire dal 1560.
Fra Cinque e Seicento, l’attività fiorì grazie al magistero di personalità illustri quali Giovanni Spataro, Andrea Rota e Girolamo Giacobbi. Con la riforma operata da Maurizio Cazzati, volta a favorire la pratica della moderna musica concertata, ebbe inizio il secolo d’oro della cappella di San Petronio: essa divenne celebre in Europa per la magnificenza delle sue esecuzioni, che coinvolgevano fino a centocinquanta elementi fra solisti vocali, coristi e strumentisti, la dottrina dei maestri che si avvicendarono alla sua guida (Giovanni Paolo Colonna nel 1674 e Giacomo Antonio Perti nel 1696), la qualità dei suoi musicisti, fra le fila dei quali suonarono Vitali, Gabrielli, Bononcini, Corelli, Torelli, Jacchini.
La vicenda contemporanea della cappella musicale di San Petronio ha inizio negli anni ’80 del ’900. Dopo mezzo secolo di silenzio, essa è stata rifondata con due finalità istituzionali: promuovere il decoro della liturgia attraverso il canto e la musica sacra e valorizzare il patrimonio musicale conservato nel ricchissimo archivio della basilica.
Con l’intento di perseguire al meglio questo secondo obiettivo, la cappella si è dotata di un’orchestra con strumenti originali e ha instaurato una solida collaborazione con i più accreditati interpreti di musica antica: in tal modo, negli ultimi trentacinque anni, centinaia di partiture inedite sono state riscoperte, studiate, trascritte e restituite all’ascolto attraverso l’esecuzione in concerto e le registrazioni discografiche.
La cappella cura il canto liturgico nelle principali solennità dell’anno, eseguendo di preferenza opere degli antichi maestri di cappella bolognesi. Ad esempio l’ordinarium missæ della notte di Natale è intonato sulle note della Missa «Cantate Domino» di Girolamo Giacobbi, conservata in un corale manoscritto dell’archivio musicale, mentre il proprium comprende in genere composizioni di Cazzati, Colonna e Perti. Anche l’attuale maestro di cappella, Michele Vannelli, in carica dal 2006, ha arricchito il repertorio con una cospicua produzione di messe, salmi, antifone, mottetti e Te Deum, eseguiti soprattutto in occasione delle celebrazioni episcopali.
Il coro a voci miste conta circa venticinque elementi stabili (professionisti, studenti, amatori). All’attività liturgica affianca quella concertistica in tutta Europa e vanta un’ampia discografia.
Nel 1438 fu istituito per volontà di Cosimo de’ Medici un gruppo polifonico formato da cantori professionisti, chiamati I Cantori di San Giovanni che in seguito verranno fusi insieme a un altro gruppo di cantori, che molto probabilmente già faceva servizio in cattedrale, formando così la Cappella Musicale Granducale del Duomo di Santa Maria del Fiore.
Legata ai duchi e granduchi dei Medici prima e ai Lorena poi, la cappella era assoggettata all’amministrazione dell’Opera di Santa Maria del Fiore, che dal 1475 assume il compito di reclutare e stipendiare i musicisti.
Tra i personaggi più prestigiosi che hanno operato come maestri e cantori vanno ricordati Marco da Gagliano (1582-1643), attivo anche nella basilica di San Lorenzo, Giovanni Maria Casini (1652-1719), che ha lasciato una forte impronta come musicista e didatta, Francesco Maria Veracini e Bartolomeo Felici, che fu maestro di Cherubini.
Con l’avvento dell’unità d’Italia, la cacciata degli Asburgo-Lorena nel 1859 e la creazione di Firenze capitale, la cappella non venne più mantenuta nella sua forma storica. Teudolo Mabellini, ultimo maestro a essere nominato dal granduca, compose per la cappella una gran quantità di musica sacra e obbedì al volere dei sovrani di diffondere in Toscana opere sacre tedesche: eseguì per la prima volta in Italia lavori liturgici di Mozart, Albrechtsberger, Hoffmann e Krommer. La cappella in quel periodo aveva anche un eccellente ensemble strumentale.
I seminaristi del Collegio Eugeniano, insieme a cantori professionisti, portarono avanti il ruolo della cappella musicale almeno fino al secondo dopoguerra e fu il maestro Francesco Bagnoli (1876-1947) a trasmettere la tradizione musicale fiorentina al suo allievo prediletto, il card. Domenico Bartolucci che lo sostituì per un breve periodo prima di diventare Maestro Perpetuo della Cappella Sistina. Venute meno le forze del seminario, fu il mons. Cirano Sartini che dette nuova vita alla musica della cattedrale formando il Coro del Duomo.
Nell’anno 2012 è intervenuto un nuovo e significativo cambiamento: l’Opera di Santa Maria del Fiore ha deliberato la ricostituzione della Cappella Musicale della Cattedrale di Firenze, riportando la parte musicale sotto la propria giurisdizione amministrativa. L’Opera, in accordo con il Capitolo ha designato il maestro Michele Manganelli come maestro di cappella, con l’obiettivo di formare un coro specializzato nell’esecuzione del repertorio della musica sacra.
La cappella dispone di un proprio regolamento ed è formata da tre organismi distinti che, a seconda delle necessità, cantano sia separatamente che insieme: il coro di voci adulte, l’ottetto vocale di cantanti professionisti, il coro di voci bianche. Il coro degli adulti conta circa cinquanta componenti mentre le voci bianche, istituite di recente, comprendono quarantacinque bambini dai 7 ai 13 anni. Il coro canta sia a cappella che accompagnato dal monumentale organo della cattedrale e in alcune precise celebrazioni è prevista l’aggiunta sia di un gruppo di ottoni che dell’intera orchestra sinfonica.
La cappella musicale della basilica di Santa Maria Maggiore è un’istituzione artistica significativa nella storia della musica italiana grazie ai numerosi maestri assurti a fama internazionale dalle fila dei suoi cantori, strumentisti e organisti di altissimo rilievo come Legrenzi e Locatelli, segni della cura che la Misericordia Maggiore, l’ente che dal XV secolo a oggi amministra la basilica, ha riservato all’arte e allo splendore della liturgia. Il primo nucleo di cantori documentato nella basilica di Santa Maria Maggiore si forma nel 1480 attorno alla figura di un certo “prete Giovanni”, assunto perché «debeat in cantu figurato cum aliis cantare et clericos ecclesie aptos docere musicam»: doveva cioè cantare insieme con gli altri cantori e insegnare musica ai chierici che avevano attitudini musicali. Da questo nucleo nasce la cappella musicale attiva tuttora e che nel 1483 sceglie per proprio maestro di cappella Franchino Gaffurio.
Si susseguiranno nei secoli moltissimi musicisti e sacerdoti, tra i quali Gasparo De Albertis, Pietro Vinci, Alessandro Grandi, Tarquinio Merula, Maurizio Cazzati, Giovanni Simone Mayr, maestro di Gaetano Donizetti e fondatore della celebre scuola che ha dato origine all’attuale conservatorio, Amilcare Ponchielli, Guglielmo Mattioli, Agostino Donini, mons. Giuseppe Pedemonti, don Valentino Donella. Alla scadenza del mandato di quest’ultimo, tutto l’assetto della cappella è stato riorganizzato e sono state ampliate le sue incombenze.
Alla guida della nuova formazione della cappella musicale, composta da sedici cantori professionisti, dal 2015 è stato chiamato il maestro Cristian Gentilini. Tale formazione cura il servizio musicale liturgico in tutte le domeniche e festività dell’anno, configurandosi di volta in volta in vari organici.
Unita alla precipua attività liturgica vi è quella concertistica e discografica, volta a valorizzare le musiche composte per la basilica nei secoli passati e a riproporne di nuove.
La data ufficiale di fondazione della Cappella antoniana è il 28 dicembre 1486, sotto la direzione di padre Pietro di Beaumont, proveniente dalla Provenza. La storia dell’attività musicale nella basilica inizia però molto prima: basti citare l’esecuzione della Missa Sancti Antonii di Guillaume Dufay, che ha celebrato l’inaugurazione dell’altare maggiore di Donatello nel 1450. Un primo periodo glorioso nella storia della cappella si ebbe nel Cinquecento con la guida prima di Rufino Bartolucci di Assisi, poi di Costanzo Porta. Nel Seicento si accresce il numero dei cantori, e agli organi si aggiungono altri strumenti musicali. Nel 1651 l’organico era composto da sedici cantanti, dieci strumentisti e quattro organisti. Il secolo d’oro per la Cappella musicale antoniana fu indubbiamente il Settecento, con tre maestri prestigiosi che si succedono: il veneziano Francesco Antonio Callegari, il vercellese Francesco Antonio Vallotti, Luigi Antonio Sabbatini di Albano. A questi nomi di maestri di cappella, compositori e trattatisti si aggiunge quello del celebre Giuseppe Tartini, per un lungo periodo primo violino nella cappella. Indicativa del livello qualitativo raggiunto è la sosta di Leopold e Wolfgang Amadeus Mozart a Padova nel luglio del 1771 per incontrare padre Vallotti e assistere alle sue esecuzioni. In questo periodo si ha inoltre la costituzione dell’archivio musicale per conservare e mantenere il notevole patrimonio musicale.
L’Ottocento rappresenta un periodo di oscurità per le vicende politiche e un volgersi del gusto verso la musica da teatro.
Vengono a mancare le voci superiori e a metà del secolo si giunge alla soppressione dell’orchestra. La riorganizzazione della Cappella antoniana inizia alla fine del secolo e prosegue nel successivo con la riforma della musica sacra, grazie all’opera di due direttori laici, il bresciano Giovanni Tebaldini e il padovano Oreste Ravanello, con il quale il numero dei cantori fu ampliato fino ad arrivare a centoventi voci. A partire dal 1969 nell’organico vengono introdotte le voci femminili.
Dal 1984 al 2006 la cappella fu affidata alla direzione di padre Giancarlo Betteto, quindi passò al maestro Valerio Casarin, già organista della basilica e del coro stesso. L’organico è oggi costituito da settantacinque cantori, con un repertorio che va da Palestrina alla musica contemporanea, mantenendo il legame con l’opera compositiva dei passati direttori e considerando autori della scuola francescana.
La Cappella Giulia è, dall’inizio del XVI secolo, la Cappella Musicale della Basilica Papale di San Pietro. Nel 1513 papa Giulio II della Rovere firmò la bolla papale In altissimo con la quale istituiva e organizzava la cappella che da lui prende il nome, affinché le celebrazioni liturgiche nella basilica di San Pietro venissero innalzate spiritualmente con la musica.
La Cappella Giulia, oltre che complesso corale della basilica, costituiva una scuola, un collegio destinato alla formazione dei cantori, che sarebbero poi andati a far parte della cappella papale. Insigni maestri si susseguirono alla guida della Cappella Giulia sin dalla sua fondazione, da Giovanni Pierluigi da Palestrina a Giovani Animuccia, Domenico Scarlatti, Niccolò Jommelli.
L’archivio della cappella è tra i più ricchi del genere: oltre alle opere in stampa dei polifonisti e ai codici miniati nel Cinquecento, moltissimi sono i manoscritti – per la maggior parte inediti – delle composizioni dei maestri che si sono avvicendati dal XVII al XX secolo.
Dopo la cessazione delle sue attività per volere del Capitolo Vaticano, dal 1979 al 2008, la Cappella Giulia, che oggi è dotata di un coro virile e di un coro misto, è attualmente affidata a Ramon Ortega. Essa accompagna con il canto gregoriano e polifonico la preghiera ufficiale della Basilica Vaticana nelle celebrazioni del Capitolo: le Lodi mattutine, la Santa Messa Capitolare e la preghiera dei Vespri.
È stata la cattedrale di Santa Colomba la prima sede della cappella musicale riminese, della quale non sono conservati documenti di fondazione, ma la presenza di una schola cantorum in cattedrale è documentata fin dal 18 febbraio 1073.
Fino al XV secolo viene sostenuta economicamente dal capitolo, per passare poi al seminario (fondato nel 1568), istituito secondo i dettami del Concilio di Trento per educare «alla disciplina ecclesiastica, alla grammatica e al canto». Il seminario procurava i maestri di cappella, scelti tra i propri docenti, ma si occupava anche dell’educazione di un vivaio di putti cantori. Nei documenti d’archivio, il nome del primo cantore appare all’inizio del ’500 ed è quello di un sacerdote, un certo Giuanno Francioxo, certamente di origine francese, a conferma di una tendenza molto diffusa all’epoca di ingaggiare nelle cattedrali italiane musicisti di area franco fiamminga. Il primo a essere citato con la qualifica di maestro di cappella è invece il sacerdote fiorentino Pietro Aaron, nel 1518. Ai coristi, che certamente avevano in repertorio “canto figurato” ovvero polifonia, si aggiungevano i mansionari che collaboravano alle esecuzioni nelle parti in gregoriano. Viene documentato anche l’utilizzo di strumenti musicali e nella prima metà del ’600 annotazioni riguardanti spese per la costruzione di palchi fanno intendere l’utilizzo di un’orchestra, perlomeno nelle celebrazioni solenni.
Nel ’700 la Cappella musicale di musici e suonatori viene rinnovata, ma per chiudere definitivamente un lungo capitolo di storia a seguito dei danni subiti dalla cattedrale nel terremoto del 1786 e del successivo passaggio del titolo di cattedrale prima a San Giovanni Evangelista e poi al Tempio Malatestiano.
L’attuale Cappella Musicale Malatestiana nasce nell’anno 2007 dal coro polifonico In Terra Viventium, che ha prestato servizio all’interno della Basilica Cattedrale di Rimini sotto la direzione di Marco Gemmani. Attualmente è diretta dal compositore e direttore Filippo Maria Caramazza. La cappella è presente con quarantaquattro coristi e un repertorio molto ampio e diversificato. Presta servizio in cattedrale due domeniche al mese, nonché a Natale (Veglia e messa del giorno), al Triduo pasquale, e il 1º gennaio. Da dieci anni a questa parte, ogni anno, in occasione della festività del Patrono di Rimini, san Gaudenzo (14 ottobre), solennizza questo momento con un concerto in cattedrale, con solisti e orchestra sinfonica.
La Cappella Civica di Trieste viene istituita nel 1538 per iniziativa del vescovo Pietro Bonomo. Il primo maestro di cappella risulta essere Bartolomeo Rovere da Asti, qualificato maestro di canto e di musica remunerato dal Comune.
La cappella nel Seicento era composta da pochi elementi molto qualificati che eseguivano brani a quattro e cinque voci. Certamente vennero chiamati a collaborare strumentisti, primo nucleo dell’orchestra che poi verrà impiegata anche nel teatro cittadino.
Con l’inizio del Settecento si delinea la fisionomia della cappella: un quartetto vocale e strumentale con il direttore-organista. Verso la fine del secolo la cappella sopportò un periodo di decadenza, causato anche dal tentativo dell’imperatore Giuseppe II d’Austria di sopprimere la diocesi.
Ma è nell’Ottocento che si avvia una rinascita, con la nomina a organista e direttore e anche direttore del Teatro (doppio incarico che rimarrà in uso per molto tempo) di Giuseppe Farinelli da Este. Gli successe Luigi Ricci, altro maestro di fama, a dimostrazione del prestigio che la cappella godeva in Italia. Viene fondata inoltre la Scuola di canto ecclesiastico, con lo scopo di istruire i giovani che sarebbero poi divenuti cantori nella cappella.
L’inizio del ’900 fu un periodo di transizione sotto vari punti di vista; lentamente si estinse la scuola di canto mentre, in vista della costruzione del nuovo organo, fu decretata l’eliminazione dell’orchestra. Nel 1931 a Trieste fu inaugurata la locale trasmittente radiofonica, che iniziò a trasmettere la messa solenne con la partecipazione della Cappella Civica, abitudine che continua tuttora. Nel 1937 la direzione passò a Luigi Toffolo che impresse alla cappella un indirizzo di ispirazione mitteleuropea. Nel 1968 il posto di direttore fu affidato a don Giuseppe Radole che con un nuovo concorso sostituì gran parte del coro e che, in osservanza alle rinnovate esigenze liturgiche, compose molte musiche su testi italiani, senza però dimenticare il grande repertorio latino e coltivando lo studio del gregoriano. Marco Sofianopulo prese il suo posto nel 1986, dando grande impulso all’attività artistica e concertistica, archivistica e musicologica.
Il trevigiano Roberto Brisotto è l’attuale direttore, con un organico di venti cantori titolari e venti supplenti selezionati attraverso audizioni bandite dal Comune di Trieste.
Baluardo della più autentica tradizione romana, è diretta discendente dell’antica schola cantorum tradizionalmente attribuita a san Gregorio Magno, attraverso gli adattamenti dovuti all’incontro con la tradizione d’oltralpe a opera di Carlo Magno e il contatto con la cappella papale di Gregorio IX ritornato a Roma da Avignone (1377). Nasce formalmente nel 1545 per opera del cardinale arciprete Guido Ascanio Sforza.
Nel 1561 è diretta da Giovanni Pierluigi da Palestrina, che già nella basilica aveva avuto la prima formazione musicale come fanciullo cantore. A lui si ispirarono i suoi allievi e successori Giovanni Maria Nanino, Francesco Soriano e Annibale Stabile, contribuendo a formare la cosiddetta “scuola romana”.
Nel Seicento, momento di massima esuberanza della musica sacra, proiettata nei fasti della policoralità e dello stile concertato veneziano, i maestri romani seppero distinguersi: Domenico Allegri e Paolo Quagliati diedero un grande incentivo alla partecipazione strumentale nella musica sacra, in uno stile di effetto monumentale.
A dare lustro alla basilica di Santa Maria Maggiore, lasciando il proprio segno anche nei soli due anni in cui vi operò, giunse in seguito Alessandro Scarlatti. In tempi a noi più recenti la salvaguardia dell’antica scuola romana trovò nuova linfa e sostegno nell’avvento del movimento ceciliano, fino alla promulgazione da parte di Pio X del Motu Proprio Inter pastoralis officii sollicitudines (1903), che restituì piena dignità al canto sacro, e alla fondazione del Pontificio Istituto di Musica Sacra (1911). In questo clima di rinnovato fervore musicale si inserisce la fondamentale opera di rinnovamento della musica sacra italiana di Licinio Refice, ma anche di Lorenzo Perosi e Raffaele Casimiri. Dal 1947 al 1977 la sua opera è stata proseguita da Domenico Bartolucci, attento cultore dell’antica scuola polifonica. Sin dal 1973 è stato affiancato alla direzione da mons. Valentino Miserachs Grau, attuale maestro titolare. Tutte le domeniche per annum, la santa messa capitolare viene solennizzata dal servizio dei cantori, al cui organico maschile si aggiungono nelle principali solennità anche le voci femminili e un gruppo stabile di ottoni. Tra gli appuntamenti più suggestivi va citata la tradizionale festa romana della Madonna della Neve, culminante nella spettacolare “nevicata” di petali bianchi nella navata centrale durante il canto del Gloria o del Magnificat. I servizi di Avvento e di Quaresima, nel rispetto della più antica tradizione, vengono effettuati rigorosamente “a cappella”.
La Cappella Musicale della cattedrale di Pisa è stata fondata ufficialmente nel 1556, ma vanta origini ben più antiche, dato che già nel XII secolo si aveva notizia di un gruppo di Canonici cantores che, sotto la guida del Magister scholarum, rendevano solenni le sacre celebrazioni con il canto gregoriano. La cappella musicale pisana ha mantenuto l’assetto tradizionale con sole voci virili fino al 1992 quando, nell’intento di rendere ancor più solenni le liturgie in cattedrale con l’esecuzione di musiche a voci miste, le è stata affiancata una schola formata da voci femminili. In seguito alla riorganizzazione strutturale del coro avvenuta nell’anno 2004, l’organico si presenta oggi in veste di coro misto. Il suo repertorio, formato esclusivamente da musica sacra e liturgica, spazia dal gregoriano al contemporaneo, con particolare attenzione alla polifonia rinascimentale e moderna. Tra i numerosi maestri che si sono avvicendati nei secoli alla guida della cappella il più illustre è Giovanni Carlo Maria Clari, direttore dal 1723 al 1754. L’attuale direttore è Riccardo Donati, già organista della cattedrale.
Cento e Pieve nel 1502 furono donate in sopradote da papa Alessandro VI Borgia alla figlia Lucrezia, sposa ad Alfonso d’Este: di conseguenza anche la chiesa di San Biagio assume un ruolo di maggiore rilievo. Nella prima metà del secolo viene documentata l’attività musicale di un piccolo gruppo vocale, ma risale al 1589 la nomina di Antonio Comi a maestro di cappella, con l’incarico di «cantar musicalmente co’ 13 voci ogni festa comandata, et la Settimana santa, le messe e vespri soliti a cantarsi et far cantare per la Comunità et la messa del Burgnago». Il diritto di giuspatronato sulla chiesa era stato concesso al Comune, che lo manterrà fino al 1962.
Data l’integrazione tra vita civica e religiosa, la cappella serve sia la liturgia in collegiata, (circa 180 funzioni all’anno, tra messe e vespri), sia l’attività teatrale, sostenuta dalla Comunità e dalle Accademie centesi, come attesta il ricco Archivio musicale della Collegiata. Nella cappella si formarono una scuola organaria e una scuola di violino.
Cancellato dal Comune nel 1915 l’assegno per la cappella, l’attività prosegue grazie all’azione di don Giuseppe Baccilieri, don Giovanni Zanandrea e, soprattutto, don Salvatore Baviera. Dopo il maestrato di Claudio Amato, dal 2013 la cappella è diretta da Pier Paolo Scattolin. Il repertorio di canto liturgico è eseguito da un organico misto a quattro voci. Nel ciclo attuale dei propri studi, pubblicazioni e incisioni discografiche, la cappella si è dedicata all’approfondimento in particolare dell’opera di due compositori, maestri della cappella centese: Paride Guarinoni e Evimerodach Milanta.