Quando il tempo inciampa
sui colori di un’altalena
e rimbalza e torna
sotto un’ombra di meridiana,
passa, insieme al cielo,
un’idea di pioggia
e un attimo di folaghe
in un senso di lontano.
E allora, intorno al mondo,
gira, sola, una ninna nanna,
ninna nanna senza sonno,
girotondo di albe e sere;
ninna nanna di un momento,
girotondo a mezzogiorno.
Ninna nanna, chissà dove…
Quando il tempo indugia
sulle insegne con tante stelle
e si spegne dentro
la risacca dell’universo,
lascio in ogni rosa
una mia domenica
di baci e di giocattoli
in un canto di domande.
C’è sempre bisogno di tregue. I giorni estremi ci avvicinano ai confini dell’impossibile e ci fanno percepire il limite delle nostre forze e delle illusioni consolatorie. Allora cresce in noi il bisogno di una tregua che possa trasformare il mondo in una culla, in una pace sospesa senza inizio e fine, in un pianeta che vaga nell’universo toccando casualmente incroci di giorni e di stelle, che accarezza con la certezza del mistero, che fa rimbalzare il tempo sui segni del bene. Per amare abbiamo bisogno di volare senza fatica e senza la necessità di un perché come sui colori di un’altalena. La tregua può essere una rosa dove lasciare gli abbracci, i giocattoli e le domande. La tregua può essere una ninna nanna senza sonno che non si sa dove nasce, dov’è e dove va, ma che infonde, come succede tra mamma e bambino, la fiducia di abbandonarci a occhi chiusi in un divenire delicato che intona il mezzogiorno di un presente migliore.
Le strofe in modo maggiore preludono a due ritornelli giocosi, vagamente vivaci e che rinforzano via via anche la sonorità del coro perché questa è una ninna nanna che non vuole chiamare il sonno, ma solo un’imprecisa felicità. Leggeri contrappunti su brevi sorprese armoniche creano un senso di danza sospesa.
Come ho avuto modo di illustrare nell’intervista, ogni canto può nascere in modo diverso. Trattandosi di una ninna nanna, si è indotti a pensare che il canto sia funzionale al sonno. Non si tratta di cliché alla moda: se si vuole far addormentare la piccola creatura, si deve cantare sottovoce, forse anche con misurate dissonanze, sicuramente con un andamento calmo, senza sussulti e guizzi improvvisi che otterrebbero l’effetto contrario all’addormentamento. Sicuramente sarebbe più che sufficiente una monodia.
In questo caso però si tratta di una ninna nanna speciale, “senza sonno”. Quest’ultimo pensiero, e lo si potrà vedere dopo la pubblicazione del canto, mi ha fatto sentire più libero e mi ha fatto seguire una strada meno confinata in aree limitate. Ho mantenuto un tempo di 6/8 che si addice al dondolio di una culla ma, dalle strofe descrittive, sono passato a due ritornelli più vivaci, con semplici rimandi contrappuntisti che giocano con le parole “ninna nanna”. Spero così di aver ottenuto una giusta miscela di vivacità e dolcezza, di leggerezza e dinamismo con lo scopo di cantare la speranza delle tregue che non sono necessariamente riposo inerte, ma soprattutto voglia di volare. In alcuni momenti l’incedere armonico mi suggeriva di sfruttare dei cromatismi piuttosto avvincenti, ma che ho preferito attenuare in nome di una sobrietà che più mi si addice.
La chiusura, secondo una formula che mi piace usare, si basa su un brevissimo richiamo del ritornello seguito dall’incipit del canto.