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La voce nella natura e nell'uomo

di Giacomo Monica
Fragmenta, Choraliter 47, agosto 2015

Spesso ci si chiede come possa sopravvivere ai nostri giorni un’arte sacra, quando la figuratività è quasi scomparsa e, d’altronde, non si sa come sostituire la carica iconologica del passato. Ebbene, le “pietre sonore” di Pinuccio Sciola hanno il potere di suscitare in noi l’equivalente d’un evento sacro; o almeno di un evento dove il fattore simbolico s’incarna in un’opera che – prima di essere dell’uomo – è del creato (o, forse, del Creatore) […]. Pietre lavorate, o lasciate parzialmente integre come la natura le generò; ma anche pietre che, attraverso l’intervento sottile minuzioso dello scultore, attraverso la rete continua delle incisioni causate dai dischi d’acciaio, hanno finalmente potuto emanare quella arcana voce che ora dalla profondità della pietra si sprigiona, anche solo a sfiorarne la superficie. Voce e suono della pietra, da sempre inclusi e celati nella densa sostanza lapidea, ma che col cauto sfregamento della mano si rifanno vivi (Gillo Dorfles)

La bellezza estetica armoniosa in un possibile dialogo tra i suoni delle pietre (voce della natura) e la voce umana (nel coro)

Viene subito spontaneo chiedersi: cosa c’entra parlare di una scultura su una rivista specialistica musicale come Choraliter, che tratta vari generi, stili e conseguenti interpretazioni, prassi esecutive, proposte con una loro unicità riscoprendo compositori e composizioni sconosciute o comunque poco eseguite, ma di spessore, o che affronta problematiche inerenti agli strumenti, ai cori, alla voce, alle tecniche di sostegno attinenti?
Se l’essenza di tutto (in senso lato) è la voce, e la voce è suono, allora ci si può anche interrogare sull’origine del suono, su come nasce, da che materia si libera, che caratteristiche ha, quali sono le aree di risonanza, qual è il potere espressivo del suono e così via… 

Con le sculture sonore di Pinuccio Sciola si entra in una dimensione ancestrale, magica ma concreta nello stesso tempo, in cui si capisce molto bene il concetto, fondamentale per ogni musicista, che il suono nasce dal silenzio; proprio così, come per associazione di idee, la nostra mente ci riporta al titolo del manuale di tecnica corale di Fosco Corti Il respiro è già canto oppure agli scritti di Y. Menuhin, Musica e vita interiore. Fin dall’epoca primordiale il suono, prima di essere nell’uomo (nelle sue corde vocali) già esisteva, così come già esisteva nella pietra prima del nascere della luce… (così afferma lo scultore). È meraviglioso, non utopico, pensare che la voce sia dentro a ogni cosa, dentro all’uomo così come dentro alla pietra, e sia l’anima segreta di un mistero. Non intrappolata o soffocata, al contrario resa libera, ci accompagna per dialogare con noi, di qualsiasi natura essa sia. Non è da escludere che compositori contemporanei, i cui linguaggi innovativi rivolti alla sperimentazione sono in continua evoluzione esplorativa, possano trovare soluzioni espressive, non solo trattando le sculture di Pinuccio Sciola come un “arredo sonoro” ma come una forma significativa di linguaggio primario che si esplicita in modo diretto e diventa esigenza di un dialogo tra l’elemento natura-pietra e l’uomo voce-canto-suono.

Riuscire poi a unire maggiormente tra loro le arti, rompendo quelle barriere mentali che si interpongono con facilità impedendo il passaggio da una disciplina all’altra, significa fare un piccolo passo in avanti nella comprensione dell’arte stessa, cioè verificando che, in questo caso, polifonia e litofonia (voce-pietra) sono complementari e compensative tra loro, così come avviene normalmente tra recitazione e canto. La voce tra natura e uomo, tra respiro e canto, tra materia e anima, tra tecnica e arte resta di tutto l’essenza. 

Il significato della ricerca compositiva in dialogo con la voce: come interpretare e suonare le sculture sonore

Ecco perché con le sculture sonore di Pinuccio Sciola, secondo me, non si deve avere la pretesa di inventare una composizione (diversi musicisti in tal senso hanno cercato di scrivere e sperimentare) ma sono sculture vive che si devono saper interpretare nel vero senso della parola; ognuna di esse parla un linguaggio diverso in rapporto alle proprietà fisiche del suono: altezza, intensità, timbro, in rapporto alla forma, alla dimensione, al peso, agli spazi, al calibro delle corde di pietra, alla profondità o meno dei tagli e al tipo di sollecitazione. La composizione è già dentro la pietra che parla un linguaggio proprio. Tutto ha un codice preciso in partenza e si può utilizzare a fini espressivi, e nella matrice vi è già lo scheletro prefissato che suggerisce le soluzioni interpretative a condizione che vi sia il desiderio e la ricerca di un ascolto profondo, meditativo, per poter meglio fare emergere il suono e riproporlo. Secoli e secoli di storia ci hanno donato meravigliose sculture a tre dimensioni che ancora oggi ci incantano, poi in un passato a noi molto vicino altri artisti si sono misurati con sculture in movimento creando una quarta dimensione, altri ancora con sculture che producono rumori meccanici hanno aperto il campo a una sperimentazione a cinque dimensioni. Pinuccio Sciola è andato oltre creando una sesta dimensione che “incanta perché la pietra canta”. V

iene naturale nello studio della composizione non creare barriere tra le vibrazioni della roccia e le vibrazioni delle corde vocali, così che la ricerca si espliciti proprio attraverso questo concetto di scambio e di compensazione. Il suono “fermo” della voce umana può diventare contrappunto con questi suoni liberati dalla pietra in un continuo riprendersi tra parola cantata e suono. La voce nella natura, in esatta corrispondenza con la voce nell’uomo, crea una sorta di simbiosi primordiale che può essere risvegliata e animata. Dopo che l’opera d’arte, per mano dello scultore, è stata creata nel calcare o nel basalto, rimane al musicista il delicato compito d’interpretare ciò che affiora, facendo sì che le sculture tra loro possano dialogare o unirsi alla voce umana. Proporre la bellezza di questa nuova risorsa espressiva rappresenta per me motivo d’interesse profondo da comunicare. Non semplice e superficiale ragione di curiosità, per destare sorpresa o peggio ancora effetto plateale, ma per addentrarsi nella pulsazione di una nuova dimensione che è ulteriore valore ed essenza di un linguaggio non solo formale ed estetico ma soprattutto vivo, tagliente, etereo e vibrante. 

Un esempio compositivo: Ave Maris Stella

Composizione in cui la voce umana dialoga con i suoni della natura

Ave maris stella per sculture sonore, voce solista e coro
Le sculture sonore dialogano con la voce umana e nei momenti di sovrapposizione si crea una sorta di contrappunto arcaico a due voci. Natura-uomo, materia-spirito, silenzio-suono, in un congiungimento tra il tangibile e l’astratto. Il testo religioso sulla purezza di Maria, stella del mare, accompagna e riveste tutti quei suoni che dal calcare, nato dall’acqua, ritornano a essere liquidi per riecheggiare e cantare secondo natura.

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