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Il grande spettacolo della coralità
Prima edizione dell'Eurovision Choir of the Year a Riga in Lettonia

di Rossana Paliaga
Finestre, Choraliter 53, settembre 2017

Spettacolare operazione televisiva o grande opportunità per la coralità europea? Se qualche dubbio ha accompagnato l’attesa dell’evento, il grande show televisivo Eurovision choir of the year ha decisamente confermato la risposta auspicata. La musica corale è stata portata in prima serata e alla ribalta delle televisioni internazionali con il rispetto delle sue caratteristiche, varietà, abitudini, dinamiche, anche con i suoi personaggi di culto, creando una grande possibilità di diffusione ad ampio raggio del movimento corale attraverso il suo aspetto più accattivante, ma senza subordinarla a logiche commerciali.  

Per la rete radiotelevisiva europea EBU è il primo esperimento in questo senso e il futuro del nuovo ramo, che va ad aggiungersi alla già consolidata serie di competizioni televisive europee (tra le quali la più famosa è certamente l’Eurovision song contest), dipende in buona parte dagli indici di ascolto del programma e quindi dall’interesse a investire nell’eventuale, prossima edizione. Certamente è stato un esperimento meditato e tagliato su misura per l’utenza corale, dalla scelta di un conduttore d’eccezione e molto riconoscibile nell’ambiente come il compositore Eric Whitacre, alla giuria formata dall’altrettanto amato compositore John Rutter e dalla stella del firmamento operistico mondiale Elīna Garanča, fino al luogo, Riga in Lettonia, ovvero uno dei paesi europei più votati alle manifestazioni corali di massa e nel quale in quei giorni si stavano svolgendo gli European Choral Games, grande bacino di potenziali fruitori della manifestazione.
La concomitanza è legata al fatto che l’evento è stato realizzato in collaborazione con l’organizzazione Interkultur. I cori sono stati scelti dalle televisioni nazionali di riferimento, anche su proposta della rete internazionale e sulla base dei loro successi a concorsi. Alla competizione in forma di talent, con giurati presenti a commentare a caldo le esibizioni, hanno partecipato nove cori europei con organici vari: Hardchor Linz (Austria), Les Pastoreaux (Belgio), Academic Choir of Aarhus (Danimarca), Estonian TV Girls’ Choir (Estonia), Jazzchor Freiburg (Germania), Spīgo (Lettonia), Carmen Manet (Slovenia), il coro maschile Bela Bartok (Ungheria) e il gruppo Côr Merched Sir Gâr (Galles).
Ogni esibizione è stata preceduta da una cartolina di immagini di presentazione del coro partecipante, e seguita da lusinghiere e rassicuranti valutazioni verbali. In giuria, oltre ai già citati Rutter e Garanča, c’era anche il direttore svizzero Nicholas Fink, attuale direttore del coro giovanile svizzero e con esperienze prestigiose in cori professionali di molti paesi europei.
Libera la scelta del programma da presentare (ma con almeno un brano che possa rappresentare il paese di provenienza), come anche l’eventuale e non obbligatoria veste coreografica (con qualche consiglio da parte dello staff del programma), nessun veto su disposizioni “standard” e utilizzo “tradizionale” del direttore. Questo ha permesso di ascoltare un programma molto vario e molto autentico dal punto di vista strettamente corale, sotto la direzione di alcuni direttori ben noti nell’ambiente per la loro vivace attività in ambiti festivalieri e competitivi.

L’Estonia si è presentata con un omaggio al nume nazionale Veljo Tormis, la Danimarca con due brani contemporanei in contrasto di autori nordici, il coro belga con l’organico maschile transgenerazionale di voci bianche e adulti in un programma molto orecchiabile, la Germania con un coro di vocazione jazz, il coro maschile ungherese ha illustrato l’atmosfera dei canti di tradizione in tenuta “da mescita”, il Galles si è presentato con una formazione giovanile femminile e un mix di tradizione ceca, gallese e spiritual, l’Austria è passata dall’Ave Maria di Bruckner allo jodel alpino per rappresentare in modo bizzarro le diverse passioni musicali del paese, la Lettonia in costumi tradizionali ha chiuso la rassegna con brani rigorosamente di autori nazionali.

 «Come giurato consideri diversi aspetti dell’esibizione: l’omogeneità, l’interpretazione, l’intonazione, la musicalità, piccoli dettagli tecnici. Alla fine però vince la personalità», 

ha dichiarato la Garanča a proposito dei criteri di valutazione. Nei commenti dopo le esibizioni i giurati hanno avuto parole di grande lode per tutti; alla fine però è stato necessario scegliere e la personalità più definita e incisiva è stata evidentemente quella del coro sloveno. 

I primi a stringere il trofeo di coro europeo dell’anno sono stati infatti direttore e coriste del gruppo femminile Carmen Manet, formato da ex allieve del ginnasio di Kranj. È stato quindi un Paese di grande tradizione corale a vincere la prima edizione della manifestazione e l’ha fatto senza grandi effetti speciali, rinunciando al programma “televisivo” per presentare un florilegio di elaborazioni di canti popolari composto per l’occasione e far rivivere simbolicamente nelle coreografie scene di vita rurale del passato. Quelle intonate dai singoli cori non sono state le uniche note ascoltate nella trasmissione, che è iniziata a cantori riuniti (circa 600 coristi) e solista angelica sotto la direzione di Eric Whitacre nell’interpretazione della sua composizione Fly to paradise, che fa parte dei noti progetti per coro virtuale. Cantava anche la presentatrice della televisione lettone Eva Johansone, coconduttrice dell’evento con esperienza da corista in un paese dove, come lei stessa ha ribadito, il 10% della popolazione è impegnato in attività corali.

Un ulteriore canto comune ha chiuso la trasmissione con My song di Ēriks Ešenvalds, scritta alcuni anni fa per i World Choral Games di Riga.È stata una trasmissione che ha posto i cori sotto i riflettori di un grande e spettacolare palcoscenico, ma senza gli eccessi (non di rado kitsch) destinati spesso ai solisti del più noto format dedicato alla musica pop europea. I partecipanti si sono sentiti a proprio agio e tutte le esibizioni hanno rivelato grande serenità e professionalità. A questo proposito il direttore del coro vincitore Primož Kerstanj ha dichiarato che la preparazione è stata molto accurata: gli organizzatori e l’équipe della televisione nazionale lettone hanno gestito le prove in maniera tale da ridurre al minimo le possibilità di errore, con grande attenzione a ogni particolare di ogni singola esibizione, dall’acustica alle inquadrature. I cori partecipanti hanno avuto ben cinque giorni per acclimatarsi e studiare, registrare i video di presentazione, affrontare due giorni intensi di prove in scena e la prova generale, ma anche per fare un po’ di turismo. Kerstanj ha accettato di far partecipare il proprio coro per offrire alle ragazze un’esperienza indimenticabile e diversa da quella dei concorsi “tradizionali”, inoltre per dare al coro una visibilità che pochi mezzi possono offrire in uguale misura e si è detto entusiasta dell’opportunità che i cori hanno avuto di essere in onda in prima serata, traguardo veramente raro anche in paesi dove la cultura corale è tenuta in grande considerazione. Come ha detto anche Eric Whitacre: 

«La competizione non è la cosa più importante. Quello che conta veramente è dare a tutti questi coristi da ogni parte d’Europa la possibilità di esibirsi su un palcoscenico internazionale. Spero che questa trasmissione abbia fatto riscoprire agli spettatori non soltanto la bellezza del canto, ma soprattutto della musica a cappella. Magari ha fatto anche venire voglia di cantare in coro!».
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