Racconterà la storia, le emozioni e le avventure di centinaia di cori italiani, senza limiti di organico e repertorio. L’autore del programma è Paolo Taggi, che nella sua lunga carriera ha lavorato per le principali emittenti italiane, ideando trasmissioni di successo e adattando format internazionali. È stato tra gli autori di Domenica in, Per un pugno di libri, Stranamore, Il grande talk, Mina contro Battisti, La Talpa e di molti altri programmi di larga diffusione. La sua attività didattica e di saggista si concentra sui meccanismi dei media, con particolare attenzione ai format televisivi e alla scrittura per la televisione. Ha lavorato per Rai, Mediaset, Telemontecarlo, Real Time, Mtv e diretto il Laboratorio Creativo Endemol, Rai Futura, Laboratorio 5 e la Scuola Autori Rai. Oltre alla lunga collaborazione con la Rai, ha ideato e curato anche numerosi programmi per Tv 2000, tra i quali La canzone di noi, che è anche il suo primo avvicinamento al mondo dei cori, continuato per la Radiotelevisione della Svizzera Italiana con la fortunatissima trasmissione Bande e Cuori, in onda dal 2016 nella stagione invernale in Access Prime Time e la sera di Capodanno. Lo abbiamo incontrato per capire meglio i contenuti del nuovo format.
Quale sarà la struttura del programma?
Si articolerà in tre fasi. Nella prima ogni coro avrà mezz’ora per raccontarsi. Non chiederemo la storia ufficiale che si può riassumere in una scheda; quello che ci interessa è il vissuto di ogni coro, quello che non si stampa sui programmi di sala. Ci interessano i cori perché sono, prima di tutto – ma non solo – un ricchissimo catalogo di storie e di incontri. I racconti si alterneranno a quattro brani scelti per presentare il gruppo e il repertorio che lo caratterizza. Vogliamo far emergere momenti di umanità, perché in fondo ogni coro assomiglia nelle sue dinamiche a tutti gli altri, ma rappresenta al tempo stesso la fusione di molte personalità che lo rendono unico. Anni fa, guardando il film Una canzone per Marion, ho pensato a quante storie possano ruotare attorno a un coro e così è nata l’ispirazione per il programma. In un’epoca di story telling i cori possono diventare una fonte inesauribile di racconti interessanti. Ricordo di avere incontrato in passato un coro svizzero che ha deciso di offrire un concerto di solidarietà in Umbria dopo il terremoto. Durante la serata una porta ha sbattuto improvvisamente e in quel momento la paura per una possibile scossa ha fatto capire ai coristi il vero senso della loro presenza in quel luogo e la vicinanza con le persone che avevano provato quell’esperienza. L’atto di solidarietà è diventato così parte del loro vissuto. Questa è una delle tante storie collettive che i cori possono raccontare e che possono essere anche molto più semplici e quotidiane: storie di rapporti umani, di radicamento nel territorio, di esperienze importanti.
Nella seconda fase si passa invece dalla presentazione alla competizione.
Una giuria valuterà in un primo tempo tutti i materiali registrati per poter esprimere un giudizio. Volendo mantenere un livello alto di giuria, che sia riconosciuto dagli esperti del mondo corale e che abbia una rappresentatività pubblica, non possiamo infatti immaginare che questi professionisti possano dare disponibilità per tutte le puntate, quindi occorrerà rendere più agile la prima fase e poi concentrare le selezioni. Si creeranno classifiche e sulla base del numero di cori partecipanti decideremo quanti potranno essere ammessi alla finale. La classifica prevede tre categorie: repertori classici, pop, voci bianche e giovanili. Nella fase finale, come nei talent, i partecipanti si esibiranno in tre prove. Sulla base di criteri televisivi, chiederemo ai cori di portare un cavallo di battaglia, un pezzo che non abbiano già presentato del loro repertorio abituale e un brano scelto dalla giuria, che li metta alla prova in un ambito per loro inedito. Il premio finale sarà una prima serata interamente dedicata al coro che risulterà vincitore assoluto, con insert degli altri vincitori di sezione.
Chi valuterà le esibizioni dei cori?
La giuria sarà composta da un personaggio televisivo riconoscibile, da un rappresentante della produzione e degli editori (chissà, magari io stesso) e da un tecnico segnalato da Feniarco per ogni categoria.
Il momento competitivo richiede sempre una strategia, ma essendo valutati (sia da casa che in studio) anche da chi si soffermerà su valutazioni di appeal televisivo, forse è il caso che i cori partecipanti adattino la propria quotidianità corale a questo tipo di esigenze, apprezzabili anche dal pubblico che abitualmente non frequenta la musica corale?
Esatto. Nella parte finale prevediamo anche un televoto in diretta. Io ho grande fiducia nel giudizio popolare: fino a quando, come in questo caso, gli interessi sono importanti ma non legati a logiche commerciali, si tratterà di un giudizio vero. Chiediamo ai cori partecipanti di essere autentici, ma nelle loro scelte sarà utile considerare che in televisione la capacità di suscitare emozioni gioca un ruolo importante. Lo dico per esperienza: ricordo un programma dedicato alle famiglie, Dove ti porta il cuore, con Milly Carlucci, per Rai 1, dove non vinceva mai la famiglia perfetta, ma quella più empatica, quella che sapeva esprimere la sua essenza profonda, magari contradditoria, a volte anche fuori dagli schemi, ma sempre sincera, vera, autentica. Anche per i cori sarà così. Arriveranno al cuore della gente (anche in regioni lontane da quelle in cui operano solitamente) unendo capacità artistiche, impegno, entusiasmo, passione e voglia di raccontarsi e mettersi in gioco attraverso la musica e quello che la musica permetterà loro di esprimere. Quando ad esempio un brano ha un legame con la storia e l’identità del coro che la esegue, il valore emotivo della performance si moltiplica in modo esponenziale. Quindi un buon consiglio potrebbe essere scegliere brani nei quali il coro si identifica. Tutti i format televisivi di successo del mondo parlano di sentimenti universali. Vanno oltre la lingua e le differenze culturali. Le canzoni fanno questo da sempre: sviluppano emozioni, tanto più forti se chi ascolta si accorge che chi le esegue le sente, le ha provate, ci si riflette. Allora all’ammirazione che suscita la capacità tecnica si somma un immenso valore aggiunto: il vissuto, appunto. Che non è gossip e non fa leva sul voyeurismo o sulla sfrenata volontà di esibirsi, ma sulla profonda umanità che tutti i cori sanno esprimere. Il tutto attraverso un meccanismo molto semplice. Perché i format migliori sono basati su sensazioni immediate, riconoscibili, che superano ogni barriera e distanza.
La registrazione delle singole presentazioni avverrà negli studi televisivi, ma certamente l’anima dei cori è legata anche ai luoghi dove vivono, provano insieme, si esibiscono. Sarà possibile far vedere anche queste immagini?
Gli studi di registrazione per questa prima edizione del programma saranno quelli di Milano (sede di Telelombardia/Antenna 3 Lombardia) e San Biagio di Callalta (sede di Antenna 3 Nordest). Chiaramente sarebbe impossibile mandare un nostro operatore da ognuno dei cori partecipanti alla prima fase. Le registrazioni saranno in studio, ma siamo pronti a elaborare i video che i cori vorranno inviarci nel caso abbiano al loro interno persone in grado di realizzare brevi clip, anche con cellulari. È nostra intenzione, in accordo con Feniarco, fare di questa trasmissione un appuntamento fisso nei palinsesti, magari coinvolgendo alte emittenti in futuro. Stiamo pensando già a una o due giornate di formazione in cui i nostri tecnici potrebbero fornire agli appassionati di video proposti dai vari cori gli strumenti per realizzare in autonomia materiali audiovisivi che potranno servire loro non solo per il nostro programma, ma anche per la loro attività social. Comunque per le fasi finali è previsto che le nostre troupe raggiungano i cori partecipanti per realizzare immagini là dove provano, vivono, hanno i loro amici e i loro fan.
In quali elementi riconosce il potenziale televisivo specifico dei cori?
Ce ne sono almeno tre. In primo luogo il coro è rappresentativo del territorio in quanto autobiografia collettiva. Quindi il coro è un prisma per raccontare in modo spettacolare ma rispettoso i paesaggi umani del nostro Paese. In secondo luogo vediamo i cori come una forma di aggregazione moderna – non datata – anzi proiettata nel futuro per la sua capacità di integrare le persone (in senso geografico e anagrafico) oltre le ideologie e le parole al vento. Il coro è un esempio concreto di integrazione nei fatti, attraverso la musica. L’elemento intergenerazionale mi affascina molto ed è poco raccontato, in generale. Forse riguarda soprattutto i piccoli centri. Nelle grandi città è molto raro che un giovane frequenti gli stessi luoghi dei più anziani. Andando a prove insieme si scambiano due parole, che diventano poi consigli e confidenze, in uno scambio oggi sempre più raro. Per questi motivi siamo convinti che il nostro nuovo programma sarà una doppia occasione di incontro: tra i cori stessi, tra i cori e la loro gente che vedendoli su televisioni di macroregioni con diffusione nazionale li guarderà con occhi nuovi, tra i cori e un pubblico che senza dubbio imparerà ad amarli. In questo senso sono sicuro che l’elemento competitivo, seppure importante, non sarà l’unico motivo di interesse, e che le storie e le persone che racconteremo saranno più importanti del risultato finale. Parafrasando un celebre film, siamo sicuri che ogni coro, dopo la puntata che gli è stata dedicata potrà dire «stasera ho vinto anch’io».