Un prodotto artistico, dunque, frutto di una lunga catena durata quasi un secolo che trova nella composizione di Antognini la summa di molte arti: poesia, letteratura e infine musica. Il racconto di Bradbury, come si accennava sopra, è di pura fantascienza. Ambientato in un ormai prossimo futuro – all’epoca della scrittura del racconto non lo era affatto – nell’agosto del 2026, ritrae una scena di desolazione in cui la razza umana è stata distrutta da una guerra nucleare. L’unica casa rimasta in piedi, in una cittadina della California, è un’abitazione robotica che continua a servire, ignara della loro assenza, i membri della famiglia che vi abitava i quali sono tutti morti. La casa sarà successivamente distrutta da una tempesta e un successivo incendio. Uno scenario apocalittico dunque, surreale e piuttosto macabro…
Ci si aspetterebbe di trovare una specie di “colonna sonora”, seppur in forma corale, adatta a questo scenario negativo, e invece… Antognini scrive una composizione nel suo stile, dando forse più importanza alle sue personali sensazioni ed emozioni di un racconto “ritrovato” in età adulta e letto per la prima volta in gioventù… scrive un brano che non si ispira al contenuto del racconto ma al testo poetico della Teasdale. Già il titolo suggerisce positive sensazioni: «soft» (leggere), «rains» (pioggie), la leggerezza e non lo scenario negativo che Bradbury ci racconta. La poesia della Teasdale è infatti l’opposto di ciò che ci si aspetta, di ciò che il racconto descrive. Bradbury inserisce la poesia della poetessa statunitense a metà circa della narrazione, dopo che i robot hanno servito la cena ai loro padroni e poco prima che avvenga la catastrofe che porterà alla distruzione della casa. Sembra quasi che Bradbury voglia creare un effetto “a contrasto”, per enfatizzare la catastrofe che subito dopo succederà, a distanza di poche ore nella successione dei fatti raccontati. Anche Antognini rende omaggio alla Teasdale scegliendo le sensazioni che la poesia dà e non quelle del racconto. Il compositore, infatti, si mette al suo servizio con grande maestria e attenzione al testo, a ogni parola in esso contenuta, si ispira alle sue immagini e ne crea una composizione di raro fascino.
Ecco il testo e, sotto, la relativa traduzione:
Verranno dolci le piogge e il profumo della terra,
e le rondini voleranno in giro col loro brillante canto;
e le rane negli stagni canteranno alla notte,
e i pruni selvatici biancheggeranno tremuli,
i pettirossi vestiranno le loro piume di fuoco
fischiando i loro capricci su un basso recinto di filo;
e nessuno saprà nulla della guerra,
nessuno si curerà alla fine quanto tutto sarà compiuto.
Nessuno penserà, né uccello né albero,
se l’umanità sarà completamente scomparsa;
e la stessa primavera, quando si leva all’alba,
saprà a malapena che noi ce ne siamo andati.
Ivo Antognini dedica il brano [anteprima PDF sul sito del compositore] ai bravissimi Desert Chorale di Joshua Habermann (Santa Fe - New Mexico) che l’hanno eseguita in prima mondiale.Il brano si divide in due parti. La prima parte (batt. 1-51) termina con le parole del testo «whistling their whims on a low fence-wire» e nella musica con l’esibizione di un fischio da parte di alcuni bassi. Nella seconda parte (da batt. 52 alla fine) la poesia racconta la scomparsa dell’uomo a causa della guerra: contrasta nettamente con la prima parte in cui si descrive una natura priva di negatività, piena di dolcezza. Tale bipartizione la si intuisce, oltre che dal testo, anche perché vi è una specie di ripresa che utilizza, infatti, il materiale tematico iniziale ma con alcune varianti.
Il soggetto iniziale – che chiameremo A – è basato su una scala ascendente di cinque note per grado congiunto sulla scala di re maggiore e affidato al soprano [fig. 1]. Con l’inizio della seconda parte di batt. 52 si ripresenta lo stesso soggetto ma nella tonalità di re minore [fig. 2].
In un’intervista a Ivo Antognini, con chi scrive, viene spiegata la scelta di un soggetto ascendente: rappresenta una sorta di pioggia “al contrario” che anziché scendere sale. È un evidente controsenso, un qualche cosa di surreale, ma serve a significare che non sarà tutto come sembra. La stessa poesia, che suggerisce immagini leggere, dolci e familiari, si inserisce in un racconto di fantasia con finale macabro e ne è un palese controsenso.
Sulla base di questa intenzione e dopo aver analizzato il brano, si scoprono qua e là continue contraddizioni o accostamenti contrastanti di idee. Tutta l’armonizzazione iniziale del soggetto tematico è in continua sospensione: l’autore adopera accordi di risoluzione con i rivolti e non arriva mai a concludere con un accordo allo stato fondamentale. Un’evidente contraddizione: si parla di «terra» nel testo ma si vuole fuggire dal banale madrigalismo per elevare l’armonia a qualcosa di evanescente, dando forse maggior importanza alle sensazioni, ai suoni e ai profumi che il testo suggerisce più che alle immagini concrete. Interessante l’apertura delle parti per moto contrario e una “virata” armonica molto efficace sul mi bemolle (batt. 11), che disorienta l’ascoltatore, per concludere di nuovo nella tonalità di re sul quarto grado in primo rivolto. Una specie di filo rosso”attraversa le prime venti battute: un pedale interno sulla corda di la, affidato al tenore che sostiene a “mezz’aria” tutte le altre voci siano esse più acute o gravi.
Da battuta 13 i soprani propongono una nuova idea melodica – che chiameremo B – basata su un salto di settima maggiore discendente che si sviluppa e ripete con delle piccole variazioni (salti di sesta o terza discendente nella testa del soggetto).
Da battuta 13 i soprani propongono una nuova idea melodica – che chiameremo B – basata su un salto di settima maggiore discendente che si sviluppa e ripete con delle piccole variazioni (salti di sesta o terza discendente nella testa del soggetto) [fig. 3]. Evidente madrigalismo sulla parola «night» (notte) nelle battute 19-21: lunghi accordi in diminuendo che regalano un senso di appagata quiete. Analoga situazione armonica, con lunghi accordi in omoritmia, ma in contesto completamente opposto, la si trova anche nelle battute 39 in corrispondenza della parola «fire»: qui, al contrario, le voci si caricano di una grande tensione (climax del brano) grazie a un efficace crescendo che conduce a un fragoroso fortissimo facendo raggiungere ai soprani il la acuto su un accordo di re con la dissonanza di nona affidata ai bassi (quinto rivolto dell’accordo di nona) [fig. 4].
Ma torniamo al periodo in corrispondenza dei versi «and the frogs» e del successivo «and wild plum».
Essi sono tra loro in relazione perché il secondo non è altro che una ripetizione del primo ma trasportato un tono sotto. È il soprano che determina lo spostamento dell’armonia un tono sotto: la nota con cui finisce il terzo verso, il si sulla parola «night», diventa una sorta di perno che permette di attaccare con la frase successiva con la stessa nota [fig. 5].
Questa caratteristica la ritroveremo un po’ in tutto il brano e, come vedremo, sarà quasi sempre affidata ai soprani. Qui gli accordi sono “succosi”, ricchi di fascino ed evocano affascinanti sensazioni. Essi sottintendono semplici triadi ma Antognini li maschera e li riveste di un abito assai seducente; per far questo divide costantemente le parti a due (altra cifra stilistica del brano). E si giunge così a battuta 33 che conclude il verso «and wild plum» e che termina con la parola «white» (bianco). Il compositore sceglie di dare molta importanza a questa parola: vi è un crescendo che porta al forte; la melodia dei soprani 1 e tenori 1 si eleva mediante un’ampia scala per gradi congiunti; l’accordo di fa maggiore sulla quale viene cantata la parola «white», corrisponde ai soli tasti bianchi del pianoforte; si nota in partitura l’accordo scritto con notazione diversa, l’asterisco e l’indicazione di esecuzione subito suss. e air only cioè senza produzione di suono intonato ma solo di aria; il sussurrato sulla consonante “s”, tra l’altro, ha sempre a che vedere con il termine «white» perché ricorda il rumore bianco che viene utilizzato anche per indurre il sonno nei bambini; infine: il numero 33, nella simbologia della tecnica energetica Reiki, accompagna solitamente un risveglio spirituale portando luce nelle zone oscure di se stessi. È come una lanterna accesa per tutti coloro che sanno gettare uno sguardo alle vette spirituali (da notare con ciò l’interessante analogia con il numero degli anni di Cristo nel momento della sua morte e resurrezione). Insomma, questo preciso punto del brano è un concentrato di positività [fig. 6].
Riprende ora il soggetto iniziale A (con indicazione tempo I) partendo dalla nota do e affidando, questa volta, la melodia – ormai familiare con le cinque note ascendenti – ai contralti.
Dal tono di fa maggiore si ritorna velocemente al tono di re mediante l’accordo di re nona che, come si diceva sopra, conclude sulla parola «fire» e che rappresenta il climax emozionale del brano.
Antognini ora introduce l’effetto del fischio, prodotto da alcuni bassi, per enfatizzare ancora una volta ciò che si dice nel testo (i pettirossi che cantano le loro ariette fischiando…) [fig. 7].
Sarà ripreso al termine del brano a rappresentare la presenza degli animali malgrado la distruzione dell’umanità
Notare l’efficace pedale di la, ai restanti bassi, che in relazione al re ne è la sua dominante ma che sostiene anche le successive armonie creando un effetto acustico “sospeso” (i pettirossi che stanno sospesi sul filo di una recinzione, tra l’altro bassa… ecco spiegato il motivo di affidare ai bassi il pedale) e dove la risoluzione sulla tonica è volutamente lasciata da parte (tant’è che alla fine della frase si conclude con una cadenza d’inganno al sesto grado abbassato, alias si bemolle).
Ancora una volta ai soprani il compito di introdurre la seconda parte e ancora una volta mediante una stretta relazione melodica tra ciò che vi è prima e ciò che seguirà. Come già detto sopra si tratta di una caratteristica ben presente nel brano, una sorta di ponte, di cerniera, che serve a creare unione tra gli elementi e in fin dei conti anche a facilitare l’esecuzione di chi canta a cappella e che non ha precisi punti di riferimento per l’intonazione. In questo preciso caso l’ultima nota infatti dei soprani era un re – seppur all’ottava acuta – e la nota con cui inizia la successiva frase è sempre un re.
Si riprende dunque, come già accennato all’inizio della nostra analisi, con il soggetto a ma l’accordo di partenza, e ciò che a esso segue, è minore. La scelta del minore per tradizione accompagna tutte le situazioni meno liete. Ora le armonie sono più strane, insolite, spettrali. Manca sempre più un riferimento tonale. Le frasi sono più corte con inizio quasi sempre acefalo, spezzettate qua e là da brevi pause (uso della figura retorica suspiratio). La sensazione all’ascolto ha qui un che di sinistro, torbido e angosciante… In corrispondenza della parola «bird» appare un piccolo melisma acefalo (una sorta di mordente realizzato con tre semicrome di cui la seconda di volta superiore rispetto alla prima e all’ultima) già apparso in corrispondenza delle parole «whims» a batt. 48 e della parola «shimmering» a batt. 10. Anche qui c’è una relazione intenzionale e precisa tra gli elementi: si parla in tutti e tre i casi di uccelli o di suoni o sensazioni che essi producono. Tra l’altro questo inciso melodico appare anche in corrispondenza del fischio anche se scritto con valori più larghi [fig. 8].
Con il prossimo verso «if mankind perished utterly» (se l’umanità sarà completamente scomparsa) il soggetto A, con le cinque note ascendenti, è affidato ai bassi che poco prima di enunciarlo vengono contrappuntati dalle altre voci con un sospiro sul fiato (rappresenta l’umanità che non esiste più, un ricordo di ciò che è stato, una vaga apparizione come se si stesse parlando del fantasma dell’umanità…). Subito dopo si ritrova il secondo soggetto B (quello con le settime discendenti) anche in questo caso affidato ai soprani ancora una volta con collegamento melodico con ciò che vi era prima (si lascia la frase precedente col si e si attacca la successiva con la stessa nota) [fig. 9].
A battuta 83 vi è un parallelismo di terze con una scala di cinque note ascendenti tra contralti 2 e bassi 2 sulla testa del soggetto iniziale A. Qui il madrigalismo facilmente intuibile: la primavera che si leva all’alba… la frase conclude su un fortissimo pieno con un accordo di si bemolle maggiore tredicesima in primo rivolto. Dal fa acuto dei soprani, ancora con collegamento melodico, si stacca la melodia che ci porta al finale [fig. 10].
C’è un po’ di indecisione negli attacchi delle varie parti che entrano e procedono a rilento e quasi in solitudine. Riprende il soggetto B, sempre a opera dei soprani, sulla parola «gone» (noi, inteso come umanità, ce ne siamo andati) e il fischio affidato ora ai tenori a voler sottolineare, come si diceva sopra, che la natura e gli animali sono rimasti ma l’essere umano non esiste più. Si ristabilisce proprio nel finale il rapporto con il re maggiore iniziale, e per l’ultima volta, vi è un altro collegamento melodico ai soprani che presentano la testa del soggetto B esposto per aumentazione, batt. 94, al quale segue la testa del soggetto A [fig. 11].
Si conclude su un dolce re maggiore nona a sei parti preceduta da una classica cadenza plagale con quarta e sesta di volta su pedale di re.
Quasi tutto il brano è impostato con un andamento ritmico su piede dattilico (nota lunga e due brevi) che dà il senso di stabile regolarità ed equilibrio. Solo in pochi casi vi sono frammenti acefali (inizio con pausa) e comunque sempre laddove il testo ne propone l’uso.
Suggerisco di leggere il racconto di Raymond Douglas Bradbury prima di approfondirne un ascolto o una più attenta analisi della partitura, di ascoltarne le versioni registrate e suggeritemi dall’autore e naturalmente di procurarsi la partitura. Infine ringrazio il caro amico Ivo Antognini per le preziose informazioni relative a questo bellissimo brano che merita attenzione e soprattutto di essere capito.
Courtesy of Alliance Music Pub