Chi sono i Tölzer, come lavorano, come avviene il reclutamento, come si strutturano le prove?
Il nome ricorda il luogo in cui il coro è stato fondato nel 1951, una località a Sud di Monaco di Baviera. Ora il coro opera nella città di Monaco. Non è legato a un convitto come molte altre realtà ma è formato da bambini che provengono da luoghi diversi. Questa dimensione permette ai bambini di frequentare il loro ambiente, la loro scuola e di inserire l’attività corale in un ritmo di vita normale, nonostante la straordinarietà dell’esperienza che vivono. Comporta anche, per il reclutamento, un grande lavoro sul territorio: sono circa un centinaio le scuole che formano una complessa rete sulla quale agiscono i Tölzer. I bambini frequentano le scuole scelte dalle famiglie e le scuole stesse mettono a disposizione le loro prime classi (iniziare presto, come vedremo poi, è per loro essenziale) in cui i nostri insegnanti possono fare alcune lezioni di musica. A seguito di queste lezioni sono individuati i bambini più dotati che, dopo essere stati ascoltati singolarmente sono invitati a entrare nel coro. I bambini che entrano a sei anni vanno a costituire quello che è chiamato il Coro 4 e poi, anno dopo anno, percorrono i diversi livelli fino ad arrivare al Coro 1, la formazione protagonista di centinaia di concerti in tutto il mondo. Il Coro 1 è formato da circa settanta bambini e per ogni concerto sono scelti quelli che in quel momento sono i più preparati e hanno la migliore condizione vocale. Si innesca tra loro una sana competizione che li sprona a lavorare meglio, ad ascoltarsi e a essere severi e critici con se stessi. Il lavoro del coro è strutturato in due prove settimanali da due ore e in un’ora settimanale di lezione individuale. La preparazione è svolta da maestri che seguono un metodo particolare maturato in anni di esperienza e di lavoro con le voci dei bambini. Il metodo di lavoro è segreto… è stato tramandato dal fondatore Gerhard Schmidt Gaden e si è sviluppato negli anni con molta pratica e pazienza. Lavorare sulle voci di ragazzi è molto diverso che farlo sulle voci adulte. Il nostro modo di lavorare non forza la voce ma la accompagna e, in quattro anni, i bambini sono portati a un livello che permette loro di cantare opere e concerti importanti. Ogni bambino è seguito singolarmente a seconda delle caratteristiche della propria voce. Eventuali difficoltà o problemi vocali sono facilmente risolvibili: i bambini si approcciano al canto in maniera giocosa, senza i blocchi che invece sono più tipici delle voci adulte e assorbono con grande facilità quanto viene loro proposto.
Il coro fu fondato nel 1951 con degli obiettivi precisi. Perché questa scelta?
L’idea che sta alla base di questo coro e il motivo per cui è stato fondato è la constatazione che molti repertori, soprattutto barocchi ma non solo, erano scritte per bambini ma non più sostenibili dai bambini stessi e sostituiti da voci femminili. La sfida di Shmidt Gaden fu quella di lavorare con i bambini in modo che potessero arrivare a un livello vocale e musicale capace di sostenere quei repertori anche da solisti. Per arrivare a questo è necessaria la cura della voce e della preparazione musicale, è fondamentale suscitare l’interesse e la passione per un fare musica che è corale, per un repertorio alla fin fine adatto ai bambini perché scritto per loro. Il lavoro sulla voce sta naturalmente alla base di tutto il programma didattico nella convinzione che per avere grande volume non sia necessario avere un grande numero di cantori come ancora comunemente si crede. È principalmente sulle voci che ci si deve concentrare, non sul numero dei cantori. Anche Bach aveva pochi cantori eppure la Mattheus Passion, i Mottetti sono stati scritti per poche voci e per voci di bambini che possono riappropriarsi di questo repertorio e renderlo al meglio. Per noi Bach, Mozart sono autori fondamentali perché insegnano molto ai ragazzi che sono recettivi molto più dei giovani adulti.
Ricordo una breve conversazione con Gerhard Schmidt Gaden a Udine alcuni anni fa, prima di un concerto in cui i Tölzer eseguivano i Mottetti di Bach. Rimasi folgorata da alcune affermazioni del maestro che, alla mia domanda, forse banale, di come fosse possibile insegnare ai bambini quel repertorio così straordinario disse che era semplice, perché Bach aveva già scritto tutto e i bambini lo sapevano. Ho apprezzato questo rispetto per i bambini e per la loro sensibilità e la fiducia nella loro competenza. Dietro al “metodo segreto” quindi non c’è solo tecnica ma grande attenzione alla crescita musicale dei bambini, all’ascolto e alla valorizzazione delle loro competenze.
La nostra non è una struttura rigida, i bambini hanno grande libertà anche nell’esprimere le loro idee musicali, nel suggerire come affrontare le frasi, i crescendo, i diminuendo, nell’esprimere pareri sul repertorio proposto. Il lavoro di crescita musicale è fondamentale e passa per diversi livelli: dal canto all’unisono nel Coro 4, dove obiettivo principale è mettere assieme diverse voci che ancora non si conoscono, all’affrontare il repertorio da concerto che viene affinato sempre di più a vari livelli. Quando i bambini affrontano il concerto sono pienamente consapevoli di quello che stanno cantando ma soprattutto sono consapevoli delle loro potenzialità e che possono farlo e farlo al meglio. Ognuno di essi è messo in grado di cantare da solista e questo nella piena libertà e tranquillità e senza alcuna forzatura. Quando cantano questo si vede e si sente. Sono contenti di cantare e lo dimostrano. Il coro è stato fondato anche per portare i ragazzi a cantare su palcoscenici importanti con cantanti e direttori di fama. Nel corso di un anno il coro e i solisti sostengono più di duecento concerti in tutto il mondo e sotto la direzione di grandi direttori. La preparazione dei Tölzer fa sì che siano ricercati a livello internazionale per partecipare a produzioni operistiche e concertistiche importanti.
Torniamo al territorio, al sistema di scuole che sostiene il coro. Avete costruito una rete che coinvolge un gran numero di scuole che solitamente, almeno in Italia, sono piuttosto difficili da coinvolgere. E che sostiene una realtà artistica, culturale e formativa di eccellenza.
Non è stato semplice. All’inizio ci si è scontrati con diffidenza e perplessità. Con pazienza e metodo si è riusciti negli anni a far comprendere l’importanza del lavoro che i Tölzer portano avanti con la loro attività. Pian piano le scuole hanno riconosciuto l’importante e complesso lavoro che i ragazzi sono chiamati a fare e a rendersi conto che era importante sostenerlo e adeguare l’attività didattica facilitando i bambini cantori. Ora le scuole con le quali lavoriamo hanno molto a cuore i Tölzer e valorizzano la loro attività. Possiamo chiedere loro cose che solo dieci o venti anni fa erano improponibili: permessi, spostamenti di compiti e interrogazioni… ma non è stato sempre così. Certo, una scuola unica faciliterebbe molto questo lavoro e mantenere una proficua collaborazione con più di cento scuole richiede un’attenzione costante alle relazioni e ai buoni rapporti con tanti soggetti. Ma oramai possiamo dire che è un sistema che funziona. Il canto corale va considerato come uno sport agonistico: i bambini hanno bisogno di essere liberi di lavorare ad alto livello per avere dei risultati. Quello sportivo è un linguaggio più comprensibile e ci aiuta nelle relazioni. A questo proposito per molti aspetti è importante la collaborazione che abbiamo instaurato con l’FC Bayern, una delle due squadre di calcio di serie a di Monaco. Sono frequenti le nostre partecipazioni a eventi che riguardano la squadra e, da parte loro, la disponibilità a incontrare i nostri bambini anche per degli allenamenti straordinari. Ricordiamo in particolare uno di questi allenamenti che ha aiutato molto alcuni dei nostri bambini derisi a scuola perché il canto è una “cosa da femmine”! L’allenamento condiviso con una grande squadra di calcio ha avuto più efficacia di qualsiasi azione educativa.
E qui apriamo un discorso che ci sta molto a cuore. Una realtà corale di eccellenza che coinvolga bambini maschi in Italia è molto difficile da ipotizzare. Cantare, ma anche altre espressioni artistiche, sembra essere sempre di più considerata una “roba da femmine”. Rimarcare la differenza tra maschi e femmine ha a che fare con una società che evolve in un certo modo, dove la differenza deve essere sottolineata anche in modo discriminante e dove le attività artistiche sono considerate più appannaggio delle femmine?
Non c’è differenza in questo tra l’Italia, la Germania o l’Austria. Anche da noi cantare è considerato di più appannaggio delle bambine. Noi siamo convinti che facendo incontrare la musica corale ai bambini piccoli si riesca a contagiarli facendo leva sulla naturale curiosità e propensione a raccontarsi attraverso gli strumenti che possiamo dare loro. E la musica è uno di questi ed è molto potente. Avvicinare al coro un ragazzo di quattordici anni è praticamente impossibile. Non è così con un bambini di sei. Allora cantare diventa una delle attività che è possibile fare, assieme allo sport e ad altre cose. Abbiamo verificato questo in maniera concreta osservando come molti bambini e ragazzi che per un periodo, anche lungo, si erano assentati dal coro, siano poi tornati perché ne sentivano la mancanza. Bisogna avere cura di loro, delle loro voci sicuramente, ma anche del loro stare bene nel coro. Valorizzarli sempre e far leva sul loro naturale entusiasmo. Insomma “agganciarli” e non mollarli più!
Rispetto alle bambine, i bambini hanno la naturale evoluzione della muta di voce. Naturale sì ma difficile da vivere, coralmente parlando.
La muta di voce per i ragazzi segna un punto molto critico, le voci grattano e ognuno reagisce in maniera diversa. Anche per questo motivo, per ottenere i risultati a cui siamo abituati, dobbiamo lavorare rigorosamente, ma con una certa fretta: la muta di voce incombe e abbiamo relativamente poco tempo per valorizzare al meglio le potenzialità dei bambini. Improvvisamente accade qualcosa e alcuni scivolano lentamente e gradualmente verso la loro estensione definitiva, altri devono convivere con dei vuoti di suoni. Altri ancora non sono in grado di riportare un suono nella loro memoria sonora e hanno enormi difficoltà a intonare qualsiasi nota. Generalmente i ragazzi in muta fanno una pausa di un anno circa, ma non li abbandoniamo. Vengono sentiti e seguiti dai nostri esperti e, quando la situazione si stabilizza un pochino, entrano a far parte del “coro dei mutanti”. Successivamente, se lo desiderano entrano nel coro di giovani adulti. Bisogna lavorare con cautela e monitorare continuamente l’evoluzione. Aiuta moltissimo la tecnica acquisita negli anni dell’infanzia: una volta superato il momento critico dovuto alla muta possono riprendere immediatamente ad affrontare il grande repertorio facendo tesoro di quanto appreso soprattutto nell’utilizzo degli armonici per dare corpo al loro nuovo suono, alla loro nuova voce.
Continuando con la metafora sportiva quindi allenamento continuo, grande passione e voglia di fare le cose al meglio portano a grandi risultati.
Sì, la metafora sportiva aiuta molto, siamo convinti che sia necessaria la stessa costanza e determinazione. La stessa necessità di fare gioco di squadra pur essendo consapevoli di poter fare, in ogni momento, il gioco individuale. E rispondiamo, quando capita che i nostri bambini siano derisi per il loro cantare, sfidando chi li prende in giro a fare uno, uno solo, dei vocalizzi complicati che per ognuno dei Tölzer è allenamento quotidiano.