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Epitaphium
Cercare la poesia nel ricordo

di Roberto Brisotto
Dossier Compositore, Choraliter 71, settembre 2023

Il rapporto di un compositore con i propri lavori è, per quanto mi riguarda, ambivalente. Da un lato egli tende a rimanere affezionato a ciascuno di essi, semplice o complesso, ampio o breve, spontaneo o scritto su commissione: tutti rappresentano infatti una tappa del suo percorso artistico e, dunque, della sua storia di musicista e di persona. D’altro canto ce ne saranno inevitabilmente alcuni dei quali egli finirà per essere maggiormente orgoglioso o in cui si riconoscerà in modo particolare, a prescindere dal fatto che ciò avvenga per motivi inerenti all’aspetto tecnico-compositivo oppure a quello stilistico e della ricerca poetica.

A questo gruppo di composizioni “predilette” appartiene senza dubbio Epitaphium, brano per coro misto a otto voci e campane tubolari ad libitum, scritto nel 2017 per il 15º Concorso internazionale di composizione corale Seghizzi, dove risultò tra le quattro composizioni finaliste, selezionate dalla giuria per la categoria Musica Contemporanea del Concorso internazionale di canto corale dei due anni successivi.
Si tratta, in qualche modo, del “fratello maggiore” di un brano scritto ben undici anni prima, nel 2006, affine per testo, stile compositivo e contenuto emotivo; Eraclito, … per coro misto a quattro voci, su testo del poeta greco Callimaco, che vinse il secondo premio al Concorso nazionale di composizione corale Simone Gentile di Arezzo. Nel caso di Epitaphium, la scelta di una breve pagina del poeta Marco Valerio Marziale (38 o 41 d.c. - 104 d.c.) è stata determinata tanto dal regolamento del prestigioso concorso goriziano, che consigliava l’utilizzo di testi tratti dalla produzione letteraria di alcuni autori classici latini, quanto dalla forte impressione destata da un doloroso evento di cronaca, la morte di numerosi bambini nel mese di aprile 2017 durante la guerra civile in Siria, a seguito di bombardamenti con armi chimiche. Il componimento del grande epigrammista latino, celebre normalmente per la sferzante comicità della sua satira di costume, rappresenta in realtà uno dei casi meno frequenti in cui la sua poesia si apre a una dimensione più lirica ed elevata: l’epicedio per la bimba Erotion (Amoruccio), si distingue particolarmente per la commossa tenerezza e la delicatezza quasi pudica del tono, tanto da essere divenuto in breve una delle sue pagine più note e celebrate. Il poeta affida la piccola, probabilmente una schiava, agli spiriti dei propri genitori defunti perché, accompagnandola nel regno dei morti, abbiano cura che non si spaventi davanti all’oscurità e al terribile cane Cerbero e, facendole compagnia, la tengano allegra giocandoci insieme. Memorabile e toccante l’ultimo verso in cui Marziale si rivolge alla terra pregandola di non pesare sul corpicino della bimba visto che ella, così giovane e piccina, non le è stata certo di peso. 
L’epicedio per Erotion diviene, in Epitaphium, l’occasione per un omaggio corale non solo ai bimbi siriani uccisi, ai quali il brano è dedicato, ma a ogni piccola e innocente vita spezzata, in ogni luogo e in ogni tempo, dalla crudeltà umana; in questo senso, nonostante il testo secolare, il tono espressivo generale è assai vicino a quello di una preghiera. L’utilizzo ad libitum delle campane tubolari, oltre ad arricchire con un nuovo colore l’impasto timbrico, è finalizzato proprio a conferire una certa aura sacrale all’atmosfera generale

Il brano inizia in modo frigio e prosegue mantenendo fino alla fine un linguaggio di stampo modale, dal sapore genericamente arcaico ma scevro da qualsiasi riferimento stilistico a specifici modelli storici (anzi, aperto piuttosto a suggestioni armoniche e timbriche di sapore contemporaneo). La modalità, con la sua portata mnestica, intende qui diventare non tanto occasione per un’apertura a un’estetica neo-rinascimentale o neo-medievale, quanto mezzo per assurgere a una dimensione quasi atemporale, dominata da un delicatamente malinconico senso della perdita, della memoria e del ricordo, non solo quello individuale delle persone care che ci hanno lasciato ma, in generale, da quello collettivo di tutta la cultura e la storia umana che ci hanno preceduto. Così come nel testo, anche nella musica il dolore è presente ma, tranne alcuni punti, non in modo teatralmente drammatico, piuttosto stemperato e addolcito da e nel ricordo; pur in un contesto pagano, sembra di respirare una sorta di speranza che, con la morte, la vita non si sia semplicemente annullata e disintegrata ma possa trovare, in un qualche modo misterioso, una sorta di continuazione. L’intenzione è quella di evocare, soprattutto nel finale della composizione, quel tipo di sentimento che può capitare di provare, ad esempio, di fronte a uno splendido paesaggio naturale al momento del tramonto, misteriosa e fascinosa mescolanza di serena quiete e malinconica dolcezza; l’animo, colmato di bellezza, sperimenta una sottile ma persistente nostalgia, percependo ciò che contempla rapito come manifestazione di un’alterità sostanzialmente irriducibile a sé, destinata per natura a non essere mai pienamente posseduta. Così è un poco nella dolcezza del ricordo in cui, anche se sempre più debolmente, continua a esistere chi abbiamo amato e ora non c’è più. 

Il brano si sviluppa strutturandosi soprattutto sul testo, sulle immagini che lo attraversano e sulle vibrazioni emotive che da esso si propagano; nondimeno esso è attraversato da un motivo melodico principale, completamente presente solo nell’incipit, che fornisce il materiale melodico-intervallare a tutti i vari episodi della composizione dove riappare modificato, ampliato, ridotto, secondo un processo di libera germogliazione melodica. Questa sotterranea presenza tematica, unita a un colore armonico e a un andamento ritmico coerenti e piuttosto uniformi nonché al reiterato utilizzo di altri elementi compositivi, assicura al pezzo un senso di unità strutturale, senza il ricorso a nessun modello formale rigido o precostituito. La composizione può essere approssimativamente suddivisa in cinque parti, ciascuna modellata su diverse situazioni emotive suggerite dai versi.
La prima sezione introduce il motivo melodico principale in un clima sognante, ampio e sospeso, raggiungendo, attraverso una concentrazione ritmica e un inspessimento sonoro, il climax emotivo in corrispondenza dell’espressione «deliciasque mea» per poi calmarsi nuovamente; nel testo il poeta affida la bimba, «bacio mio, amore mio», ai suoi genitori.
Nella seconda, dove il testo introduce le immagini delle «nere ombre» e delle «bocche mostruose del cane infernale Cerbero», l’atmosfera si fa più minacciosa e scura prima e più drammatica poi, preparando l’apice sonora della sezione successiva.
In quest’ultima la scrittura si apre nella forma di un ampio e maestoso corale a otto voci in fortissimo, basato su un’amplificazione melodica del tema iniziale; una sorta di grido di dolore, esattamente dove il poeta ricorda come la bimba sia stata crudelmente strappata alla vita così presto, appena sei giorni prima del suo sesto compleanno. Questa esplosione emotiva trova un’amplificazione e un’eco nella triplice invocazione del nome della bimba, Erotion, realizzata attraverso accordi molto espressivi ma via via meno intensi.
La sezione successiva, in cui la trama sonora si dirada fino a limitarsi alle sole voci femminili che riprendono il tema principale e la linea melodica sembra quasi procedere con fatica e indecisione tra sincopi e ripetizioni, costituisce una sorta di collegamento con la coda; il testo qui recita: «spero che, in compagnia dei suoi vecchi protettori, giochi felice, che canti il mio nome con la sua voce balbettante».
La coda non solo reintroduce il clima sospeso, quasi onirico e senza tempo, dell’inizio ma lo rende progressivamente più tenue, dilatato e frammentato, conducendo lentamente il discorso musicale al suo spegnimento. In questa ultima parte il coro si spezza in due; alcune voci cantano omoritmicamente, interrotte da pause e silenzi, delle brevi e delicate frasi corali a quattro voci che richiamano l’inciso iniziale del tema principale, altre sussurrano, sillabandolo, il nome della bimba. È il momento del colpo d’ala poetico di Marziale: «Che un morbido cespuglio copra le sue tenere ossa e tu, terra, non esserle di peso: lei non lo fu per te». Le voci che sussurrano il nome di Erotion sembrano quasi quelle delle anime dei defunti che la chiamano dolcemente alla sua discesa nell’Ade; la ripetizione sempre più flebile, fino ad arrivare al bocca chiusa, dell’ultimo inciso melodico e delle ultime parole del testo («non fuit illa tibi») pare quasi sottolineare il suo allontanamento dal mondo dei vivi, la sua smaterializzazione e trasformazione in un ricordo, destinato non a scomparire ma senz’altro a essere reso sempre più tristemente diafano e incerto dallo scorrere del tempo. 

Epitaphium ha avuto la sua première al di fuori del Concorso Seghizzi per il quale venne scritto; non fu infatti scelto da alcun coro partecipante alla categoria Musica Contemporanea nelle edizioni 2018 e 2019 del concorso corale internazionale. La sua prima esecuzione avvenne il 7 marzo 2019 nella Endler Hall dello Stellenbosch University Konservatorium (Sudafrica) a opera del celeberrimo Stellenbosch University Choir diretto da André van der Merwe; lo stesso gruppo ne diede altre esecuzioni, sempre nel suolo sudafricano, delle quali purtroppo non esistono testimonianze né audio né video. Debbo dunque grande riconoscenza ai bravissimi artisti del Coro giovanile misto Emil Komel di Gorizia e al loro direttore David Bandelj per aver dato la prima esecuzione europea di questo brano a me tanto caro, il 29 gennaio 2020 presso la Chiesa della Santissima Trinità di Ljubljana, e per averlo mirabilmente eseguito in parecchie altre occasioni. Nella versione originale, con le campane tubolari, Epitaphium farà parte anche del loro ultimo cd antologico, in uscita nel 2024.

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