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Voci bianche in... concorso

di Floranna Spreafico
dossier "I concorsi corali", Choraliter 45, settembre-dicembre 2014

È noto come negli ultimi anni la coralità infantile si sia positivamente sviluppata nel nostro Paese, grazie a svariate tipologie di percorsi, promossi sia da associazioni culturali sia da istituzioni scolastiche; percorsi avviati da alcuni anni e che oggi stanno dando buoni risultati, particolarmente in alcune regioni italiane. Ritengo queste esperienze estremamente interessanti per la nostra coralità infantile. Ma parlare di voci bianche oggi implica a mio parere alcune riflessioni e considerazioni che mi hanno portata a operare una distinzione tra ciò che è un coro di voci bianche e ciò che è un coro di bambini. Infatti, le due tipologie si differenziano sia per costituzione, sia per le finalità che si prefiggono e che stanno alla base del loro operato. 

Nel coro di bambini l’educazione corale rientra nel più vasto campo dell’educazione musicale e viene proposta attraverso metodologie che guidano il bambino all’acquisizione dei fondamentali elementi di questo linguaggio, quali il ritmo, l’educazione dell’orecchio musicale, il coordinamento motorio, la decodificazione e interiorizzazione delle altezze.
Partendo da queste premesse, possiamo intendere per coro di bambini una realtà legata in modo particolare a quell’esperienza corale in cui ai piccoli coristi viene data l’opportunità di vivere in un contesto corale di base, come accade all’interno di percorsi di alfabetizzazione musicale attivati anche da alcune scuole: attività di fondamentale importanza – se proposte da insegnanti qualificati – che possono fungere da prerequisiti da cui poter partire per porre solide basi sulle quali costruire competenze e abilità necessarie al giovane corista per far parte di un coro di voci bianche, il cui obiettivo è, a mio parere, la produzione artistica di un certo rilievo.
Ed è proprio in questo passaggio che sta, credo, la difficoltà maggiore. Occorre allora cercare di far luce su quali siano gli ostacoli che non rendono sempre naturale la prosecuzione fra queste due realtà. In altri termini: perché molte delle attività corali per bambini non seguono quello che dovrebbe essere il loro naturale sviluppo, cioè la trasformazione in cori di voci bianche?
Credo occorra a questo proposito analizzare quale sia il contesto culturale e sonoro che oggi appartiene ai bambini e ai ragazzi, valutare ciò che assorbono musicalmente e acusticamente dal contesto mediatico, quale sia, in ultima analisi, il loro patrimonio vocale e corale. Non è difficile capire perché l’esperienza corale, a un certo punto, per diversi bambini, vada esaurendosi. Ed è in questo contesto che entra in gioco, a mio parere, la fondamentale presenza di direttori di coro non solo qualificati professionalmente, ma fortemente motivati, appassionati sostenitori di questa bellissima realtà e la cui energia possa guidare i giovani coristi nel momento particolarmente delicato della transizione da coro di bambini in coro di voci bianche.
Sappiamo bene come un direttore di coro che decida oggi, in Italia, di costituire un coro di voci bianche con finalità artistiche si trovi quasi certamente a dover partire dal nulla. Dovrà armarsi di dosi massicce di pazienza, e, ancora prima di poter avviare una basilare educazione di tipo vocale con i suoi bambini, si troverà a correggere o forse anche a cancellare atteggiamenti vocali errati: quegli atteggiamenti che i bambini assorbono dall’ambiente sonoro distorto in cui sono immersi, pesantemente influenzato anche dal mondo dei mass media che poco rispetto hanno per la voce e più in generale per il bambino in quanto persona.
Così il canto, che dovrebbe essere la forma di espressione più spontanea del bambino fin dalla più tenera età, è troppo spesso guastato da dannosi modelli di riferimento vocale che soprattutto i più piccoli, senza esserne consapevoli, acquisiscono dalla musica cosiddetta di consumo. La conseguenza di tutto ciò è che il canto corale, inteso nella sua dimensione vera e artistica, tende a essere una realtà remota per la maggior parte dei bambini.

Credo che alcune delle molle su cui far leva per portare i bambini a esplorare, prendere confidenza e impadronirsi di mondi sonori spesso a loro sconosciuti e lontani dalla loro quotidianità siano il loro bisogno di esprimersi e la vivacità da incanalare che trasmettono cantando, oltre alla positività che acquisiscono attraverso questo linguaggio. È una volta intrapreso e portato avanti questo percorso che un direttore può decidere di partecipare con il suo coro a un concorso. Diverse le motivazioni che possono indurlo a vivere questa esperienza: sappiamo che c’è chi vi si avvicina ritenendo queste occasioni importanti momenti di confronto con altre realtà simili, chi ritiene utile affidarsi al parere di una commissione d’ascolto qualificata, chi ancora desidera far conoscere a livello nazionale o internazionale le proprie scelte di ricerca e repertorio.
Presa questa importante decisione molti sono, per il direttore di coro, gli elementi da valutare attentamente, a partire dall’analisi dei regolamenti e dei bandi dei diversi concorsi, alcuni dei quali prescrivono anche scelte obbligatorie di repertorio, oppure stabiliscono che nell’esecuzione siano inseriti brani appartenenti a diverse e precise epoche storiche, brani a cappella o con accompagnamento strumentale.
Trattandosi di coro di voci bianche è fondamentale poi il parametro legato ai limiti di età, che spesso varia a seconda dei concorsi. Normalmente, nei concorsi internazionali vengono considerate voci bianche i coristi la cui età non superi i 16 anni, mentre i concorsi nazionali stabiliscono limiti di età inferiori e normalmente considerano voci bianche i coristi di età compresa entro i 14 o al massimo entro i 15 anni.
I regolamenti in molti casi stabiliscono anche un numero minimo e massimo di coristi, norma che può a volte mettere in difficoltà un coro costituito da un numero piuttosto esiguo di voci, che viene di fatto impossibilitato a prendere parte al concorso. Nel caso opposto – cioè quando il coro sia costituito da un numero di coristi maggiore a quello permesso – il direttore sarà costretto a dover selezionare chi portare e chi lasciare a casa, e ciò andrà a scapito della coesione del coro e dell’empatia tra i piccoli cantori.
In sintesi, in base alle richieste di repertorio dettate dai regolamenti, va definito il programma da portare al concorso.
Si può dire che il concorso cominci proprio da questa scelta, perché è attraverso ciò che il coro eseguirà che dovranno emergere il suo suono, le sue caratteristiche vocali, le sue potenzialità espressive e comunicative. Non solo: è anche attraverso la preparazione a un concorso, e quindi con lo studio dei brani da presentare, che i coristi possono avere l’opportunità di crescere musicalmente, affrontando le composizioni con un lavoro vocale, tecnico ed espressivo particolarmente approfondito.
Sono poi da valutare anche le questioni di tipo organizzativo e logistico, come ad esempio la distanza tra la propria sede e quella del concorso, e il momento dell’anno in cui il concorso è previsto. Si deve poi tenere in considerazione che i coristi sono studenti e potrebbero dunque doversi assentare alcuni giorni da scuola per prendere parte alla manifestazione. Sappiamo bene che non tutte le istituzioni scolastiche e non tutti gli insegnanti sono sensibili all’esperienza corale. Le assenze vengono a volte considerate ingiustificate e di ritorno da un concorso corale, magari dopo aver trascorso anche molte ore in viaggio, i coristi qualche volta si ritrovano a dover recuperare verifiche o interrogazioni perse proprio in quei giorni, pur avendo preventivamente avvisato le rispettive scuole del motivo dalla loro assenza.
Da ultimo, ma da valutare attentamente, sono anche le questioni di tipo economico, ossia il costo dei mezzi di trasporto e alberghi. Queste cause contingenti, soprattutto negli ultimi anni, in seguito alla crisi economica, hanno forse frenato la partecipazione di qualche coro a questi eventi.

Vorrei ora aprire una breve parentesi relativa al livello di preparazione dei cori italiani di voci bianche, rispetto ad alcuni cori europei ed extraeuropei che prendono normalmente parte ai concorsi corali internazionali.
Per i nostri cori di voci bianche può non essere semplice trovarsi a competere con cori che sono in grado di esprimere un livello tecnico e vocale altissimo.
È ben noto che i componenti di queste realtà provengono molte volte da ottime scuole musicali corali che nel nostro paese purtroppo, salvo rare eccezioni, non esistono. La struttura organizzativa di queste scuole e i piani di studi musicali pluriennali che questi coristi e coriste seguono li portano a conoscere profondamente il linguaggio musicale corale e ad acquisire di conseguenza quegli altissimi livelli artistici che permettono loro di affrontare con disinvoltura composizioni di notevole livello tecnico, per lo più improponibili ai nostri cori. Inoltre, quando si tratta di formazioni totalmente al femminile, la loro vocalità è molto più simile a quella dei nostri cori femminili, essendo in prevalenza formati da ragazze che sfiorano i limiti di età consentiti dai concorsi, ossia i sedici anni.
Sappiamo bene inoltre come molti dei bambini che hanno avuto la possibilità di formarsi musicalmente in questi contesti divengano da adulti eccellenti professionisti. Un esempio tra tutti: la formazione dei King’s Singers, gruppo vocale maschile oggi famoso in tutto il mondo, i cui componenti hanno iniziato il loro cammino musicale come fanciulli cantori nello storico coro del King’s College di Cambridge.
Penso sia importante, a questo proposito, preparare i nostri giovani coristi alla possibilità di incontri di questo tipo, con la proiezione, ad esempio, di video dedicati a queste formazioni, in modo che possano ascoltare con piacere le loro esibizioni e che non debbano esserne in qualche modo intimoriti.
Come ho già detto in apertura, i percorsi attuati negli ultimi anni hanno portato anche in Italia alla costituzione di validi cori di voci bianche, che stanno colmando la “distanza” tra le realtà degli altri paesi europei e il nostro. Ciò è merito, per la quasi totalità, dell’eccezionale lavoro, della caparbietà e della sensibilità di associazioni culturali e musicali che, credendo fermamente nel valore pedagogico, culturale e artistico del canto corale, sostengono con grande determinazione lo sviluppo di queste realtà, arginando alcune lacune istituzionali, soprattutto nel settore delicato della musica corale.
A questo proposito, personalmente ritengo disarmante e indicativo il fatto che nei piani di studi oggi in vigore in Italia nella scuola secondaria di primo grado a indirizzo musicale, come nei licei musicali, non sia prevista a livello istituzionale e legislativo l’attività corale. I nostri cori di voci bianche sono formati non da bambini e ragazzi che hanno superato una qualche selezione vocale, come spesso avviene all’estero, e che seguono regolari percorsi educativi musicali fin dalla più tenera età, ma da bambini e ragazzi che si avvicinano al coro per il piacere di cantare e che vanno guidati nell’acquisizione di una corretta educazione vocale, fondamento che li porterà ad affrontare con sicurezza il repertorio e ad appassionarsi in modo crescente al canto corale. Ciò deve avvenire nel giro di pochissimi anni, poiché un direttore di coro di voci bianche sa che, a differenza di ciò che avviene con le voci adulte, ha a disposizione solo un esiguo numero di anni per raggiungere questo risultato.
Ecco perché ritengo fondamentale la presenza di docenti preparati che sappiano avviare percorsi corali e musicali costruiti su solidi concetti di pedagogia vocale e corale. A tali docenti deve essere dato spazio e libertà perché possano coinvolgere e guidare i loro coristi, con sensibilità e competenza, alla scoperta delle potenzialità dell’espressione corale.
Sarà anche necessario tener conto di come i tempi di attenzione dei bambini di oggi siano forse più brevi rispetto a qualche anno fa, e di come questo elemento debba portare a strutturare le lezioni corali con opportune modalità, senza però rinunciare a un percorso di qualità. Se si considera che generalmente l’educazione corale di un bambino, anche nella migliore delle ipotesi, difficilmente inizia prima dei sei anni, e che a tale età la sua estensione vocale, così come la sua capacità di eseguire musica polifonica, sono certamente limitate, si può capire come le competenze e le abilità che deve acquisire rapidamente siano molte e non di semplice portata, in considerazione anche di un altro fenomeno attuale del nostro tempo: l’abbassamento dell’età in cui oggi si verifica la pubertà e quindi il cambio della voce.

Descriverei il cammino che può portare il bambino a divenire un cantore pienamente cosciente del suo ruolo di buon esecutore vocale come un percorso estremamente intenso, concentrato, rapido, di cui la costanza e la determinazione costituiscono gli elementi fondamentali.
Da diversi anni mi occupo di coralità, in particolar modo di quella infantile e di cori di voci bianche. Attualmente dirigo, oltre al coro di voci bianche e giovanili I piccoli cantori delle colline di Brianza di Rovagnate, il Coro di voci bianche Don Bosco, formazione nata nel 2013 all’interno dell’ics di Costa Masnaga (Lecco), costituita da una trentina di ragazzi della scuola secondaria di primo grado, nata dal progetto “Il coro a scuola: l’educazione vocale e corale nelle giovani voci”.
In particolare con I piccoli cantori delle colline di Brianza, formazione nata all’interno dei cori dell’Associazione Musicale Licabella di Rovagnate, di cui sono direttore artistico, ho vissuto in prima persona, in qualità di direttore di coro, l’esperienza della partecipazione a concorsi corali nazionali e internazionali, vincendone alcuni e ottenendo comunque sempre risultati lusinghieri, mentre con il Coro di voci bianche Don Bosco ho partecipato a un concorso riservato a cori scolastici, con il risultato che i ragazzi, che mai avevano preso parte a una manifestazione di questo genere, hanno vissuto con emozione l’evento e ne sono usciti fortemente gratificati, con la vittoria riportata nel concorso stesso.
Secondo la mia esperienza ritengo la partecipazione a concorsi corali determinante, in primo luogo per far conoscere il coro al di fuori dell’area geografica in cui solitamente opera. Inoltre, il pubblico che segue queste manifestazioni è formato anche da musicisti, da compositori, da esperti del settore. Ciò può favorire la futura partecipazione del coro a eventi corali importanti, nazionali e internazionali, come è stato anche per i miei Piccoli Cantori, e portare a sviluppi – a mio parere – importanti per la crescita umana e musicale di ogni corista e del coro stesso.
Attraverso queste esperienze i giovani coristi saranno portati a vivere percorsi notevoli, sia dal punto di vista musicale che umano, catapultati nel mondo corale a trecentosessanta gradi. Occasioni da vivere pienamente, che motivano fortemente il gruppo e contribuiscono ad appassionarli, rendendoli sempre più coscienti e consapevoli delle opportunità e del grande valore del canto corale.
Ho vissuto più volte i concorsi corali anche dal punto di vista di chi deve valutare queste realtà, essendo chiamata a far parte delle commissioni giudicatrici. In questa veste ritengo non sia cosa semplice poter cogliere nel giro di pochi minuti l’impegnativo e meticoloso lavoro che sta dietro a ogni esibizione, tenendo conto anche degli inevitabili momenti di tensione e di emozione che ogni competizione genera nei giovani coristi e a volte anche nei direttori.
Spesso mi è capitato, durante i corsi che sono stata invitata a tenere su tematiche relative alla coralità infantile, rivolti a direttori e insegnanti di cori di bambini o di voci bianche, di dover dare un mio parere rispetto alla positività della partecipazione a concorsi corali per questa fascia di età. In sintesi direi che ritengo i concorsi corali un’esperienza importante e stimolante, a condizione che l’aspetto competitivo non diventi prevalente nel direttore, nei coristi, nelle loro famiglie.
Credo debba essere vissuto come un’esperienza di crescita, in primo luogo musicale e culturale, che può dare la possibilità di migliorare la propria preparazione.
Credo che il concorso possa essere inteso come un’opportunità viva e arricchente, quasi come un premio alle difficoltà concrete della preparazione per i bambini d’oggi, impegnati in mille attività extrascolastiche e non sempre disposti a concentrare la loro attenzione su un linguaggio che richiede costanza, dedizione, tempo e che non dà risultati a breve termine.
Credo, infine, che il modo migliore di agire per un direttore che operi con i bambini oggi resti quello di riuscire a trasmettere la grande passione per la musica, di guidarli attraverso questo linguaggio nella loro crescita e di valorizzarli con onestà, cercando di far loro comprendere l’importanza fondamentale dell’impegno, della costanza e della collaborazione.
Sono sempre stata convinta che ai ragazzi si possa chiedere molto, perché molto sanno dare; che direttore e coristi crescono insieme, grazie allo scambio continuo di stimoli e ai piccoli risultati quotidianamente raggiunti; che per ogni bambino sia importante scoprire, insieme alla sua vera voce, la musica che è in lui e le grandi potenzialità espressive che essa gli offre. Vorrei concludere con un breve pensiero tratto dalla mia tesi di laurea in musicologia, dedicata alle voci bianche, che ha per titolo Musica nei verdi anni (conseguita al conservatorio di Milano, relatore il maestro Irlando Danieli e correlatore il maestro Giovanni Acciai):

«Mi piace pensare a un direttore di coro per bambini come a un esperto intagliatore di legno che nel silenzio nella sua baita di montagna, con calma e con dolcezza, ma senza mai fermarsi, senza scoraggiarsi, senza mai dimenticare da dove è partito e dove vuole arrivare, attimo dopo attimo crea e vede crescere la sua scultura. Non importa quanto tempo occorrerà: il tronco a poco a poco si trasformerà in un’opera d’arte: è così per un pezzo musicale che, appena abbozzato, prova dopo prova esce dal pentagramma e si fa suono e bellezza attraverso le voci, e in particolare attraverso le voci dei bambini; è così per il bambino corista che a poco a poco, proprio nella valorizzazione della propria personalità, diventa una cosa sola con gli altri bambini coristi, fondendo la sua voce e la sua persona per creare e ricreare ogni volta quell’incanto e quella poesia che solo la musica, in particolare la musica corale, sa trasmettere. Meglio ancora se a trasmettercela sono proprio i bambini» [cap. VII, pag. 69]. 

E anche l’esperienza del concorso, al di là delle classifiche e delle graduatorie, può, a mio parere, essere un valido aiuto, per direttori e coristi, nell’intenso percorso che porta i ragazzi alla conquista di questi importanti obiettivi e a vivere sempre più pienamente e consapevolmente la musica corale. 

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