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La gioia di fare musica corale
A colloquio con il direttore Gary Graden

di Rossana Paliaga
Portrait, Choraliter 47, agosto 2015

Gary Graden è uno dei più acclamati direttori di coro al mondo, altrettanto celebre come professionista che per l’innata capacità comunicativa. Di origine americana, ma dagli anni ’80 svedese di adozione, è uno straordinario divulgatore di cultura corale: ovunque abbia fondato o diretto cori ha ottenuto risultati di grande rilievo. Per lui il canto è prezioso materiale di scambio, mezzo di comunicazione, una vera e propria fede, fatta di alti ideali e basi concrete.

Le sue parole e il suo entusiasmo trasmettono sempre la convinzione che il canto corale produca stati d’animo e pensieri positivi, unisca le persone, sia a tutti i livelli una ricerca di bellezza universale, ma al tempo stesso le sue riflessioni rivelano la concretezza che deriva da una solida esperienza pratica. Con Gary Graden si vola alto quando si ha la possibilità di farlo. Certamente punta a ottimi risultati con il nuovo organico del Coro Giovanile Italiano che seguirà nel prossimo biennio insieme a Roberta Paraninfo. Il percorso del nuovo coro è iniziato con le prime prove e concerti a Montecatini nell’ambito del Festival di primavera, seguito all’inizio di giugno dalle esibizioni all’Expo di Milano.

Questa esperienza è un nuovo tassello nella già vivacissima rete di collaborazioni professionali che lo legano all’Italia. Da cittadino corale onorario del nostro paese, ha potuto osservare negli ultimi anni l’evoluzione della coralità italiana, i suoi progressi e aggiornamenti, alla luce della sua esperienza internazionale: 

L’Italia sta vivendo a livello corale uno sviluppo fantastico. Molte iniziative di grande interesse si stanno realizzando in luoghi diversi, con l’impegno di organizzazioni e cori di qualità. Penso che Feniarco stia facendo un grande lavoro per sviluppare questa attività attraverso corsi, festival, concorsi, una rete sempre più ampia di contatti. Recentemente sono stato a Montecatini al Festival di Primavera dedicato ai bambini e ai ragazzi, poi a Torino alla competizione europea per giovani direttori di coro. Sono eventi importanti per l’Italia e a livello internazionale, organizzati e condotti con tale dedizione, cura e passione! Trovo assolutamente entusiasmante essere parte di questa esperienza attraverso il lavoro che sto svolgendo con il Coro Giovanile Italiano. 

Quali sono le prime impressioni ricevute dalle sessioni di lavoro con il nuovo organico del CGI?

Occorre considerare che simili progetti richiedono tempo per ottenere i risultati desiderati. Abbiamo trascorso alcuni intensi giorni di studio insieme e dopo le prime prove abbiamo già avuto un concerto a Montecatini. Ci vuole tempo per sviluppare un suono e un corpo corale unitario, ma è un obiettivo che raggiungeremo certamente perchè ci sono tutti i presupposti necessari. Dopo pochi giorni di lavoro insieme posso già percepire la crescita del gruppo, lo sviluppo dei coristi come musicisti e in quanto ensemble. La base è molto promettente e i risultati dovranno passare attraverso lo studio del repertorio, la musica, il contatto con diversi approcci e modi di cantare in coro, di creare un’espressione e un suono corale. Sono molto ottimista perchè è un gruppo speciale, formato da coristi estremamente talentuosi. Accompagnarli in questa fase del loro sviluppo è una bellissima esperienza; da non italiano mi sembra in qualche modo di entrare nel cuore e nell’anima dell’Italia e questo è straordinario.

Attualmente dirige stabilmente due cori legati all’attività di importanti luoghi di culto a Stoccolma, noti per il livello eccellente dei loro cori. In Italia il fenomeno delle buone pratiche musicali nelle cantorie non è altrettanto diffuso, ma in molti altri paesi le chiese sono vere e proprie scuole, luoghi dove i coristi trovano l’opportunità di formarsi artisticamente. Come definirebbe l’esperienza che vive da molti anni nelle cantorie svedesi? 

La cattedrale di Stoccolma e la chiesa di Sankt Jacob sono chiese di culto protestante luterano. Qui la musica è di importanza centrale nella liturgia e la chiesa è al tempo stesso il luogo dei servizi religiosi e dei concerti spirituali. Per gli svedesi le chiese sono molto importanti, non esclusivamente per un fatto devozionale, ma anche per l’esperienza della dimensione spirituale che si può vivere ascoltando bella musica corale. Per questo motivo il coro assume diverse funzioni: da una parte il servizio reso al culto, dall’altra provvedere musica di qualità per un pubblico vario. La cantoria è il luogo dove possiamo crescere come musicisti e dove troviamo sostegno per la nostra attività. Nei paesi cattolici il rapporto con l’attività musicale nei luoghi di culto è più complesso, all’interno dell’ufficio religioso molte cose non possono essere date per scontate.

Che tipo di repertorio frequentate?

Ogni genere: repertorio classico corale, musica barocca, contemporanea, ad ogni modo brani con testi importanti, complementari e adatti alla liturgia. 

La varietà è la scelta più diffusa nella maggior parte dei cori e questo impone ai direttori di affrontare abitualmente stili diversi, spesso con gruppi formati da coristi che non sono necessariamente consapevoli delle necessità stilistiche e vocali dei diversi repertori. Il direttore di un coro amatoriale che voglia ottenere risultati di qualità dovrebbe preferire la specializzazione in un determinato repertorio oppure impegnarsi per una maggiore flessibilità?

Ogni coro deve scegliere la propria strada e personalmente ho scelto un percorso molto ampio. Affronto sempre generi musicali e repertori molto diversi tra di loro, impegnandomi al meglio delle possibilità. Non trascuro nemmeno rinascimento e barocco, i campi nei quali più spesso viene richiesta una specializzazione, con scelte che alla base indicano un approccio filologico, come ad esempio l’utilizzo di gruppi vocali non numerosi e magari di strumenti antichi. È una scelta importante che ogni direttore deve fare a monte. Io so quello che funziona per me personalmente, ovvero fare diversi tipi di musica. Anche con il CGI non ci poniamo limiti, spaziando dalla musica antica all’etno, al jazz, comprendendo romanticismo, minimalismo oppure spiritual. I coristi solitamente trovano interessante e certamente formativa l’esperienza di generi diversi. A loro piace la diversità che possono esprimere.

Cosa significa per il direttore?

Che deve essere un ottimo direttore. In questo caso i suoi coristi possono intraprendere questo tipo di percorso. Il direttore deve ovviamente essere in grado di capire che tipo di voce sia necessario per un determinato tipo di musica, individuare la giusta articolazione in relazione alla musica sulla pagina e alla sua interpretazione, ma in questo sta il bello del lavoro. Possiamo scegliere stili diversi, nel loro percorso artistico lo hanno fatto gli stessi compositori per sperimentare linguaggi diversi. Secondo me è meglio andare in questa direzione, anche se mi rendo conto che può essere al tempo stesso un limite perché forse non riesci ad approfondire nessun campo e non puoi quindi considerarti un esperto in determinati settori.Se penso alla mia esperienza, posso dire che non sono il maggior esperto di musica barocca, ma adoro cantarla e i risultati artistici sono apprezzabili. Cantare è come visitare un museo: i coristi si appassionano allo studio di un capolavoro di Brahms, Mendelssohn o Bach e dedicano a questo approfondimento tre, quattro, cinque settimane, che trascorrono a contatto con grande arte e grande letteratura corale. Poi però hanno voglia di affrontare una poetica diversa ed è come andare in un altro museo e vivere una nuova esperienza artistica altrettanto entusiasmante. 

Questo tipo di approccio certamente non è problematico se affrontato con coristi di grande esperienza e capacità come sono quelli con i quali lavora abitualmente, ma non è una situazione paragonabile alle esperienze della maggior parte dei cori amatoriali e dei loro volenterosi direttori che spesso non hanno a disposizione coristi così preparati e reattivi. Cosa suggerirebbe in questo caso?

Non ci sono soluzioni semplici e veloci per questa domanda. Ci vuole tempo per sviluppare una vera e propria cultura del canto, valutando oltretutto idee, trascorsi e aspettative di differenti paesi e ambienti. La soluzione è soltanto continuare a lavorare con questa consapevolezza. Il nostro lavoro, la nostra ambizione come direttori è aiutare le persone a valorizzare al massimo il loro potenziale. In fondo è quello che fanno o dovrebbero fare tutti gli insegnanti. Non possiamo avere aspettative che siano superiori o inferiori a quello che i coristi possono fare. Non sto dicendo che dobbiamo essere limitati, ma che dobbiamo essere semplicemente realisti e al tempo stesso puntare in alto, coltivare sempre il piacere del far musica insieme in ogni singola fase di questo processo di crescita. 

Dirigere per lei significa anche incontrare persone, ascoltare nuove esperienze. Come trova l’equilibrio tra l’atteggiamento spontaneamente amichevole che la caratteriza e l’autorevolezza che ogni direttore deve esprimere?

Accade, ma in tutta onestà potrei soltanto ipotizzarne il motivo. È possibile conservare la propria autorevolezza e il rispetto dei coristi pur mantenendo con loro un rapporto amichevole. Ogni direttore deve trovare il proprio modo, ma in linea generale penso che avvenga quando si avvicina la musica con un’attitudine di gioia e con la sensazione che sia una bella cosa lavorare assieme. All’interno di questa bella atmosfera occorre essere disciplinati come leaders, severi rispetto alle proprie intenzioni e ambizioni. Se ci poniamo obiettivi alti, abbiamo aspettative positive e lavoriamo per i nostri coristi, possiamo farlo anche in un modo gioioso. Sono sicuro che si possa e si debba fare. È un’esperienza meravigliosa, ma al tempo stesso devi avere ben chiaro cosa stai facendo, devi essere preparato, studiare sempre e ottenere in questo modo il rispetto dei coristi. Se sei onesto nei tuoi desideri e tratti le persone rispettosamente, sarai rispettato a tua volta. Questa è la mia impressione. A volte non funziona, ma nella maggior parte dei casi è una garanzia.

Biografia di Gary Graden

Gary Graden è un direttore americano naturalizzato svedese. Ha studiato alla Hartt School of Music negli Stati Uniti e all’Accademia Reale di Musica di Stoccolma, dove è stato allievo di Eric Ericson. È stato anche corista e solista dell’Eric Ericson Chamber Choir e dell’ensemble svedese con repertorio rinascimentale Lamentabile Consort.Graden è direttore del Coro della Cattedrale e del coro della chiesa di San Giacomo (St. Jacob) a Stoccolma, con il quale ha ricevuto molti riconoscimenti ai più importanti concorsi europei, compreso il Gran Premio Europeo di Canto Corale. Con questi cori affronta un repertorio molto vasto, dalla musica antica alla letteratura contemporanea. Ha diretto inoltre diversi ensemble professionali come il Vocal Ensemble della radiotelevisione di Stoccarda - Südwest Rundfunk, il coro della radiotelevisione di Colonia - Westdeutscher Rundfunk, l’Orpheus Vokalensemble, il coro Jauna Muzika di Vilnius. Ha insegnato presso il Ginnasio musicale di Stoccolma, dove ha fondato il rinomato coro da camera giovanile. È invitato regolarmente a partecipare a festival nazionali e internazionali, nell’ambito dei quali ha collaborato anche con le orchestre da camera Stockholm Chamber Orchestra, Drottningholm Baroque Ensemble, Estonian Philharmonic Chamber Orchestra.Ha diretto in prima esecuzione molte nuove opere di affermati autori di musica corale (tra i quali Sven-David Sandström, Thomas Jennefelt, Urmas Sisask, Javier Busto, Vytautas Miškinis). Le sue interpretazioni si possono ascoltare su un gran numero di CD accolti con grande consenso da pubblico e critica. Ha diretto il Coro Giovanile Mondiale - World Youth Choir di IFCM e ha appena iniziato la nuova collaborazione come co-direttore del Coro Giovanile Italiano della Feniarco. Graden è molto richiesto sia come membro di giuria nei più prestigiosi concorsi internazionali che come docente in masterclass di direzione corale in tutto il mondo. 

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