Caro maestro, dobbiamo cominciare dall’inizio, quando eri piccolo e avrai mostrato da subito alcune particolari doti, come capita spesso a quelli bravi.
Il mio percorso musicale inizia con delle piccole “martellate” alla pianola Bontempi, a metà anni Settanta (l’avrai avuta forse anche tu) ed è proseguito continuando a pestare tasti sul pianoforte (un verticale comprato con grandi sacrifici dai miei genitori). E dico “pestare” perché non sono mai stato un abile pianista. Il pianoforte l’ho studiato, ma non l’ho suonato tanto, anche perché sin da piccolo mi piaceva scrivere musica, sia improvvisando qualcosa al pianoforte, sia andando subito a scrivere sul pentagramma quello che avevo appena creato “magicamente”. Quell’orgoglio creativo è stato poi superato da un sorriso indulgente dopo aver compiuto studi di composizione, quando ho acquisito i mezzi tecnici per accorgermi che in realtà avevo adottato all’inizio soluzioni piuttosto banali e grossolane. La “magia” però non è sparita, si è per così dire evoluta, sostenuta da una tecnica compositiva e dal piacere di creare immagini sonore, un’esigenza che ho sempre sentito dentro di me.
Mi piacerebbe sapere se il compositore è apparso prima dell’essere direttore.
Mi è sempre piaciuto scrivere, ho iniziato così. Poi lo studio accademico mi ha molto aiutato: aver studiato a Roma con Claudio Dall’Albero per esempio mi ha formato moltissimo sotto il profilo della scrittura vocale: come una linea vocale funzioni e come invece un certo passaggio sia destinato a fallire, nel rispetto della tecnica vocale, della frase musicale e del rapporto con il testo.E così continuo a scrivere, per me, per i miei cori, e per gli amici direttori che ne fanno richiesta.
Ognuno di noi ha fatto un percorso per imparare a dirigere. Io ho girato mezzo mondo per imparare qualcosa, e ancora lo sto facendo mentre insegno ai miei tanti studenti che vengono da tutti i continenti. Quale è stato il tuo percorso formativo?
La formazione di direttore l’ho avuta sul campo: come molti di noi ho avuto il mio primo coro in parrocchia, avevo vent’anni, e i miei primi danni consistevano nel fatto che cercavo ingenuamente di replicare sulle gole dei miei poveri coristi (che avevano l’età dei miei genitori e dei miei nonni di allora) tutto quello che sentivo in conservatorio. Già allora avrei dovuto capire come il nostro lavoro necessiti di un continuo ridimensionamento degli obiettivi artistici, una capacità di “tarare” i progressi e le finalità in base alla formazione corale e anche umana che ci troviamo davanti. Il che non significa evitare di migliorare, ma con le modalità corrette nei tempi e nelle strategie.
Sei molto orientato verso i cori giovanili con grande successo. Ma curi anche dei cori di adulti?
Ho ancora oggi un coro di adulti che dirigo con grande entusiasmo, il Coro Ottava Nota dell’Associazione musicale Castelli Romani, e questa passione viene ricambiata dai coristi. Perché al di là della competenza musicale – doverosa e necessaria di aggiornamento continuo – ho sempre pensato che il coro funzioni soprattutto se il clima che si respira al suo interno è sereno, accogliente e propositivo (stiamo parlando in questo caso di un profilo amatoriale).
Conoscendoti non credo che tu appartenga a quella categoria di direttori autoritari e inflessibili, che non sorridono quasi mai e non dicono una battuta nemmeno a pagarli…
Mi ritengo un direttore socievole, pronto al sorriso e alla battuta e nello stesso tempo voglioso di far crescere il coro. Sono molto empatico con i miei coristi – anche se questo periodo di difficoltà sociale non aiuta molto purtroppo – e quindi mi piace condividere con loro le emozioni che l’attività corale ci regala ogni volta.
Accennavo prima alla tua abilità nel trattare i cori giovanili. Vuoi entrare un po’ di più nel merito?
Insieme ai cori di adulti ho sempre pensato che i ragazzi dovessero godere della bellezza della pratica corale, e quindi sin dall’inizio della mia attività come direttore ho provato a lavorare in scuole superiori come direttore. Ci sono riuscito già a metà degli anni Novanta in un liceo scientifico di Roma. All’epoca non esisteva il POF (Piano di Offerta Formativa), e le scuole il pomeriggio erano chiuse. Mi ricordo che alcune volte le prove le facevamo nei giardini esterni all’istituto, perché il personale di servizio era andato via o ci chiudeva la scuola. Bellissimi ricordi…
C’è un grande fermento della coralità, nonostante le restrizioni attuali che stiamo vivendo. Guardi anche tu con ottimismo al futuro amatoriale?
In quegli anni con i ragazzi avevo compreso che il futuro della coralità poteva nascere soprattutto da loro, da quei ragazzi che ora hanno 35/40 anni, che sono stati coristi, che ancora cantano. Qualcuno è diventato a sua volta direttore, seguendo con passione questa bellissima attività, e quindi ho speso gran parte del mio tempo a dirigere cori studenteschi (ne avevo anche cinque all’anno) per diffondere la musica corale senza mai fermarmi. Ora ho fatto delle scelte diverse, riducendo il numero dei cori (ne ho “solo” otto, ma diversi legati appunto alle strutture scolastiche), e perché nel frattempo il mio ruolo di docente di educazione musicale nella scuola media mi impegna molto e non avrei il tempo di seguire un numero maggiore di formazioni.
Parlaci del tuo gruppo giovanile Diapason, con il quale hai avuto molto successo.
Il progetto Diapason nasce proprio da questa “filiera” di ragazzi che hanno fatto pratica con me negli istituti liceali e che poi non hanno voluto più smettere. È un’esperienza magnifica lavorare con loro, anche se per sua natura il coro giovanile è condannato a “mutare” nel corso del tempo, a subire dei cicli di cambiamento dopo un certo numero di anni, per una serie di motivi che spesso sono legati a scelte di vita, di studio e professionali che costringono il corista a lasciare il gruppo. Quindi è necessario fare un piccolo passo indietro con chi rimane, accogliere con piacere i nuovi arrivati in un vivaio continuo, e “stringere le viti” del mobile che sta un poco cedendo per riportarlo in una condizione ottimale: faticoso, ma molto gratificante.
E il lavoro con i liceali invece? Come scegli il repertorio ad esempio?
Il lavoro con i ragazzi nel liceo mi ha spinto da subito a riflettere sulle scelte repertoriali: per studenti che non hanno mai avuto la possibilità di conoscere la vastità e lo spessore del mondo corale è molto difficile arrivare a conoscere il patrimonio enorme del suo repertorio. Sin dall’inizio ho scelto per loro brani di facile impatto, vicini al loro gusto musicale, di realizzazione “quasi” immediata. Per esperienza ritengo che in un ambiente “nuovo” sia un’ottima strategia. Poi, quando il gruppo si è formato non solo le scelte repertoriali cominciano a diversificarsi da parte mia, ma c’è proprio una richiesta “interna”, da parte dei giovani coristi, di voler saggiare altri generi, che vengono scoperti con meraviglia ed entusiasmo, dal Rinascimento al contemporaneo. Questo mi permette di avere un percorso eterogeneo che soddisfa i “gusti” di tutti e garantisce al corista una formazione a tutto tondo sul repertorio corale.
Un coro in ogni scuola?
Magari! Credo che questa formazione debba avere inizio il prima possibile. La pratica corale può e deve essere avviata nei primi anni scolastici, e si dovrebbe far di tutto per istituzionalizzare questa attività in quella fase, recuperando il gap incredibile con i nostri vicini europei.
Hai fatto tanti arrangiamenti di musica pop e sei molto apprezzato anche per questo. Come scegli i brani da arrangiare?
I brani che scelgo mi devono colpire almeno in un aspetto che sia legato alla bellezza della parte melodica per esempio, oppure a una componente ritmica interessante, o ancora allo spessore del testo, a quello che il brano racconta. Ma sono dell’idea che qualsiasi brano possa avere un proprio arrangiamento, poi la scelta appartiene al gusto, alla qualità del brano e anche al progetto artistico che sto portando avanti.
Adotti una tecnica o una formazione corale particolare per i tuoi arrangiamenti?
Di solito uso una formazione a cinque voci con i soprani divisi in SSATB. Credo che sia la tipologia di voci con cui mi trovo meglio, anche per supplire al numero spesso inferiore di voci maschili rispetto a quelle femminili. Oltretutto mi permette un trattamento fluido delle linee, che con meno voci rischiano a volte di essere più vincolate a certi movimenti. Tutto a cappella ovviamente, anche se a volte non rinuncio a qualche strumento idiofono come il djambè o il cajon. Tutto rigorosamente acustico, per non invadere lo spazio sonoro delle voci.
Questa tua abilità nello scrivere arrangiamenti nasce spontanea o hai approfondito la tecnica con studi particolari?
Come dicevo all’inizio, ho acquistato la tecnica della composizione vocale al conservatorio di Roma, sotto la guida del maestro Dall’Albero. Sono stati quattro anni di “palestra” importantissimi, con una totale immersione nella polifonia rinascimentale e in quel modo – a mio parere insuperato – di far cantare le voci, e di farle cantare bene. Sembrerà strano, ma tutto questo mi è tornato utile anche quando mi metto davanti a un bel brano di Elisa o di Fabrizio De Andrè.
Compositore e arrangiatore, i suoi brani sono stati pubblicati da La Cartellina e L’offerta Musicale, e produce su commissione lavori per formazioni corali provenienti da tutta Italia. Viene chiamato spesso presso cori o associazioni corali regionali a tenere corsi di direzione o stage formativi per la composizione per coro. Come membro della Commissione Artistica dell’Arcl ha tenuto seminari di vario genere, legati all’arrangiamento e ai vari stili della musica corale. È stato presente spesso in giurie di concorsi nazionali. Dirige cori in diversi ambiti scolastici, associativi e presso un centro diurno, ma si dedica soprattutto alla coralità giovanile, realizzando progetti corali presso le scuole medie superiori sin da metà degli anni Novanta. Nel 1998 ha fondato il Coro giovanile Diapason con cui ha avuto la possibilità di partecipare a numerosi concorsi e festival e viaggiare in tutto il territorio nazionale e all’estero. Dirige cori misti, cori scolastici delle scuole primarie, medie inferiori e superiori, cori giovanili e un coro presso un C.I.M. Collabora con il Miur all’interno del Comitato per l’apprendimento pratico della Musica, tenendo corsi a docenti della scuola in tutto il territorio nazionale. È stato docente all’interno del progetto Coro Lab di Feniarco a Roma, e nel 2017 è presente come docente al Festival di Primavera. Articola corsi di formazione per docenti di scuola primaria e secondaria interessati all’avvio di percorsi corali all’interno dei propri istituti.