Numerosi cori a voci virili si sono alternati sul palcoscenico del Teatro Puccini di Merano e con le proprie voci hanno permesso al folto e affezionato pubblico presente in sala di ripercorrere le vicende storiche, sia al di là dei confini che del territorio ospitante, attraverso i loro canti.
Nel corso delle tre edizioni nelle quali sin qui si è articolato il progetto, si è iniziato parlando di due eroi, Sepp Innerkofler e Cesare Battisti, che indossando uniformi diverse si sacrificarono per la propria patria; nella seconda edizione sono state trattate le figure di Fabio Filzi, Damiano Chiesa e ancora Cesare Battisti per giungere alla terza edizione, che è stata improntata esclusivamente sulla figura femminile operativa nel grande conflitto.
Naturalmente le espressioni vocali dei cori partecipanti raccontavano storie di donne quali madri, sorelle, soldatesse, amanti e quant’altro potesse riferirsi alla figura femminile del cui universo, durante gli incontri, sono stati tracciati gli aspetti che hanno caratterizzato gli anni del grande conflitto.
La donna, che già da piccola sino al periodo della più completa maturità attraverso i propri molteplici e nodali ruoli messi in atto, è stata protagonista assoluta ed elemento cardine di forza e determinazione pregne di capacità operativa in ogni aspetto della vita.
Grazie alla preziosa presenza dei cori di voci bianche, uno dei quali nato da un progetto pilota della Federazione Cori dell’Alto Adige, e di tanti cori a voci virili di consolidata esperienza vi è stato l’intento, attraverso le loro “cante”, di dare meritata risonanza ai sentimenti più profondi dell’animo, in grado di esprimere un forte perseguimento di umanità, sopportazione, vicinanza e solidarietà.
Sono queste le doti che hanno contraddistinto le donne della Grande Guerra, che hanno vissuto e affrontato scenari durissimi. Donne energiche, celebrate in questi anni attraverso il processo di esaltazione delle voci, sia in erba e quasi timorose che adulte e dunque dense di contenuti ed esperte, ma capaci ambedue di abbracciare in un sortilegio magico una musicalità inserita nel contesto contemporaneo, che grazie agli autori e nel nostro caso ai compositori anche appartenenti alla sezione sorta all’interno della federazione, si dipana e si offre al fruitore in maniera impegnativa, ma estremamente gratificante.
Gli eventi hanno contribuito a elevare la coralità alpina nella propria già intensa espressione artistica, mirata a celebrare la vocalità nel suo intrinseco percorso passato, presente e futuro, rendendola linfa vitale per l’essere umano desideroso di nutrirsi attraverso emozioni profonde, soprattutto di fronte alla tangibile sofferenza. Nel corso della Grande Guerra si è spontaneamente sviluppato un repertorio canoro da parte dei soldati delle Nazioni allora belligeranti, oggi fortunatamente tutte “amiche e alleate”.
Si tratta di canti trasmessi nel tempo osservando una arcaica tradizione orale capace di raccogliere le espressioni vocali di coloro che sono stati i primi inventori e/o esecutori insieme a quanti si sono impegnati nella raccolta e conseguente stesura dei testi; appartengono prevalentemente ai primi anni del Novecento tant’è vero che la prima antologia scritta e pubblicata a opera del genovese Piero Jahier, alpino volontario nella prima guerra mondiale, risale al 1919.
La Federazione Cori dell’Alto Adige si pone da sempre l’obiettivo della salvaguardia, ricerca e conservazione di un patrimonio culturale in grado di affascinare e avvicinare i coristi, gli scrittori di testi letterari, i direttori e i compositori, i quali vengono invitati a dare il proprio contributo al potenziamento e all’ampliamento del repertorio già esistente attraverso la creazione di nuovi lavori.
Questo atteggiamento che la federazione ha intrapreso già da tempo e che negli ultimi anni ha ricevuto nuovo impulso, ha avuto attuazione anche nel ciclo quadriennale di manifestazioni dedicate alla Grande Guerra dove, a fianco dei grandi “classici” del repertorio specifico, hanno trovato spazio nuove proposte e preziose riscoperte di pubblicazioni dell’epoca come nel caso della Piccola suite patriottica presentata per la prima volta nel concerto del mese di settembre, ultimo appuntamento celebrativo di questo fondamentale evento storico.
Lo studio degli avvenimenti relativi al primo conflitto mondiale induce l’idea che la guerra sia un universo al “maschile” ove soldati, vita di trincea, battaglie e decisioni dei grandi strateghi rivestono il ruolo centrale. Eppure le donne in quella circostanza sono state coinvolte direttamente da protagoniste sia nella società civile che negli eserciti e, causa la requisizione totalitaria degli uomini impegnati al fronte, sono state costrette a industriarsi tanto nelle consuete mansioni femminili quanto nella sostituzione dell’uomo in una vasta gamma di occupazioni. Esse hanno dato un apporto fondamentale allo sforzo bellico e tale presenza operativa spalmata a vastissimo raggio d’azione ha agito sia quale forte supporto durante il conflitto che come spinta decisiva al processo di emancipazione femminile; lo scoppio della guerra rappresenta infatti quell’anello davvero significativo verso l’indipendenza della donna che ha come conseguenza un radicale cambiamento della figura femminile.
Le donne vengono sì precettate a sostituire l’uomo nelle più svariate occupazioni, ma al contempo invitate a mantenere ben saldo il proprio ruolo all’interno della famiglia tradizionale; divengono membro attivo della società collettiva e parallelamente elemento-cardine per la dura vita del soldato. In questo modo il conflitto ha inevitabilmente influito sui quadri della vita tradizionale rompendone gli schemi instaurati nei secoli e ha sostenuto le donne verso un mondo sociale rinnovato ridefinendone il campo di azione.
La letteratura del tempo tende spesso a mantenersi nel solco di una visione consolidata, interessandosi alla donna vista come madre, moglie o fidanzata così che anche la figura coraggiosa di Luigia Ciappi, maestra calabrese ventenne che tentò di partire per il fronte travestendosi da soldato, viene trasfigurata nel romanzo La fidanzata del bersagliere di Carolina Invernizio, che ne sottolinea soprattutto l’aspetto romantico privilegiando le motivazioni amorose anziché patriottiche. Non molto dissimile è la visione che traspare dai testi poetici del canto popolare, che sia ritratto dal punto di vista maschile o che sia narrato, più raramente, dalla parte della donna: in entrambi i casi il ruolo femminile che predomina è giocato all’interno della coppia e il sentimento che prevale, complice la forzata partenza per il fronte, è quello della separazione e dell’abbandono, temporaneo o nel peggiore dei casi definitivo: di questo si parla, ad esempio, nel celebre Quel mazzolin di fiori o nell’ancor più celebre Il testamento del capitano.
È indiscutibilmente la visione maschilista che prevale: basta dare uno sguardo alle regole codificate nel Decalogo della donna italiana in tempo di guerra per evincere il ruolo dell’operatività femminile e al contempo il continuo volere una donna sottomessa al padre prima e al marito successivamente; le donne sono state invitate a “fare la loro parte” per aiutare il paese in guerra ma pagate meno della metà rispetto ai loro colleghi di sesso maschile.
La storia delle donne vive dunque una nuova era: dai documenti rintracciati negli anni si deduce che le stesse sono state interpretate dal sentimento della mascolinità, totalmente riscritto a causa degli accadimenti bellici, con il tradizionale ruolo di angelo del focolare in qualità di moglie e madre a salvaguardia della famiglia anche se pur sempre sotto l’egida maschile delle figure anziane; d’altro canto esse divengono un punto focale della propaganda, sia per quanto riguarda la militanza della stessa nelle organizzazioni patriottiche sia nell’utilizzo iconografico del corpo femminile per attirare consenso nei confronti del conflitto in corso.
Al fine di rendere giustizia alla figura femminile si è voluto incentrare su di essa l’edizione scorsa della manifestazione, e per lo stesso motivo si è deciso di dare risalto particolare ad altri attori protagonisti dello scenario bellico le cui gesta sono state esaltate all’interno dei canti popolari. Ai bambini si è rivolta quest’anno l’attenzione della Federazione, quei bambini a cui è attribuito un posto particolare nel dispositivo bellico adulto, dai piccoli usati quale bersaglio dai nemici nelle zone occupate, ai discorsi patriottici, moralisti, colpevolizzanti di cui l’infanzia è stata destinataria privilegiata; e a quei “soldati” umili e silenziosi che con tanta forza hanno sostenuto i corpi militari in ogni momento: mi riferisco agli animali delle specie più disparate, sempre presenti nei luoghi di battaglia e “umanizzati” dai nomi più particolari, ai quali ho dedicato ampia attenzione nella quarta e ultima edizione svoltasi il 23 settembre nella cornice del Teatro Puccini di Merano.
La parte musicale ha diretto lo sguardo in modo da favorire la voce dei bambini e ha proposto in prima esecuzione assoluta una suite pensata per loro e destinata a essere cantata dal coro di voci bianche.
Il punto di partenza è stato il ritrovamento di una vecchia pubblicazione risalente proprio agli anni della Grande Guerra e contenente un cospicuo numero di brevi canti appositamente pensati per essere cantati dai bambini di allora: in quel momento di così grande difficoltà per le famiglie italiane una insegnante di scuola dell’infanzia, la professoressa Maria Saini, con la collaborazione di un musicista, pensò di creare quei brevi componimenti di chiara ispirazione patriottica per instillare nelle giovani generazioni, attraverso il canto, un filo di speranza che facesse loro pensare a un futuro di gloria dimenticando per un momento le sofferenze del presente.
Dalla scelta di tre canti tratti dalla raccolta, il compositore Marco Mantovani ha elaborato un lavoro brillante e piacevole, riunendoli e collegandoli con passaggi strumentali a formare la Piccola suite patriottica. La linea melodica disegnata da Gino Visonà è stata rispettata integralmente, con l’unica variante del cambiamento di tonalità del primo brano, ininfluente sotto il profilo dell’estensione ma essenziale per dare coesione al tragitto armonico dell’intera composizione; il primo fondamentale intervento si è concentrato nell’armonizzazione dei brani che doveva adeguarsi alla semplicità della linea melodica ma al contempo affrancarsi dalla ripetitività dell’andamento strofico. Per preparare l’entrata di ogni brano sono stati disegnati un’introduzione strumentale e degli episodi di transizione con il doppio obiettivo di impostare la nuova tonalità e contemporaneamente creare l’atmosfera del brano in entrata: cantabile ma leggermente ritmata L’uccellino messaggero, liricamente distesa Il piccolo giardiniere e ritmata in contrappunto imitato la Marcia conclusiva.
La rapidità di apprendimento del brano da parte dei cori di voci bianche aderenti al progetto e il vivo successo di pubblico hanno confermato la riuscita dell’operazione.
Anche in occasione di questo quarto e ultimo appuntamento è stato proposto l’annullo postale speciale rivolto ai collezionisti dal palato raffinato che già avevano tributato ampio consenso all’iniziativa nelle tre precedenti edizioni; inoltre, è stato predisposto un cofanetto celebrativo che raccoglie tutte e quattro le manifestazioni.