In ambito colto, invece – non si offenda nessuno per questo regale aggettivo – un difetto resta tale, e deve essere eliminato. Qual è il più comune? La voce frequentemente schiacciata dei soprani nella tessitura medio-alta. Semplificando al massimo si può risolvere il problema aumentando il volume della cavità orale, cioè abbassando la mandibola (e conseguentemente la lingua) e innalzando il velo del palato. Vogliamo aggiungere un’ulteriore semplificazione? Allora dite ai soprani di sbadigliare! Se poi vedete che il cantore ha le vene del collo gonfie oppure mostra tensione e stringe la gola, allora fatelo cantare mentre cammina: questo dovrebbe essere sufficiente ad allontanare la tensione intorno alle corde vocali, che è spesso causa del gonfiore-tensione.
Altro difetto tipico del cantore poco esperto è la voce cosiddetta velata. Durante l’emissione si riconosce una componente diciamo “ventosa” del suono, che appanna e appunto “vela” il suono stesso. La causa è la mancata totale adduzione delle corde vocali, che restano piuttosto lontane tra di loro, permettendo il passaggio dell’aria che non si trasforma tutta in suono. Soluzione: ovviamente l’avvicinamento tra loro delle corde vocali. Più facile a dirsi che a farsi. Il primo passo, peraltro essenziale, è che il cantore si accorga del suo difetto, altrimenti è tutto inutile. Ci si riesce facendogli porre le mani a conchiglia intorno al padiglione auricolare – preferibilmente il destro – come si fa quando si vuole sentire qualcosa il cui suono è troppo leggero, e ponendo un quaderno piegato concavo davanti alla bocca del cantore. In questo modo il cantore può avvertire per la prima volta il caratteristico fruscio della sua voce velata. Una volta che il difetto è stato svelato è utile alternare la s sorda (quella di sasso) con la z sonora (zero). In questo modo il cantore impara a riconoscere quando le corde sono separate (s sorda), distinguendo il momento in cui si uniscono (z sonora). Si tratta di una piccola ginnastica delle corde vocali, che rispettivamente si separano e si accollano. Si rivela anche molto utile mostrare un video delle corde vocali con difetto di accollamento (molto comuni in internet e di facile reperimento). Dopodiché il maestro fa l’esempio di voce velata e, senza interruzione, di voce pulita senza velatura con qualunque vocale, invitando il cantore a imitarlo. Dal punto di vista fisiologico si tratta di muovere opportunamente le cartilagini aritenoidi che si trovano nella laringe, e che appunto avvicinano le corde vocali. Basta poco per riuscire, ma se non fosse sufficiente allora si deve anche abbassare la laringe (sbadiglio). Questo tirerà in basso un piccolo muscolo che si chiama crico-tiroideo, che permetterà un ulteriore avvicinamento delle corde vocali. Il suono diventerà anche più rotondo e coperto, a vantaggio del timbro. Ma attenzione se fate musica antica: il suono deve essere alquanto chiaro…
La mancanza del riscaldamento vocale. Purtroppo non tutti i cori fanno la “ginnastica vocale di riscaldamento” prima di una esibizione. Lasciamo da parte la situazione obbligata delle rassegne e dei concorsi, quando non si può disturbare l’esecuzione di un altro coro con i propri vocalizzi. Per il resto, visto che l’emissione vocale prevede l’utilizzo di più di sessanta muscoli, come ogni attività muscolare non andrebbe intrapresa senza un adeguato tempo di riscaldamento. Diversamente si rischia un pericoloso surmenage vocale, e si può anche compromettere la riuscita della prima parte del concerto, fin tanto che i muscoli impegnati nella fonazione non si siano scaldati. E non basta, purtroppo, un sorso di una qualche bevanda alcolica per scaldare i muscoli, benché a onor del vero l’alcol, essendo un vasodilatatore, causa un maggiore afflusso di sangue caldo nell’apparato vocale.
Ecco un difetto che ultimamente sembra divenuto molto di moda: l’attacco “da sotto”. Rientra in questa categoria sia l’attacco con la consonante d iniziale gonfiata più del dovuto, che quello con la n che precede qualunque attacco. Entrambi dipendono dal fatto che il cantore apre il flusso dell’aria attraverso la laringe prima che la cavità orale sia stata predisposta per pronunciare il fonema giusto. Si può risolvere solo dopo che il cantore se ne accorge (normalmente si stupisce e si dissocia quando lo si accusa di avere questo difetto…!) invitandolo fermamente a non ripetere l’errore. La questione più generale del vero attacco “da sotto” per la verità deriva dalla prassi rinascimentale degli abbellimenti. Giovan Battista Bovicelli [Giovan Battista Bovicelli, Regole, Passaggi di musica, Madrigali e Mottetti passeggiati, Venezia, Giacomo Vincenti editore, 1594, p. 11] nel 1594 consigliava espressamente di attaccare le note almeno una terza o una quarta sotto al suono reale. Questa prassi si è poi consolidata nel periodo romantico con l’attacco effettuato con il portamento inferiore. Adesso sembra essersi ulteriormente trasformato in quel fastidiosissimo suono “scavato”, piuttosto gutturale, che precede l’attacco, di cui parlavamo all’inizio. Chi lo conosce… lo evita. Tutto si risolverebbe se il cantore facesse alcune cose essenziali prima di ogni attacco: pensare al suono da emettere; predisporre lo spazio boccale per la vocale da emettere, a bocca aperta; respirare attraverso quello spazio creato; attaccare il suono mantenendo quella stessa posizione.
La mancanza dello “squillo” nella voce dei tenori. A parte la ben nota e diffusa difficoltà nel reperire buone voci di tenore, il problema sta nel fatto che quelle che abbiamo spesso non “squillano”, ma si mantengono entro un colore opaco di tipo tenoril-baritonale. O la voce è dotata in modo naturale di penetrazione e profondità, oppure le si devono ottenere entrambe – squillo compreso – attraverso l’utilizzo della cosiddetta “voce piena”, contrapposta alla voce con componente di falsetto. Tale “voce piena” si ottiene abbassando la laringe (sbadigliando), attraverso lo stesso movimento descritto in precedenza come ultima soluzione per evitare la voce velata. Questo procedimento, come si dirà in seguito, non è applicabile alla musica rinascimentale, nella quale i tenori acuti, utilizzati nel ruolo di altus, devono cantare appunto nel registro acuto con voce alta e chiara.
Non
trascurabili risultano anche certe componenti
nasali e gutturali del
suono, ma questo riguarda un po’ tutte le sezioni corali, con esclusione – in
genere – dei bassi. Il colore nasale dipende dal passaggio aperto lasciato dal
velo del palato verso la zona appunto nasale. In caso di suoni acuti la componente
nasale del suono si trasforma in un importante apporto di risonanza di testa
(voce in maschera, che abbiamo già visto). Rimane invece un difetto la nasalità
presente nei suoni medio-gravi. La soluzione è l’innalzamento del velo a chiudere
il canale dell’oro-faringe, proprio come si fa quando si… sbadiglia!
La voce
gutturale è invece data dalla retrazione della lingua verso la faringe. È un
difetto che risulta un po’ più complicato da sanare, ma è assicurato un grande
aiuto se si posiziona la punta della lingua a toccare gli alveoli dei denti
inferiori. In questo modo la lingua assume una posizione più avanzata e il
problema diminuisce, fino a risolversi.
La mancanza
della profondità nella voce dei contralti e dei bassi. Quando i contralti hanno fatto il
loro ingresso nei cori hanno scalzato i tenori acuti, che dal Rinascimento in
poi occupavano il ruolo di altus. Ma con ben altri intenti timbrici, però. I tenori acuti dell’altus costituivano la punta delle sezioni maschili, che nel coro antico erano
caratterizzate da una continua ascesa timbrica verso il suono chiaro, passando attraverso
il bassus, poi il tenor dal timbro e l’estensione baritonale, fino appunto all’altus, che costituiva la punta di questa piramide, completata dal cantus (falsettisti, castrati o bambini). Con l’avvento delle donne nella parte
dell’altus cambia l’equilibrio timbrico dei cori. Dal basso al tenore si va verso
il timbro chiaro e acuto, ma poi si avverte una introflessione data dal colore
scuro dei contralti, che si schiarisce di nuovo con la voce dei soprani. Se
però i contralti non sono abbastanza scuri – o per lo meno “rotondi” – la doppia
piramide timbrica del coro moderno va a farsi benedire, e ci si ferma a una
situazione ibrida e non ben caratterizzata. Sfido chiunque a sentire con
facilità la linea del contralto nei contrappunti fugati del Requiem di Mozart… Ognuno deve svolgere il suo ruolo: i soprani devono essere morbidi
e piuttosto chiari, diciamo di colore giallo o arancione, mentre i contralti
appunto devono “scavare” i suoni, usare maggior spazio interno orale e andare
verso il colore rosso.
Per quanto riguarda invece i bassi, essi sembrano
essersi attestati entro un colore centrale come il marrone chiaro, di tipo
baritonale. Peccato, perché il basso, anche nella composizione rinascimentale,
è alla base di tutto il contrappunto. Basti pensare che la quinta diminuita
esposta al basso non era usata, mentre era di uso comune se esposta tra le
altre parti (quinta diminuita sempre e solo in primo rivolto). Anche in
orchestra le proporzioni tra il numero di violini (circa ventotto) e i
contrabbassi (quattro-sei) la dicono lunga sull’importanza del basso, che da
solo regge il peso di tanti altri archi, comprese le viole e i violoncelli.
Quindi bisognerà che i bassi aprano bene la gola, abbassino un po’ il capo
(questo contribuisce a scurire il suono), abbassino bene la laringe [Può essere molto interessante notare che la laringe di un bambino è
posizionata molto più in alto rispetto a quella di un uomo. Questo significa
che per ottenere la caratterizzazione timbrica maschile di un adulto la laringe
deve andare in direzione contraria: verso il basso, come per lo sbadiglio. E
questa è la nona volta che lo sbadiglio (e l’abbassamento della laringe) viene
nominato per risolvere qualche problema: che sia la panacea di tutti i mali…?], e soprattutto non temano di apparire vocalmente importanti, se non
addirittura ingombranti…
Il problema delle persone stonate. Ma esistono davvero persone stonate? Sì, ma la loro difficoltà è
legata a gravi cause di natura fisiologica o uditiva. Già, perché io posso cantare
solo quello che sento, e se sento male, allora canto male. Per il resto
possiamo parlare di persone “ineducate all’ascolto”. Il circuito
bocca-orecchio, infatti, per funzionare deve essere chiuso, proprio come un
circuito elettrico, che accende la lampadina solo quando viene chiuso. Mai, per
esempio, giudicare la capacità di riprodurre un suono dato usando il
pianoforte. Il candidato non riesce a chiudere il circuito perché non è in
grado di riconoscere bene l’altezza dei suoni emessi dal pianoforte. Bisogna
sempre usare l’esempio vocale, altrimenti si rischia di definire privo di orecchio
musicale una persona che invece ne è dotata. Quante persone, del resto,
riescono a sentire ma non sanno ascoltare?! Basta far sentire loro suoni
differenti di pochi cents (ma con differenze superiori a 12 cents, che è il limite ammesso durante esecuzioni musicali di alto livello -
Righini 1974) per sentirsi rispondere che sono uguali. La colpa è anche del
dilagante sistema temperato, che costringe tutti noi a pensare che l’intervallo
più piccolo che sia possibile distinguere sia il semitono. Niente di più falso!
La musica antica e quella rinascimentale esigono conoscenze e consapevolezze
intonative che vanno molto al di là della banale scala temperata. La musica
orientale ancora di più, ma questo particolare ambiente sonoro riguarda solo marginalmente
un musicista occidentale. Peccato, perché avremmo molto da reimparare nell’ambito
della sensibilità intonativa. Senza andare così tanto indietro nel tempo fino
al Rinascimento, si deve ricordare che durante il periodo romantico la scala di
Pitagora (con le quinte crescenti ma anche con le terze molto aperte) tornò
prepotentemente in auge. E qui si tratta di saper distinguere e riprodurre
intervalli piccolissimi, fino a due cents, per intonare una vera quinta giusta. Limitarsi al semitono do diesis posto tra do e re equivarrebbe a un pittore che potesse usare il rosso (do), il giallo (re) e un solo tipo di
arancione (do diesis), senza tutte le sfumature intermedie. Impensabile!
Tanto più che il do diesis, posto di trovarsi in do maggiore, lo posso usare soltanto se modulo a re, altrimenti ho a
disposizione solo il rosso e il giallo. I colori primari sono sette, come le
note… ma un pittore non potrà mai dipingere nessun quadro di valore utilizzando
solo i colori primari, privandosi delle infinite sfumature di colore di cui
parlavamo poco fa. Invece la stragrande maggioranza della musica occidentale –
possiamo anche parlare della totalità del repertorio occidentale – è stata
scritta usando solo i colori primari della scala musicale…
In effetti finché il cantore non impara a respirare attivando il diaframma,
l’appoggio rimarrà sempre un mistero… È il diaframma, infatti, che lo fornisce,
ma soltanto dopo che è stato abbassato durante la fase dell’inspirazione dell’aria.
Tale abbassamento può arrivare a circa 12 cm. L’appoggio nasce nel momento in
cui il diaframma comincia a risalire durante l’emissione: in quel momento il diaframma
fornisce automaticamente (quasi…) l’appoggio necessario al fiato-suono. Altra
cosa è invece il sostegno. Esso è offerto dai muscoli addominali (e dai visceri) al diaframma.
Quindi, semplificando, l’appoggio è fornito dal diaframma, il sostegno è
fornito al diaframma. In altre parole: al di sopra del diaframma
vi è l’appoggio, al di sotto il sostegno. Le varie questioni, se rimanere con
la cintura addominale in fuori durante il canto o se farla rientrare, se
respirare usando anche il movimento delle costole fluttuanti o no, se respirare
dal naso oppure dalla bocca, sono tutte situazioni che non possono prescindere
dall’abbassamento del diaframma.
Al di fuori della pratica rinascimentale, il passaggio di registro è l’unico
lasciapassare per raggiungere i suoni acuti. Cominciamo con il dire che ciò che
comunemente si intende per “passaggio di registro” è già un secondo passaggio.
Esso è preceduto da un primo passaggio, che avviene in forma più naturale e
spontanea all’interno della tessitura vocale. In pratica serve per usare le
casse di amplificazione più adatte all’altezza dei vari suoni. Nessuna casa
produttrice si sognerebbe di far risuonare i bassi di un impianto stereo dentro
le piccolissime casse dei tweeter che servono per amplificare i suoni acuti. E viceversa. Ecco, il
passaggio di registro permette – detto in soldoni – di passare dalle risonanze
del petto dei suoni gravi alle risonanze della testa per i suoni acuti. Ma
perché in testa? Perché lì ci sono tante piccole ma preziose insenature dette
seni (frontali, mascellari, sfenoidali, etmoidali) che servono proprio per
amplificare i suoni acuti e farli risuonare correttamente. Come la coda di un
pianoforte: nella parte lunga sono disposte le corde dei suoni gravi, mentre in
quella piccola a destra risuonano le corde più corte e sottili dei suoni acuti [In questo senso il pianoforte verticale è un compromesso piuttosto
malriuscito dal punto di vista acustico, perché obbliga tutti i suoni, acuti e
gravi, a risuonare nella stessa unica cassa acustica!]. Come nella famiglia degli archi, nei quali le dimensioni delle casse
armoniche sono direttamente proporzionali all’altezza dei suoni, in ordine
crescente dal violino al contrabbasso. Ma come si fa a mandare i suoni in
testa? Attraverso una sorta di passaggio a livello, che si può alzare e
abbassare abbastanza a piacimento: il velo del palato, posizionato in figura 1
sopra la base della lingua. Se lo alzo esso viene a contatto con la faringe e
chiude il canale nasale, rendendo così inutilizzabili le piccole casse di
amplificazione dei seni. Se lo abbasso appena un po’ permette all’aria-suono di
invadere la zona dei seni, innescando le risonanze di testa. Ecco cosa
significa quando si dice “voce in maschera”: è la voce che risuona proprio
nella zona dove si indossa una maschera, dietro alla quale sono situati tutti i
seni, come si vede nella figura 2. Tecnicamente il (secondo) passaggio si
ottiene operando un opportuno scurimento (meglio dire arrotondamento) del colore vocale, conseguenza dell’abbassamento della laringe (sbadiglio).
Se si unisce un alleggerimento contestuale della pressione aerea è ancora
meglio, magari circa una terza sotto al punto del passaggio di registro, che è
diverso per ogni voce e riconoscibile con l’esperienza [Teoricamente, e per semplificare al massimo, le voci girano alle seguenti altezze: basso al do centrale, baritono al re, tenore al mi. Le donne lo stesso, ma un’ottava sopra. Naturalmente sulla posizione del punto del passaggio inciderà la classe di appartenenza vocale specifica: un tenore drammatico tenderà a “girare la voce” prima di un tenore leggero. Similmente per le altre classi vocali]. Il cantore poi, passerà il resto del suo tempo a uniformare i due registri,
quello di petto sotto al passaggio, e quello di testa, sopra al passaggio. Si
può anche usare un particolare registro detto misto, specialmente nella zona (definita anfotera) che sta intorno al passaggio.
Serve soltanto quando si affronta il repertorio dal Romanticismo in poi.
In questi casi è insostituibile. È invece totalmente inadatta nel repertorio
rinascimentale e precedente a esso. È inoltre strettamente legata e dipendente alle
risonanze che si ottengono con il passaggio di registro. Consiste nell’emissione
in voce piena, contrapposta a quella nella quale si riconosce una componente di
falsetto. Come si ottiene? Abbassando la laringe e sbadigliando… Dal punto di vista
pratico si può aiutare il cantore facendogli emettere una a e poi, senza modificare l’apertura della bocca e delle labbra,
chiedendogli di emettere una o. Naturalmente il cambiamento
da una vocale chiara come la a a una più scura come la o implica un aumento del volume interno della cavità orale, che si ottiene
facilmente abbassando la lingua. Questo movimento, a causa dei collegamenti
stretti che esistono tra lingua e laringe – ossei e muscolari –, causano l’abbassamento
della laringe stessa, e quindi l’emissione della voce piena. Naturalmente si
tratta di un esercizio propedeutico, che serve per imparare ad abbassare la
laringe per coprire i suoni. La o così prodotta, essendo
frutto di rigidità labiale, sarà rigida anch’essa. In seconda battuta si deve
imparare ad abbassare la laringe come si deve, cioè agendo sul muscolo
crico-tiroideo (vedi figura 3 in rosso), per allungare le corde vocali e
trovare l’emissione in voce piena.
È molto difficile da ottenere fin tanto che il cantore rimane all’interno
della sua sezione di appartenenza. Se costui/ei è debole finirà per essere il
clone di qualcun altro. Se è forte finirà per essere clonato da altri. Ma
sempre di cloni si tratta, e non di figure vocalmente specifiche e
caratterizzate. Uno dei modi più efficaci per aumentare la consapevolezza
vocale del cantore è quello di isolarlo dalla sezione di appartenenza, in modo
che le sue orecchie non siano entrambe invase da una melodia e da un suono
uguale al suo, emesso da chi sta ai suoi lati. Questo ascolto naturalmente
diminuisce il controllo vocale della propria voce, che si mischia e si confonde
con quella dei compagni a lato. Mentre il cantare isolato permette a ogni
cantore un controllo molto maggiore sulla sua voce, che arriva alle sue orecchie
senza essere mischiata o coperta da una uguale o molto simile. Ci sono tanti
modi per isolare il cantore. Per esempio alternando i cantori tra uomini e
donne o tra bassi e tenori. In questo modo si ottiene anche il vantaggio di
aumentare di molto (in pratica raddoppiare) il fronte sonoro di ogni sezione.
Oppure disponendo i cantori nel modo consueto, ma facendo attenzione a lasciare
uno spazio vuoto tra l’uno e l’altro (anche così raddoppia il fronte sonoro di
ogni sezione). O ancora, disponendo il coro in quartetti consecutivi disposti
in un’unica fila. In questo modo la larghezza di ogni sezione, invece,
addirittura quadruplica, aumentando notevolmente il fronte sonoro del coro. Dà
ottimi risultati anche rimanere disposti a sezioni compatte e cantare un
passaggio di un brano conosciuto a quartetti consecutivi, cominciando con i
primi cantori a sinistra o a destra, per avere una distanza costante tra di
essi, anziché iniziare dai primi quattro cantori al centro del coro.
Quando si sale verso la tessitura acuta il cantore ottiene un buon aiuto
se stringe i glutei. Questo assicura solidità in basso, nei punti dove il
diaframma si innesta sulle costole, e permette di ottenere un bel sostegno e
una intensa proiezione dei suoni (se tutto funziona nella zona sopralaringea, s’intende…).
Nella stessa situazione di tessitura alta, anche muovere un piede può essere
sufficiente per decongestionare l’eventuale tensione, che è sempre in agguato
nei muscoli intorno alle corde vocali, quando il cantore si avventura verso i
suoni acuti. Quando invece un basso non ha un suono ampio e corposo nella
regione grave dei suoni, allora può essere molto utile farlo cantare
invitandolo a guardare in basso [Ho già accennato brevemente a questo suggerimento, parlando dello
scurimento del suono…]. In questo modo lo si obbliga ad abbassare la laringe,
la quale allarga il suo diametro, si rilassa, e permette l’emissione di suoni
che possiamo definire più “grassi”.
Servono soprattutto in particolari
situazioni armoniche. Il prof. Fussi ne parla nel suo intervento in questo
dossier, ma accenno anch’io brevemente a questo suggerimento, che in brevissimo
tempo fornisce grandi risultati: l’uso della mascherina facciale. Sì, proprio
quella dell’apparecchio per l’aerosol [In mancanza di quella, nella sede delle prove, si può benissimo
sostituirla con le mani unite intorno al naso e alla bocca]. Cantare un vocalizzo o un brano per pochi minuti dentro
alla mascherina appoggiata sul volto fornisce tutta una serie di risultati
sorprendenti in ordine alla proiezione dei suoni, al risveglio delle risonanze
di testa, alla diminuzione della fatica vocale, all’equilibrio tra i registri
ecc. Il fonema ng [Il suo uso probabilmente si deve agli studi del soprano svedese Valborg
Werbeck-Svärdström]. Si tratta di una sorta di bacchetta magica anch’essa, come la
mascherina. È la n che viene emessa prima
della g, come nella parola angolo (non angelo!). La si ottiene alzando la base della lingua e
abbassando il velo del palato, che si toccano. Questo contatto chiude il canale
boccale e disabilita completamente l’utilizzo della cavità orale. Nello stesso
tempo indirizza efficacemente il suono verso il canale nasale. Ricordiamo che
tale canale porta direttamente il suono a contatto con tutta quella serie di
piccoli seni che stanno dietro alla maschera. In questo modo si innescano bene
le risonanze di testa, che rimarranno come componente importante del suono
anche quando, naturalmente, lingua e velo si separeranno per pronunciare la
vocale voluta. Abbiamo accennato al colore del suono adatto per la musica antica,
che deve essere “alquanto chiaro” [Si veda la fine del paragrafo dedicato alla voce velata].
Prima di eseguire (in prova, naturalmente) un brano
dell’epoca rinascimentale può essere molto utile sostituire ogni consonante del
testo cantato con la l (ma anche n). Questo produce immediatamente un suono elegante, proiettato e chiaro.
Il motivo è dato dalla lingua la quale, dovendo toccare in entrambi i casi (l oppure n) gli alveoli dei denti superiori, è obbligata a una posizione alta che,
a causa dello spazio boccale ridotto, causa l’emissione di un suono chiaro. Similmente,
ma per ragioni opposte, prima di cantare un brano del periodo romantico (colore
scuro o almeno rotondo) è opportuno sostituire tutte le consonanti del testo con la m. Il suono prodotto avrà un
bel colore rosso, molto adatto alla musica di quel periodo.
Per ottenere attacchi morbidi
si eviti la fase di apnea – anche breve – dopo l’inspirazione. Se la si fa vuol
dire che le corde vocali vere si chiudono bene per evitare la fuoriuscita dell’aria.
Ma quando si aprono per attaccare il suono possono facilmente dare l’effetto “tappo
di spumante”, causando il classico “attacco di glottide”. È un attacco duro,
spigoloso. Da evitare. Per evitare di emettere la vocale è (accento grave)
troppo aperta e quindi sgradevole, si pensi a una i mentre si canta la e. Attenzione però a fare il
contrario, modificando le i in e (Domenus anziché Dominus). Spesso lo fanno i tenori, e ultimamente anche i soprani… Nello stesso
modo, per evitare le a troppo aperte e “triangolari”, orizzontali e spigolose, si pensi a una o mentre si canta la a. Il risultato sarà una a rotondeggiante. Da fuggire come
una cosa inopportuna e antiquata mutare la u in regione medio-acuta in una più comoda o (Alleloia anziché
Alleluia!).
Per
innescare in un cantore la respirazione diaframmatica con la necessaria
espansione della fascia addominale, è molto utile mostrare immagini e video
relativi a ciò che deve succedere, ma dal punto di vista pratico normalmente
basta fare un breve esercizio. Ci si mette di lato al cantore posizionato con
le spalle appoggiate a una parete. Mentre gli si chiede di “soffiare fuori l’aria”
nello stesso momento si spinge con una certa decisione verso l’interno la sua
mano aperta appoggiata sul suo ombelico. Dopodiché gli si chiede subito di
inspirare dalla bocca e si “tira” in fuori la sua mano verso l’esterno. Il
gioco è fatto: la parete addominale seguirà la mano e si amplierà verso l’esterno.
Ma attenzione: funziona quasi subito con gli uomini, mentre con le donne ci
vuole un po’ più tempo a causa del fatto che, dopo la pubertà, la loro respirazione
si alza notevolmente rispetto a quella di un uomo, perché si preparano alla
futura eventuale gravidanza.
Questo contributo termina con la descrizione di
alcuni “trucchi del mestiere”. Ciò non ingeneri la falsa idea che il cantare
sia una cosa da “prestigiatori”, avvolta nel mistero e posseduta da pochi
fortunati predestinati. In realtà si tratta di una scienza, con i suoi
parametri, le sue leggi e le sue necessità. Le conoscenze in campo fisiologico
e foniatrico ci spingono continuamente verso nuove consapevolezze, che rendono l’arte
del canto sempre più distante dalle antiche credenze. Esse erano ancora legate
a sensazioni personali o tradizioni tramandate, che a ogni passaggio venivano
distorte a causa della precarietà delle basi scientifiche.