Veniamo ora a parlare della materia prima che costituisce un concorso di composizione, cioè i lavori presentati e la qualità degli stessi.
A questo proposito mi corre l’obbligo di una considerazione derivata anche, ma non solo, dalla mia esperienza in qualità di direttore artistico del Polifonico di Arezzo. È un dato di fatto che le musiche corali contemporanee eseguite nei concorsi sono sempre più omologate nello stile, nella costruzione e nel linguaggio, con una esasperata ricerca della difficoltà tecnica e dell’effetto che possa suggestionare chi ascolta lasciando poco o spesso nessuno spazio a un semplice ma ispirato momento di musica. Con altre parole diremmo che i brani contemporanei sono spesso costruiti per diventare strumenti con i quali esaltare la bravura tecnica di un coro, ponendo a margine ciò che invece dovrebbe essere il fine e l’essenza di ogni composizione, cioè, semplicemente, la musica.
Tale situazione, evidentemente anche per analogia, in gran misura si riscontra identica nel materiale presentato dai concorrenti: omologazione dei linguaggi, esasperazione della tecnica, omologazione persino della notazione musicale, con neologismi grafici, suddivisioni e spazializzazioni delle voci che spesso, quando non sono arte, vanno a colmare le scarse capacità di organizzazione del tessuto connettivo del brano.
All’opposto possiamo trovare tra il materiale presentato anche brani scritti con grammatica e sintassi melodico-armonica decisamente inattuale, e ciò potrebbe non essere una nota di demerito se le idee musicali espresse con tali mezzi fossero vive e ricche di interesse. Ma questo non accade quasi mai.
Dall’insieme di questi elementi spesso deriva una bassissima percentuale di lavori validi tra quelli presentati. Una delle prove è che molto di frequente non vengono assegnati i primi premi. Ma la conseguenza più grave è un’altra: abbiamo detto che una delle ragioni fondamentali dell’esistenza di un concorso di composizione corale è l’incrementare il repertorio a disposizione; ebbene, quante delle composizioni “vincitrici” di concorsi sono entrate nei repertori dei cori? Quante di queste composizioni, dopo una eventuale “prima esecuzione”, sono state rieseguite (per e con il piacere dei cantori e degli ascoltatori)? Quante copie delle “pubblicazioni” delle opere vincitrici sono state distribuite o addirittura acquistate?
Considerate le intuibili risposte a tali quesiti, evidentemente c’è qualcosa che non funziona e che va rivisto se si vuole che i concorsi di composizione acquisiscano o riacquisiscano pienamente la loro ragion d’essere.
Una possibile nuova formula che stimoli una crescita di interesse per i concorsi di composizione da parte dei compositori, dei cori e perché no del pubblico, finora lontano da tutto ciò, potrebbe essere la seguente.
Teniamo presente che:
a) un concorso di composizione ha per suo scopo primario l’incremento e la diffusione di nuove musiche valide sul piano estetico-esecutivo e non solo come esercizio teorico-speculativo;
b) la cosa cui il compositore tiene di più, oltre al premio in denaro, è che la propria musica venga eseguita e sia dunque ascoltata dal maggior numero possibile di pubblico;
c) una cosa è, da parte della giuria, giudicare una composizione solo sulla carta e altro è giudicarla nella resa della viva esecuzione.
Considerato tutto ciò il concorso potrebbe svolgersi in due fasi: la prima in cui le composizioni vengono giudicate sulla carta da una giuria (ovviamente competente e qualificata) che opera una selezione e, a seconda delle disponibilità organizzative, ne sceglie un certo numero (almeno da tre in poi); questi brani selezionati vengono affidati per lo studio a uno o più cori, o a un coro laboratorio (anche questo, o questi, ovviamente all’altezza del compito) e in un secondo momento vengono eseguiti in pubblico, alla presenza di una giuria (uguale o altra rispetto alla fase precedente) che va a determinare il brano vincitore o i vincitori del concorso.
Altra variante potrebbe essere un premio parallelo determinato dal pubblico, che potrebbe confermare o smentire il verdetto della giuria…
È chiaro che tutto ciò comporta uno sforzo organizzativo ed economico maggiore e una programmazione a più lungo termine dell’attività concorsuale, ma i vantaggi sarebbero immediati, primo fra tutti quello di proclamare (o non proclamare) un vincitore dopo aver ascoltato il pezzo, dopo averne valutata praticamente la sua validità musicale e aver percepito l’accoglienza del pubblico; in altre parole aver toccato con mano se il pezzo “funziona” oppure no.
Ripeto, non è facile disporre di mezzi e strutture per organizzare un concorso con queste modalità, ma sono convinto sia una delle possibili e necessarie strade da percorrere per rilanciare il settore e rimotivare i compositori, giovani e meno giovani, a cimentarsi nell’ambito della composizione per coro, settore che, in particolare considerazione del panorama italiano, necessita di nuovi repertori ove la musica prevalga sulla suggestione della tecnica.