A distanza di due settimane dalla fine di EuroChoir, i momenti vissuti si sono trasformati in bellissimi ricordi dai colori vivaci. È impossibile raccogliere in un’unica immagine tutta la bellezza data dalla condivisione profonda tra ottimi coristi provenienti da tutta Europa, dalla potenza dei paesaggi suggestivi e soprattutto della musica corale, così proveremo a raccontarvi tutto questo attraverso alcuni istanti che ci sono rimasti impressi nel cuore.
Abbiamo apprezzato moltissimo il modo di lavorare dei direttori, Mikko Sidoroff (Finlandia) e Maria van Nieukerken (Paesi Bassi): stimolante, divertente ma al tempo stesso efficace e preciso. Durante i dieci giorni di intenso lavoro non hanno mai perso le energie, anzi! Hanno contagiato tutti noi portandoci in concerto carichi e preparati. Davvero sorprendente il fatto che la loro preparazione musicale sia stata accompagnata da una forza umana straordinaria: si sono rivelati due direttori fantastici, con idee innovative. Infatti tra le tante idee proposte, musiche cantate ed emozioni provate, porteremo sempre con noi una particolare esperienza partorita dalla mente brillante di Maria.
Il tutto nasce da un brano musicalmente semplice e orecchiabile come Saenk kun dit hoved du blomst (Carl Nielsen), al quale però è stata aggiunta la componente del contatto fisico e visivo. Quasi un fil rouge dell’intero concerto, il brano è stato ripresentato alle orecchie e agli occhi del pubblico per ben tre volte. Abbiamo vissuto le prime due esecuzioni quale momento intimistico in cui poter godere della compagnia e della voce dei nuovi amici. Divisi in due cori disposti in due cerchi, ci siamo ritrovati a guardarci l’un l’altro, ad ascoltarci per coordinarci e via via unirci nel caloroso abbraccio di una massa di corpi sonori. Per la terza esecuzione, invece, abbiamo provato a scegliere una sola persona, a guardarla negli occhi, a mantenere la connessione visiva e a cantare per lei l’intero brano, fino alla fine. Crediamo che la potenza di questo gesto risieda nell’incapacità di riuscire a sostenere lo sguardo del proprio interlocutore in ogni momento della nostra vita. E cantare per l’altro è un’azione ancora più suggestiva. Se poi l’altro è uno sconosciuto, un prescelto fra i tanti del pubblico, allora sì che il gioco si fa ancor più interessante. Sarebbe inutile raccontarvi le svariate reazioni, siamo tutti diversi. Provatelo! Non ci sono risposte sbagliate, esponetevi e scopritevi portatori di musica e di bellezza. Se l’altro non vi guarderà per imbarazzo, avrà comunque orecchie per ascoltarvi.
Un altro brano che ci è rimasto nel cuore, stavolta grazie a Mikko, è senz’altro Vem kan segla förutan vind?, tradizionale svedese. Una canzone che potrebbe essere l’emblema di tutto il progetto e il cui testo recita:
«Chi può navigare senza vento? / Chi può remare senza remi? / Chi può separarsi dai suoi amici senza versare una lacrima? / Io posso navigare senza vento, / posso remare senza remi, / ma non posso separami dai miei amici senza versare una lacrima».
Sono proprio queste parole molto semplici a racchiudere l’essenza di EuroChoir. Durante le prove, Mikko voleva convinzione nel pronunciare «io posso navigare senza vento, posso remare senza remi», e un cambio di carattere quando si arrivava al «ma non posso separami dai miei amici senza versare una lacrima», cosa che in realtà veniva da sé, se si pensava a cosa si stava dicendo. Quest’ultima frase riassume quello che ognuno di noi ha provato cantando questi versi per l’ultima volta. Nei volti dei compagni, o meglio, degli amici che cantavano, si poteva leggere la stessa emozione.
Grazie a EuroChoir abbiamo vissuto tanti piccoli momenti che porteremo nel cuore per il resto della vita. È qualcosa di difficile da spiegare a parole, ma cantando insieme, anche con persone appena conosciute, si creano degli attimi unici, istanti di totale armonia, di complicità. Tutti quei piccoli gesti e le emozioni vissuti grazie alla musica: gli abbracci dopo i concerti, le ore di prove, le battute, le risate, gli sguardi complici durante gli applausi, il pubblico emozionato in piedi dopo una standing ovation, i sorrisi, i pianti e soprattutto l’emozione di poter cantare assieme vivendo appieno questa passione. Abbiamo finalmente capito quanto la passione per la musica sia talmente forte da riuscire a unire, abbattere qualsiasi differenza e creare qualcosa di unico e magnifico.
Conserviamo anche il ricordo del brano The Beaufort scale (Aulis Sallinen), all’inizio del quale Maria ci lanciava uno sguardo complice che dava il via al temporale, al ritmo di quelle gocce che creavamo con il nostro corpo, con intensità e coinvolgimento sempre maggiore, schioccando le dita e la lingua, sbattendo a terra i quaderni, mentre i piedi accompagnavano il diluvio simulando vigorosi tuoni, le labbra sussurravano parole di vento e fischi continui e violenti. Così anche il tempo vorace rapiva il presente e lo rendeva passato mentre la quiete ritornava sui nostri visi e un lieve sorriso ci accompagnava verso una maggiore consapevolezza nei confronti della vita e della forza che abbiamo acquisito attraverso questa esperienza corale.
Chissà se e quando torneremo a essere un coro: forse un giorno quelle gocce riporteranno alla nostra memoria una canzone nota solo a noi, composta dalle nostre voci commosse e dai nostri indelebili ricordi.