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Rodari in musica
Consonanze di parole e note

di Elisabetta Garilli
Finestre, Choraliter 63, gennaio 2021

Gianni Rodari: poeta, scrittore, pedagogista, giornalista, dedicò la sua vita a costruire un patrimonio culturale educativo, scrivendo e dedicandosi alla creazione di storie per l’infanzia. Nel 1970 ricevette l’importantissimo Premio Hans Christian Andersen.

È con parole tratte dalla sua Grammatica della Fantasia - Introduzione all’arte di inventare storie, edito per la prima volta nel 1973 da Einaudi, che decido di aprire questo articolo dedicato a colui che per me è maestro di composizione, per festeggiare i cento anni dalla nascita: «Un sasso gettato in uno stagno suscita onde concentriche che si allungano sulla sua superficie, coinvolgendo nel loro moto, a distanze diverse, con diversi effetti, la ninfea e la canna, la barchetta di carta e il galleggiante del pescatore…».
La musica è l’espressione del movimento, del disegno ritmico, dei segni che si esprimono in suoni; tutto questo è in Gianni Rodari. In lui vive il pensiero melodico, ritmico, armonico, il pensiero compositivo e l’incontro con l’io bambino. Questo pensiero Rodari lo testimonia in ogni suo testo. Potremmo così scegliere di leggere le sue filastrocche, le sue poesie, i suoi racconti come se fossero una grande partitura: al posto degli strumenti, suggerirei allora di chiamare, a interpretare la composizione, i suoi personaggi, ed ecco che il quadro si esprime in una sorta di sinfonia di parole disegnate e realmente concertate.
Chi studia musica, dovrebbe studiare Rodari. Nel suo pensiero vi è l’incontro con i generi musicali. Rodari vive la parola come una ricerca di incontro e di conoscenza, la consonanza, la dissonanza, la ricerca della nota blu. Il classico o il contemporaneo, tutti i generi viaggiano fra le storie fantastiche, le favole e le filastrocche; Rodari in letteratura fa quello che hanno fatto i grandi compositori in musica: ascolta e vive il suo tempo, facendo e ricercando, usando un intuito e un’ironia unici, capaci di muovere musica nelle parole.

Il maestro suggerisce straordinarie lezioni di musica fatte con e per i bambini e le bambine. È indubbio che Rodari conoscesse la musica: il suo linguaggio non lo si chiude in un cassetto con un’etichetta, ma ci mostra come la conoscenza possa trasformarsi costantemente in creazione. Nel Libro degli Errori, con le illustrazioni di Munari, edito da Einaudi Ragazzi, Rodari ci regala una lezione di didattica musicale straordinaria e ci mostra il suo sconfinato piacere nel divertirsi e nell’essere ironici dentro la conoscenza. Il racconto che segue potrebbe trasformarsi in una lezione dedicata al pentagramma, che accompagna i bambini a sperimentare e capire il codice del linguaggio dei suoni:

«C’era una volta un re senza corona. Era la seconda nota della scala musicale, abitava proprio sotto il rigo, e per combinazione vedeva al piano di sopra un “mi” che aveva una corona grossa così. Sapete, i musicisti mettono un segno detto “corona” su certe note, per far sapere al suonatore: “Questa nota coronata puoi tenerla lunga quanto ti pare, fin che basta il fiato…”. Così può capitare che ce l’abbia un “sol”, ma questo è spiegabile, perché è la quinta nota della scala musicale, e la quinta nota si chiama anche “dominante”. E può capitare che un “re” non ce l’abbia affatto. La stragrande maggioranza dei “re” musicali non l’hanno mai avuta la corona e non se ne sono lamentati con nessuno. Ma questo re si lamentava e non ne voleva sapere. “L’autore – egli diceva – mi ha trascurato indegnamente. Darò le dimissioni”. Difatti si dimise e se ne andò. Al suo posto, rimasto vuoto, l’autore dovette mettere il segno di pausa. Ora, quando suono quel pezzo sul mio violino, giunto in quel punto debbo fare un attimo di silenzio in ricordo del re scontento».

Attraverso questo racconto Rodari ci dice anche di sé e del suo violino. Non solo amava la musica ma la conosceva da vicino. Rodari suonava il violino ed è bello pensare che per lui la scelta sia capitata su uno strumento ad arco, quello più vicino alla riproduzione della voce umana. Proviamo per un momento a pensare come il suo orecchio si sia formato, ascoltando il movimento del suono: suonare il violino non è certo cosa semplice e, spostando anche solo lievemente dalla posizione il dito sulla corda, il suono cambia velocissimamente; potremmo dire cambia la vocale e più si sposta più si formulano nuove parole. Questo mi invita a riflettere sull’intonazione delle sue filastrocche, sulla sua ricerca delle parole che è molto simile al lavoro minuzioso e attento che un violinista fa nello studiare e suonare una melodia, nel posizionare il dito sulla corda, per intonare le note correttamente e per permettere all‘orecchio di adattarsi… Così fa Rodari con noi: accompagna il nostro ascolto in una costante e meravigliosa costruzione d’intonazione e di risonanza con i nostri stati d’animo, i nostri pensieri, le nostre domande.

Rodari ci mostra un mondo musicale che si incontra nell’esplorazione dei suoni attraverso gli oggetti e porta i bambini a essere veri esecutori. Esplorare per conoscere, sensibilizzarsi al gusto, al piacere di incontrare il suono ma anche di capire con quale strumento io risuono. Ci parla di partiture disegnate e non scritte ed è chiaro che la musica che lo attraversa è anche quella dei contemporanei, come Berio e Stockhausen, che lui stesso nomina nelle sue interviste.
L’attenzione al suono, agli oggetti che incontriamo nella nostra quotidianità come strumenti, può permettere al bambino di scrivere un viaggio musicale affidando a questi semplici elementi il ruolo di esecutori principali e di veri protagonisti narrativi. In Rodari la curiosità è un motore di ricerca, strumento necessario per chi desidera conoscere e applicare la conoscenza.
Cosa significa cantare e intonare Rodari? Sempre nel Libro degli Errori inizia alcune straordinarie storie con «E questa è la canzone…»: ecco che subito l’orecchio si attiva. Che melodia suona? Come canteremmo questi brani? 

Tonino l’Obbediente

E questa è la canzone
di Tonino l’Obbediente.
Tanto bravo, però
di sua testa non fa niente.

Se gli dicono, Cammina,
lui balza in piedi e va.
Se gli dicono, Alt,
si ferma e fermo sta.

La sfida, che il tentativo di far incontrare la poesia di Rodari con la musica implica, ha affascinato tanti compositori: chi si cimenta deve superare la soggezione verso chi per primo ha dato voce e note al grande Rodari. Alcune interpretazioni e scritture rimangono nella memoria collettiva per quel modo di fare musica gentile, educato, ironico, armonicamente fiabesco.
Sergio Endrigo, cantautore italiano di estrema sensibilità, nel 1974 contattò Rodari esprimendogli il desiderio che scrivesse per lui i testi dell’album che stava programmando: un disco di canzoni per bambini. In questa produzione, Endrigo si avvalse del supporto di un grandissimo musicista argentino che arrangiò per lui i brani: Luis Bacalov, pianista, compositore, direttore d’orchestra.
La collaborazione fra questi immensi artisti dice molto di come il mondo dell’infanzia venisse considerato, di come i bambini fossero messi al centro dei loro pensieri, riconsegnando loro altissima qualità. Rodari accettò di far parte del nuovo progetto di Sergio Endrigo, fornendogli una ventina di testi da musicare: di lì a poco nacque Ci vuole un fiore e, grazie a questa collaborazione, le parole di Rodari vivono nella voce di Endrigo e, dal 1974 a oggi, in quella di tanti adulti e bambini che si trovano a cantare insieme.

Altra grande protagonista che conferì bellezza interpretativa ai testi di Rodari è Lucia Mannucci, splendida voce solista del Quartetto Cetra, che cantò e interpretò Le favole dove stanno, messe in musica da Savona. Come Endrigo, la Mannucci portò al grande pubblico e nella vita di molti la scrittura di Rodari.
Da qui in poi il viaggio di tanti compositori che hanno riconosciuto in Rodari un maestro di musica d’eccellenza. Il codice del linguaggio dei suoni continua a prendere forma su uno spartito e nelle parole che vengono intonate cantate. Intensità, durata, timbro, altezza, ritmo, melodia e armonia compiono un passaggio, trasformandosi da voce che narra a voce che canta.

«…C’è tutto un paese musicale che contiene la casa pianoforte, la casa celesta, la casa fagotto. È un paese orchestra. La sera gli abitanti, suonando le loro case, fanno tutti insieme un bel concerto prima di andare a dormire…»

(Gianni Rodari, da La Grammatica della Fantasia)

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