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I concorsi di composizione corale

di Piero Caraba
dossier "I concorsi corali", Choraliter 45, settembre-dicembre 2014

Sul tema dei concorsi di composizione dedicati alla musica corale sarebbe opportuno aprire un dibattito ben più ampio di queste mie brevi riflessioni, allargandolo a differenti tavoli di discussione, in considerazione delle implicazioni che l’argomento comporta, ben più numerose di quanto non appaia a una analisi sommaria. Desidero poi sottolineare che, sebbene alcuni elementi abbiano una valenza generale, è pur vero che le notazioni che seguono sono il frutto di una osservazione della situazione italiana in particolare

Due interrogativi

Anzitutto un primo interrogativo: a cosa serve un concorso di composizione e perché lo si indice. In quasi tutti i bandi lo scopo dichiarato è incrementare il repertorio nella fattispecie di musica corale, in taluni casi mirando anche a mettere in luce nuovi autori giovani emergenti o comunque ancora poco o per nulla conosciuti. Vengono indetti da enti, fondazioni o associazioni che detengono una tradizione consolidata nel settore, oppure sorgono ex novo per iniziativa di associazioni corali o musicali in genere, lodevoli negli intenti ma non sempre consapevoli di ciò che comporta l’organizzazione di un concorso che garantisca un buon livello di affidabilità e interesse.
Secondo interrogativo: quali caratteristiche deve avere un concorso di composizione per apparire immediatamente “serio”. Due gli elementi che vengono in primo luogo considerati: la consistenza e la qualità dei premi (in denaro, pubblicazione o/e esecuzione dei lavori) e i componenti della giuria.
Se in denaro, i premi è logico che debbano avere una consistente dignità; l’eventuale pubblicazione dei lavori deve garantire una distribuzione che favorisca la circolazione dei brani (altrimenti a cosa serve pubblicare se poi i pezzi non diventano pubblici?); l’auspicabile esecuzione dei brani vincitori deve ovviamente essere a cura di cori e direttori di livello, e deve avvenire in contesti ufficiali.
La composizione della giuria costituisce poi elemento di estrema importanza e delicatezza, dato che è l’emblema stesso del concorso, dichiarando all’esterno quali siano le scelte estetiche, le conoscenze e per certi versi anche le competenze di chi organizza l’evento. Di un giurato non conta solo il valore artistico professionale, ma anche la sua visione della musica nel contesto attuale, e si comprende bene quanto ciò possa andare a determinare e condizionare i risultati di un concorso di composizione.
Sappiamo bene quanto, sia i premi che l’invito a questo o quel giurato, alla fine dipendono dalle disponibilità economiche di chi organizza: per offrire le tre tipologie di premi che abbiamo detto e per invitare giurati di livello bisogna disporre di adeguati finanziamenti.
Ora, realisticamente, quante associazioni, fondazioni o enti possono oggi disporre di mezzi che, al di là delle buone intenzioni, garantiscano il livello di un concorso di composizione corale? 

La materia prima dei concorsi

Veniamo ora a parlare della materia prima che costituisce un concorso di composizione, cioè i lavori presentati e la qualità degli stessi.
A questo proposito mi corre l’obbligo di una considerazione derivata anche, ma non solo, dalla mia esperienza in qualità di direttore artistico del Polifonico di Arezzo. È un dato di fatto che le musiche corali contemporanee eseguite nei concorsi sono sempre più omologate nello stile, nella costruzione e nel linguaggio, con una esasperata ricerca della difficoltà tecnica e dell’effetto che possa suggestionare chi ascolta lasciando poco o spesso nessuno spazio a un semplice ma ispirato momento di musica. Con altre parole diremmo che i brani contemporanei sono spesso costruiti per diventare strumenti con i quali esaltare la bravura tecnica di un coro, ponendo a margine ciò che invece dovrebbe essere il fine e l’essenza di ogni composizione, cioè, semplicemente, la musica.
Tale situazione, evidentemente anche per analogia, in gran misura si riscontra identica nel materiale presentato dai concorrenti: omologazione dei linguaggi, esasperazione della tecnica, omologazione persino della notazione musicale, con neologismi grafici, suddivisioni e spazializzazioni delle voci che spesso, quando non sono arte, vanno a colmare le scarse capacità di organizzazione del tessuto connettivo del brano.
All’opposto possiamo trovare tra il materiale presentato anche brani scritti con grammatica e sintassi melodico-armonica decisamente inattuale, e ciò potrebbe non essere una nota di demerito se le idee musicali espresse con tali mezzi fossero vive e ricche di interesse. Ma questo non accade quasi mai.

Bassissima percentuale di lavori validi

Dall’insieme di questi elementi spesso deriva una bassissima percentuale di lavori validi tra quelli presentati. Una delle prove è che molto di frequente non vengono assegnati i primi premi. Ma la conseguenza più grave è un’altra: abbiamo detto che una delle ragioni fondamentali dell’esistenza di un concorso di composizione corale è l’incrementare il repertorio a disposizione; ebbene, quante delle composizioni “vincitrici” di concorsi sono entrate nei repertori dei cori? Quante di queste composizioni, dopo una eventuale “prima esecuzione”, sono state rieseguite (per e con il piacere dei cantori e degli ascoltatori)? Quante copie delle “pubblicazioni” delle opere vincitrici sono state distribuite o addirittura acquistate?
Considerate le intuibili risposte a tali quesiti, evidentemente c’è qualcosa che non funziona e che va rivisto se si vuole che i concorsi di composizione acquisiscano o riacquisiscano pienamente la loro ragion d’essere

Possibile nuova formula

Una possibile nuova formula che stimoli una crescita di interesse per i concorsi di composizione da parte dei compositori, dei cori e perché no del pubblico, finora lontano da tutto ciò, potrebbe essere la seguente.
Teniamo presente che:
a) un concorso di composizione ha per suo scopo primario l’incremento e la diffusione di nuove musiche valide sul piano estetico-esecutivo e non solo come esercizio teorico-speculativo;
b) la cosa cui il compositore tiene di più, oltre al premio in denaro, è che la propria musica venga eseguita e sia dunque ascoltata dal maggior numero possibile di pubblico;
c) una cosa è, da parte della giuria, giudicare una composizione solo sulla carta e altro è giudicarla nella resa della viva esecuzione.
Considerato tutto ciò il concorso potrebbe svolgersi in due fasi: la prima in cui le composizioni vengono giudicate sulla carta da una giuria (ovviamente competente e qualificata) che opera una selezione e, a seconda delle disponibilità organizzative, ne sceglie un certo numero (almeno da tre in poi); questi brani selezionati vengono affidati per lo studio a uno o più cori, o a un coro laboratorio (anche questo, o questi, ovviamente all’altezza del compito) e in un secondo momento vengono eseguiti in pubblico, alla presenza di una giuria (uguale o altra rispetto alla fase precedente) che va a determinare il brano vincitore o i vincitori del concorso.
Altra variante potrebbe essere un premio parallelo determinato dal pubblico, che potrebbe confermare o smentire il verdetto della giuria…
È chiaro che tutto ciò comporta uno sforzo organizzativo ed economico maggiore e una programmazione a più lungo termine dell’attività concorsuale, ma i vantaggi sarebbero immediati, primo fra tutti quello di proclamare (o non proclamare) un vincitore dopo aver ascoltato il pezzo, dopo averne valutata praticamente la sua validità musicale e aver percepito l’accoglienza del pubblico; in altre parole aver toccato con mano se il pezzo “funziona” oppure no.
Ripeto, non è facile disporre di mezzi e strutture per organizzare un concorso con queste modalità, ma sono convinto sia una delle possibili e necessarie strade da percorrere per rilanciare il settore e rimotivare i compositori, giovani e meno giovani, a cimentarsi nell’ambito della composizione per coro, settore che, in particolare considerazione del panorama italiano, necessita di nuovi repertori ove la musica prevalga sulla suggestione della tecnica.

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